“Le strade della lealtà son sempre rette e l’ordine non può essere una pressione imposta alla società dal di fuori, ma un equilibrio instaurato dal di dentro”
Josè Ortega Y Gasset
Dopo gli attentati di novembre a Parigi, a Nizza, in quella che doveva essere una serata di gioia e di festa, il terrorismo torna a colpire in modo spietato: un camion di grandi dimensioni e di colore bianco, a una velocità di circa 80 chilometri all’ora e per molti metri, alle 22:30 di giovedì sera, ha travolto la folla che si allontanava dopo i fuochi d’artificio dei festeggiamenti per il 14 luglio, lungo la nota Promenade des Anglais, sul lungomare.
Durante la corsa, fatta a zig zag per investire il maggior numero di persone possibile, dal mezzo pesante il conducente ha esploso colpi di mitra sulle persone radunate per guardare lo spettacolo.
Tra gli oltre ottanta morti non solo cittadini francesi, ma una donna russa, tre tedeschi, un cittadino ucraino, un armeno, due americani e si cercano diversi nostri connazionali in un tam tam sui social network.
Sono almeno 4 i connazionali di cui si sono perse le tracce. Gli italiani rappresentano la porzione più grande del turismo della Costa Azzurra.
Sui cailloux, i sassi grigi, della Spiaggia della Promenade, si sentono infatti accenti piemontesi, lombardi e veneti. I più non sono qui per una settimana, altri hanno comprato casa già da anni.
L’autista del tir – a bordo del quale sono state trovati fucili e granate – è stato ucciso dalla polizia.
Si tratta di un francese “di Nizza di origini tunisine di 31 anni”, riferisce il quotidiano locale Nice-Matin che, secondo l’emittente iTele, era noto alla polizia per reati di piccola entità, mentre non era noto ai servizi.
E’ stato riconosciuto perché portava con sé il documento di identità.
Il mezzo sul quale era a bordo è stato crivellato dalle forze dell’ordine. Ma uno o più suoi complici, riferiscono alcuni media, sarebbero fuggiti.
Gli analisti sentiti dai media a caldo dopo l’attacco parlano di una “nuova modalità di attacco”, mai vista in Europa ma già utilizzata in Medio Oriente.
Anche il Site, che monitora i siti jihadisti, ricorda che Al-Qaeda in passato aveva suggerito di utilizzare pick-up per “uccidere chi non è fedele ad Allah“. Intanto in rete i sostenitori dell’Isis celebrano la strage.
Intanto, Facebook ha attivato il suo servizio Safety Check che consente agli utenti di segnalare che sono in sicurezza. Facebook Francia già attivò il servizio durante gli attentati parigini del 13 novembre: all’epoca venne usato da cinque milioni di utenti.
Il ministro francese dell’Interno, Bernard Cazenueve, ha annunciato l’innalzamento del piano di allerta appena raggiunta una Nizza blindata dalle forze dell’ordine in assetto antisommossa.
Se quello di Nizza e’ “un attacco di cui non si puo’ negare il carattere terroristico”, come affermato dal presidente francese Francois Hollande che ha prolungato di tre mesi lo stato di emergenza, bisogna ancora capire chi abbia agito e con quante persone.
Su La Stampa di oggi, si ricorda che iI confine italo francese, a poche decine di chilometri da Nizza, è stato bloccato una manciata di minuti dopo il terribile attentato.
Polizia e Carabinieri hanno iniziato a controllare ogni automobile che si è presentata alla frontiera, sia ai valichi che si trovano sull’Aurelia sia a quello autostradale di Ventimiglia.
L’attività di prevenzione è stata annunciata a tempo indeterminato: le autorità italiane sconsigliano di recarsi nella zona di Nizza per tutta la giornata di oggi e almeno fino a quando non rientra lo stato di emergenza proclamato dalla prefettura delle Alpi marittime.
Come ha scritto Giullietta Chiesa dopo la stage di Daesh, queste stragi sono “contro di noi tutti”, contro “i popoli d’Europa”, per ridurre le loro libertà residue e le loro capacità di risposta ai soprusi dei poteri. Infatti il primo risultato, scontato, sarà la sospensione di tutte le garanzie democratiche.
Questo era già in corso in Francia dopo Charlie Hebdo e il Bataclan; poi è stata la volta del ed infine, fra qualche altro immancabile attentato, magari in Italia, se per caso non volesse entrare in guerra in Libia, allora sarà la volta del nostro Paese.
Certamente queste stragi sono contro “l’Europa dei popoli”, per renderla uno straccio subalterno al potere dell’Impero, per trascinarla in guerra tutta intera, terrorizzata, per mettere la museruola a tutti, anche ai recalcitranti. L’avviso è per tutti, non solo per la Francia e per Bruxelles.
Noi italiani siamo gli ultimi a poter essere ingannati, poiché abbiamo già vissuto la stessa cosa con la strategia della tensione.
Questo ci dice che non dobbiamo cadere nella trappola di guardare il dito invece della Luna.
Chi è la mente non lo possiamo sapere. Ma una cosa che sappiamo è che i servizi segreti europei, tutti, chi più chi meno, sono filiali inquinate e di altri servizi segreti.
Più probabilmente di settori, pezzi, frammenti incontrollabili di servizi segreti altrui.
Ricordiamo il bellissimo e profetico film di Sydney Pollack, “I tre giorni del Condor”.
Per questo non scoprono niente e non si scoprirà niente, perché non si è in condizioni di indagare.
A tal proposito la dice lunga la cattura dell’ultimo sopravvissuto del 13/11 a Parigi, un piccolo pregiudicato da tempo sotto controllo dei servizi segreti, ex tenutario di un centro di spaccio di droga e di prostitute come la bettola intitolata “La Beguine” nel quartiere di Molenbeek, che riesce a passare indenne attraverso quattro controlli di polizia (francese) prima di rifugiarsi nello stesso quartiere in cui ha sempre vissuto, restandoci per quattro mesi, e che, palesemente, non poteva essere il “cervello” di niente.
Questi attentati erano predisposti da tempo, da qualche centrale di provocazioni in grande stile.
Penso ancora ad un altro film, che è proprio di ambientazione francese, diretto da Francesco Rosi nel lontano 1975: “Cadaveri eccellenti”, dove il protagonista (Lino Ventura), è un commissario che ad ottenere le prove d’un disegno eversivo che coinvolge le stesse alte sfere dello Stato, ma che, dopo averne informato il segretario del Partito comunista, viene ucciso con questi in un agguato.
Con i brividi che mi corrono lungo la schiena, ricordo una frase di Sciascia: “Lo stato non può processare sé stesso”.
Qualche tempo fa, lo storico Salvatore Lupo nel libro scritto con Giovanni Fiandaca, “La mafia non ha vinto”, commentando una dichiarazione di Rita Borsellino scettica sull’assoluzione di Mori: “Io voglio credere fermamente che si arriverà alla verità, altrimenti non potrei credere più nello stato”; si chiedeva quale fosse la concezione dello stato implicita nella frase.
E concludeva che lo stato è qualcosa che sembra aleggiare in “un luogo intermedio, non esattamente localizzabile, tra un’idea di equità, legalità e ordine e un insieme di apparati, ognuno dei quali di fatto può essere molto, poco o in nulla impegnato nella tutela di quei valori”.
Carlo Di Stanislao
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