Ancora oggi nel mondo asiatico parti di tigri come ossa, pelle, vibrisse, coda, cistifellea e tanti organi vengono usati nella cosiddetta “medicina tradizionale”. Per soddisfare la domanda di questo “mercato” non solo vengono uccisi illegalmente rarissimi esemplari selvatici di tigre ma sono state create strutture, dove, in condizioni disumane, questi straordinari felini vengono allevati.
L’allevamento a fini commerciali provoca un danno enorme alle tigri. Il commercio di tigri e parti di tigre allevate minano seriamente gli sforzi di conservazione anche perché complicano seriamente la verifica dei controlli, creano una preoccupante copertura per il bracconaggio delle tigri in natura e, non ultimo, contribuiscono a consolidare e aumentare la domanda di organi di tigre, rafforzando il messaggio che la tigre possa essere un amuleto e una panacea per mali incurabili.
Le “tiger farm” (sono chiamate così per distinguerle dai bioparchi e dai centri di riproduzione delle tigri a fini di conservazione) sono diffuse in molti paesi asiatici: la loro esistenza rischia di vanificare gli sforzi per la conservazione di questo felino nei paesi dove ancora è presente.
Nello scorso mese di giugno, in Thailandia la polizia ha condotto un’operazione in una “tiger farm” che ci aiuta a capire l’estensione di questi centri illegali: all’interno di un tempio (protetto quindi dalla sacralità delle strutture) gli agenti hanno rinvenuto 137 tigri, tenute in condizioni drammatiche, insieme ai resti di 40 cuccioli conservati in un congelatore e i resti di altri 30 in contenitori di vetro; inoltre erano presenti oltre 1000 amuleti realizzati con pelle di tigre.
“Le immagini scioccanti del ‘Tiger Temple’ con cuccioli di tigre congelati e pronti per il commercio illegale danno una chiara evidenza di ciò che realmente accade dietro le quinte di questo business orrendo rendendo evidente il motivo per cui le Tiger farm devono essere chiuse”, ha dichiarato Michael Baltzer, capo del WWF Tigers Iniziativa Alive. “La chiusura delle Tiger farms permetterà ai paesi che ancora ospitano le tigri di raggiungere l’ambizioso obiettivo di raddoppiare il numero delle tigri selvatiche entro il 2022”.
Nonostante le richieste di numerose ONG di porre fine all’allevamento di tigri per fini commerciali ancora oggi si registra un aumento di questi orrendi centri, cresciuti a dismisura soprattutto negli ultimi 15 anni. Secondo l’EIA (Environmental Investigation Agency), ci sono oggi più di 200 ‘tiger farms’, distribuiti soprattutto tra Cina, Laos, Vietnam e Thailandia: la stima delle tigri tenute in cattività per essere ad un certo punto macellate arriva ad un numero che è compreso tra i 7000 e gli 8000 esemplari. Queste cifre, soprattutto se si considera che le tigri allo stato selvatico in tutta l’Asia non superano i 3900 esemplari, sono seriamente preoccupanti.
Il processo di chiusura delle ‘tiger farm’ non può avvenire a danno delle tigri in esse rinchiuse: va garantita una buona destinazione e una cura amorevole a tutti gli esemplari oggi maltrattati e sfruttati nelle ‘tiger farm’: purtroppo si tratta di esemplari che non posso più essere rilasciati in libertà, per il rischio di incidenti con la popolazione locale e di alterare difficili equilibri ecologici.
Per affrontare questo difficile problema servirebbe la collaborazione e il contributo non solo dei governi coinvolti ma anche di istituzioni e partner internazionali.
“È fondamentale che la comunità internazionale intensifichi il sostegno finanziario ai governi interessati in questa drammatica vicenda, con particolare riguardo alla Tailandia, garantendo il futuro benessere delle tigri”, Aggiunge Edwin Wiek, Direttore Wildlife Friends Foundation Thailandia.
Il problema delle ‘tiger farm’ sarà discusso alla prossima conferenza della Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione (CITES), in Sud Africa, tra cui la necessità di interrompere il commercio illegale di tigri e loro parti. Il WWF nell’ambito della Conferenza Cites, sosterrà una serie di proposte, che, se adottate, garantiranno un futuro migliore alle tigri.
“Molti paesi dell’area di tigre hanno dedicato notevoli risorse per conservare le loro tigri selvatiche ma questi sforzi vengono intaccati dall’esistenza di queste strutture – ha concluso Baltzer -. Gli sforzi coordinati dei governi per recuperare tigri selvatiche stanno cominciando a mostrare progressi, ma vanno intensificati gli sforzi per garantire il loro futuro a fronte della perdita di habitat in corso e il bracconaggio: il duro lavoro svolto fino ad ora potrebbe facilmente essere vanificato”.
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