Ismail Kahraman è nato nel 1940 a Rize, città lungo la costa del Mar Nero, a poche decine di chilometri dall’allora confine turco-sovietico. Laureato in giurisprudenza all’Università di Istanbul, è dal novembre del 2015 il Presidente del Parlamento della Repubblica di Turchia. La sua formazione politica risale gli anni universitari, quando divenne un attivista politico nell’Unione Nazionale Studentesca Turca (MTTB), fino ad assumerne la presidenza nazionale per un breve periodo.
L’MTTB è una formazione politica conservatrice, nazionalista e anticomunista. Fin dagli anni Sessanta si è impegnata attraverso assemblee – veri e propri “corsi di formazione” – a diffondere la cultura anticomunista tra gli studenti universitari. Fino agli anni Ottanta, l’MTTB ha avuto come logo un lupo, simbolo legato ai miti nazionalisti e panturchi, poi sostituito da un libro simboleggiante il Corano.
Kahraman, celebre per le sue dichiarazioni contro ogni riferimento alla laicità nel progetto della nuova Costituzione, ha militato nell’MTTB con altri illustri politici dell’attuale establishment di Ankara, come l’ex Presidente della Repubblica Abdullah Gul, l’ex Presidente del Parlamento Mehmet Ali Sahin, l’attuale Presidente della Repubblica, Recep Tayyip Erdogan e l’ex vice Primo Ministro, Bulent Arinc. Le personalità politiche, insomma, che hanno fondato il Partito dello Sviluppo e della Giustizia (AKP).
L’MTTB ha visto militare tra le sue fila anche Huseyin Velioglu – ucciso nel 2000 durante un’operazione della polizia –il fondatore, secondo le accuse, di Hezbollah-Turchia, un’organizzazione islamista militante di matrice sunnita, operativa dal 1987 nelle regioni a predominanza curda, le cui azioni si sono da sempre rivolte contro membri e simpatizzanti del PKK e organizzazioni di sinistra.
Quella stessa MTTB che ha visto Ismail Kahraman in veste di presidente, è anche nota per essere stata coinvolta nella “Kanlı Pazar”, letteralmente “la Domenica di Sangue”. Il 16 febbraio 1969 organizzazioni studentesche di sinistra radunate in Piazza Beyazit a Istanbul per manifestare contro la presenza della Sesta Flotta degli Stati Uniti sul Bosforo si spostarono in corteo verso piazza Taksim, dove formazioni giovanili islamiste, nazionaliste e conservatrici, tra cui tantissimi membri dell’MTTB, erano arrivate da diverse città dell’Anatolia per protestare contro la manifestazione antiamericana. L’obiettivo dell’MTTB doveva essere silenziare la voce dei “rossi”. Dopo una preghiera collettiva ai piedi del palazzo Dolmabahce, centinaia di studenti conservatori, armati di coltelli, misero in atto quello che la stampa anti-comunista da giorni auspicava, ovvero “far sputare sangue ai rossi”. La mattanza si concluse con l’uccisione di due studenti.
L’MTTB non fu l’unica responsabile di quella tragica giornata. Altre due realtà parteciparono attivamente all’orrore di quel 1969 turco: l’“Associazione di Lotta contro il Comunismo” e il “Comitato dei 40”, una realtà informale specializzata nella protezione delle formazioni studentesche conservatrici e negli attacchi ai militanti di sinistra. Un’organizzazione paramilitare che secondo Erol Bilbilik – autore di “Amerikanperestler”, un libro sugli autori della “Kanlı Pazar” – ha visto tra le sue fila anche l’attuale Presidente del Parlamento.
Dati i precedenti, verrebbe spontaneo chiedersi che tipo di società promuova oggi l’ MTTB. Nel sito dell’organizzazione – attiva anche in progetti di sviluppo e cooperazione internazionale – tra gli obiettivi si trova un vivo interesse nella «costruzione di un mondo d’umanità», una nuova silhouette in linea con la dialettica del partito Akp. D’altronde, è lo stesso Ismail Kahraman a delineare questo parallelo: «Le persone che governano oggi in Turchia provengono dall’MTTB», come sostenuto pubblicamente nel 2012 durante un evento organizzato presso la sede dell’organizzazione studentesca a Corlu.
Secondo questi politici, oggi la vera emergenza in Turchia non è la corruzione, né la povertà delle regioni orientali e meno che mai la presenza capillare di islamisti armati, bensì «l’opera di conversione all’ateismo e al marxismo a cui sono soggetti i pii fratelli curdi» come ha dichiarato il Ministro degli Esteri Mevlut Cavusoglu lo scorso 12 settembre ad Antalya.
Non c’è dunque da sorprendersi se nell’agenda politica di Ismail Kahraman possa trovare spazio una personalissima battaglia contro il Che. Dopo le dichiarazioni contro il secolarismo in Turchia e l’invito alle cittadine turche a ricusare la “moda” per darsi alla “fede”, il Presidente del Parlamento turco ha duramente criticato l’interesse dei giovani turchi per Che Guevara. In una Turchia ancora scossa dal tentato golpe di luglio, Karhaman ha evidentemente ritenuto opportuno occuparsi dei quei giovani che indossano delle t-shirt «con l’icona di un bandito e un assassino». Queste le parole del conservatore di Rize, durante un suo discorso lo scorso 28 agosto nella sua città natia: «Vedo liceali che portano la maglia con l’icona del Che, uno che è stato ucciso all’età di 39 anni, un assassino. Un guerrigliero, un bandito attivo a Cuba, in Bolivia e in altre parti del Sudamerica, non può essere un modello per i nostri giovani. Non dovrebbe esserlo. Non ho nessun legame con lui. Non fa parte delle mie radici e tanto meno della mia storia». Non ci sono dubbi sull’assenza di legami tra il rivoluzionario argentino e il politico turco. Kahraman ha poi concluso con le sue immancabili prediche e ha invitato i giovani a prendere come modello gli eroi del proprio paese: «E’ strano che tutto il mondo conosca Fatih [Mehmed II, il sultano ottomano che conquistò Costantinopoli nel 1453] e la Turchia no».
Per Muftuoglu, giornalista del quotidiano Birgun, le parole del Presidente del Parlamento turco riflettono «un problema psichiatrico», mentre per Ali Haydar Hakverdi, parlamentare del Partito Repubblicano del Popolo (CHP) «coloro che definiscono Che Guevara un “assassino” dovrebbero in primo luogo guardarsi allo specchio. Le persone di sinistra e coloro che amano il Che sono contro le ingiustizie e gli stupri. Ma queste gente [che critica il Che] è la stessa che in passato ha difeso stupratori nel proprio paese». Se in passato le polemiche sulle dichiarazioni di Kahraman non hanno mai superato i confini della Turchia, l’attacco al Che ha suscitato l’aspra condanna del governo cubano, che per mezzo del proprio ambasciatore ad Ankara Alberto Gonzales Casals ha definito le parole di Kahraman «inaccettabili».
«Questo tipo di dichiarazioni non riflettono l’amicizia tra Cuba e la Turchia. Ecco il motivo per cui siamo veramente sorpresi. Non ci aspettiamo di condividere le stesse idee. Richiediamo solamente il rispetto dei nostri simboli, delle nostre icone» ha specificato Casals al giornale Hurriyet, aggiungendo che neanche i “peggiori nemici” di Cuba si sono mai riferiti in questi termini a Guevara. Per l’ambasciatore cubano definire “assassino” il Che significa implicitamente definire così anche gli altri compagni del rivoluzionario, ovvero i fratelli Castro.
Nonostante l’ufficio stampa del Parlamento turco abbia cercato di smorzare la tensione dichiarando in un comunicato Kahraman intendeva incitare la gioventù turca a conoscere gli eroi del proprio paese e non «una personalità legata alla rivoluzione socialista cubana», in Turchia la polemica continua, come dimostrano le recenti iniziative presso la biblioteca del Parlamento di Ankara, dove sono presenti oltre 70 pubblicazioni sul Che.
Eppure nel febbraio 2015 il presidente Erdogan in visita nell’isola dei Caraibi proponeva a Raul Castro la costruzione a L’Avana di una moschea finanziata dalla Turchia e il rafforzamento delle relazioni bilaterali. Per l’ennesima volta, le dichiarazioni di Kahraman – secondo il governo di Ankara – sono da interpretarsi come “personalissime opinioni”. Un modo per salvare “capre e cavoli”. Le periodiche e controverse dichiarazioni di Ismail Kahraman – nonostante l’imbarazzo del governo – sono lo specchio di quel Limes culturale in cui si sono formati tanti politici del partito Akp.
D’altronde, la tolleranza e la fiducia verso Kahraman- un uomo che ha ricoperto negli anni Novanta la carica di Ministro della Cultura durante il governo dell’islamista Necmettin Erbakan – traspaiono dalla decisione di affidargli la presidenza del Parlamento, un ruolo che meriterebbe un certo acume politico.
Francesco Pongiluppi – Murat Cinar(Pressenza)
Lascia un commento