Simona Tavella con il romanzo “La Figlia imperfetta” (Carlo Saladino editore, pagg. 152, € 15,00) è la quinta finalista del premio letterario Kaos, il festival itinerante dell’editoria, della legalità e dell’identità siciliana che si svolgerà a Racalmuto il 28, 29 e 30 ottobre 2016. L’intervista.
Primo romanzo: da quanto tempo lo aveva nel cassetto? com’è nata l’idea e quando il progetto della pubblicazione ha cominciato a prendere piede?
La Figlia Imperfetta è stata concepita il giorno stesso del funerale di mia nonna 30 anni fa. Continuo a chiamarla nonna ma in realtà nel bene e nel male è stata lei la mia vera madre fin da subito. Al ritorno dal cimitero mi è stato messo in mano un dattiloscritto di carta velina ingiallita: l’arringa dell’avvocato difensore di mio nonno Giovanni arrestato una settimana dopo le nozze con l’accusa di essere stato il mandante di un omicidio. Tornata a Palermo ho letto tutto d’un fiato il vecchio fascicolo; una vicenda cupa di folli passioni, ritorsioni, ricatti, vendette, una storia incredibile in cui è possibile solo una linea difensiva, puntare sull’assoluzione per insufficienza di prove.
Quali difficoltà ha incontrato nell’organizzazione della trama, nella relazione fra i personaggi, nella scrittura?
Le difficoltà sono state molteplici; non tanto per la stesura della trama che avevo scelto si sarebbe attenuta fedelmente ai fatti reali quanto perché avevo a che fare con personaggi reali, alcuni dei quali avevo conosciuto da piccola; persone del paese, zii, fratelli e sorelle della nonna…dovevo farli diventare personaggi senza smettere di essere reali. E poi trovare un linguaggio semplice da capire anche per i non siciliani, tanto più necessario perché ho scelto di evitare il più possibile le descrizioni lunghe e dettagliate.
Perché ha scelto proprio di ambientarlo nel primo dopoguerra?
Ho preferito non modificare il tempo storico in cui la storia si è svolta perché era perfetto per quello che volevo: un tempo lontano ma non troppo, il primo dopoguerra, storie e personaggi se non veri verosimili.
La figlia del titolo è “imperfetta” per quale ragione?
Perché è figlia di una persona triste e ansiosa a cui nulla va bene. Una donna che pretende che la porta sia socchiusa lasciando due dita esatte di spiraglio. Che dice a Giulia che il vestito le sta bene ma la vorrebbe più… più …meno… insomma più radiosa. Per il personaggio della madre di Giulia mi sono ispirata a mia madre. Una donna fortemente delusa dal fatto che la vita le ha dato molto meno di quello che le sarebbe spettato. Un’eterna scontenta insomma.
Verrebbe da dire quindi che in Giulia c’è molto di lei…
Sì. La differenza tra me e lei è che io ho avuto un padre che mi ha sempre sostenuto.
E Giulia come giudica se stessa?
Giulia non si giudica. Fa quello che dev’essere fatto. Non si voleva sposare, ma quando il marito viene arrestato va a Palermo, parla con gli avvocati. Fa la moglie fino in fondo a costo di mettere il mondo sottosopra.
È “La figlia imperfetta” il personaggio preferito fra quelli che ha raccontato?
No, il mio personaggio preferito è Fanny: piccola, sarcastica, intelligente e dolcissima come la giovane donna che me l’ha ispirato.
Le sono sempre piaciuti i romanzi storici e la storia?
Sì parecchio, a parte i Promessi Sposi. Non è che non mi piacciono, ma trovo davvero tremendo che al secondo anno delle superiori si debba essere costretti a leggerli. Non conosco nessuno che sia riuscito a leggerli per intero sui banchi di scuola. E leggerli sui librini di riassunti non credo serva a molto. Meglio Calvino o Sciascia, ma non voglio essere saccente.
Dal suo romanzo che cosa si potrebbe imparare ancora sulla Sicilia di ieri e di oggi?
A conoscere e rispettare il coraggio delle donne.
Le donne oggi hanno più o meno occasioni di mostrare il loro coraggio?
Mettere al mondo figli è di per sé un atto di enorme coraggio. Se penso ai migranti, alle donne soprattutto mi verrebbe da dire che le donne hanno più occasioni ora per tirare fuori il loro coraggio …anche se ribellarsi alla violenza ai soprusi costa caro. In Italia le cifre del femminicidio fanno accapponare la pelle.
Se potesse cambiare qualcosa della storia siciliana che cosa cambierebbe e perché?
Le stragi del secondo dopoguerra, che diedero morte a contadini e sindacalisti.
Giovanni Zambito.
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