La stabilità del Governo: sembra essere diventato questo il principale obiettivo di molti che invitano a votare Sì al prossimo referendum costituzionale. Non si può votare No – dicono – perché potrebbe cadere il Governo e addirittura si rischiano le elezioni anticipate nel 2017. Anzitutto va detto che comunque nel 2018 la legislatura arriverà alla sua fine “naturale” (5 anni) e l’anticipo di un anno non può rappresentare un grave problema (ad esempio negli Usa il Presidente ha un mandato di 4 anni). In secondo luogo, paradossalmente è con la vittoria dei Sì che probabilmente la legislatura (e quindi anche il Governo) terminerebbe anzitempo, perché – con la conferma della riforma costituzionale – l’attuale Senato di fatto sarebbe delegittimato, rischiando di trascinarsi inutilmente per un anno in attesa della sua fine definitiva.
Occorre inoltre ricordare che in teoria la sorte del Governo non dovrebbe essere connessa con l’esito del referendum per l’eventuale revisione costituzionale. In realtà il nesso è evidente, ma soltanto per scelta del Governo e in particolare dell’attuale Presidente del Consiglio dei Ministri, che ha deciso di legare il proprio futuro alla riforma della Costituzione. Pertanto, a mettere a rischio la governabilità è stato proprio il Governo, sebbene avesse potuto evitarlo. Quando si gioca d’azzardo, puntando tutto su un risultato, c’è anche il rischio di perdere tutto. Di conseguenza, viene da chiedersi per quale ragione si dovrebbe votare per salvare un Governo che in modo irresponsabile considera la governabilità una carta che si può giocare al tavolo delle scommesse politiche.
Detto questo, c’è un’altra più grave incongruenza che va segnalata. Chi oggi sceglie il Sì per dare continuità al Governo, è pronto a sacrificare la stabilità costituzionale senza battere ciglio. Tutti dovrebbero sapere che la Costituzione non ha una data di scadenza: si può aggiornare, ma non è un obbligo farlo. Le regole del gioco devono tendere alla stabilità, affinché i giocatori possano esprimersi il meglio, proprio perché sono ben conosciute e possono essere rispettate. Il Governo è soltanto un giocatore, comunque destinato ad essere sostituito dopo qualche anno, dentro il complesso gioco della democrazia.
È davvero assurdo che per prolungare di qualche mese la presenza in campo di un giocatore si sia disposti a cambiare le regole del gioco, come se questa fosse semplicemente un’altra partita da giocare. Significa non aver capito nulla di che cos’è una Costituzione e a che cosa serve. Le regole del gioco si possono anche cambiare, ma lo si dovrebbe fare con il consenso di tutti i giocatori e possibilmente quando la partita non è in corso. Invece, per portare a casa un risultato favorevole (la salvezza del Governo Renzi), si è disposti a forzare la mano per una riforma nella quale comunque non si riconoscerebbe circa la metà dei cittadini.
Quando le regole del gioco vengono imposte da una parte e subite dalle altre parti, anziché essere accettate e condivise, si rischia di creare il massimo di instabilità possibile, perché si divide il Paese sulla Carta che dovrebbe essere comune. Se il terreno su cui si dovrebbe fondare la convivenza è soggetto a consistenti revisioni, anche la governabilità né risentirà fortemente. Purtroppo viviamo in un ambiente ad elevato rischio sismico. Questo vale anche per le istituzioni. Ma per salvare la casa per primo cittadino non possiamo mettere a rischio tutto il paese. Il primo cittadino è al servizio del paese, mentre il contrario non è nello spirito della Costituzione.
Rocco Artifoni-Pressenza
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