Nel Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga sono circa 8000 i bovini allevati prevalentemente in allevamenti estensivi da carne e circa un migliaio di questi non hanno o non utilizzano stalle per il ricovero invernale. Diventa così oltremodo preziosa e utile la guardiania assicurata dai cani pastori abruzzesi.
Grazie al lavoro di selezione assicurato dal C.I.R.Ca. (Centro Internazionale Ricerca sul Cane da lavoro), l’utilizzo di questi formidabili cani per le attività pastorali si è rivelata di una delle migliori pratiche diffuse dal progetto europeo LIFE “Praterie”, attuato dal Parco allo scopo di tutelare i pascoli in quota del Gran Sasso e dei Monti della laga, ma è senz’altro il loro utilizzo sperimentale per la guardiania dei bovini che sta suscitando interesse ben oltre i confini del Parco, soprattutto nel territorio alpino, diffondendosi tra gli allevatori che considerano i cani un’eccellente risorsa per difendere il bestiame dai predatori.
“Il cane da guardiania dei bovini – spiegano i veterinari responsabili dell’azione di progetto – non lavora per difendere il territorio, ma per difendere quella che considera a tutti gli effetti la sua famiglia. Inoltre non è un cane aggressivo per l’uomo, la cui presenza tende decisamente ad ignorare quando lavora”. Un risultato eccezionale, dunque, ottenuto attraverso una buona selezione ed una particolare forma non già di addestramento, quanto di “condizionamento”.
E’, quest’ultimo, un processo di imprinting che incomincia dalla nascita, quando la femmina gravida viene posta in un box all’interno della stalla con i bovini. Fin dai primi istanti di vita i cuccioli ricevono un condizionamento olfattivo e sensoriale che li porta a riconoscere l’odore dei bovini al pari di quello materno. Nell’allevamento allo stato brado i cuccioli sono tenuti inizialmente in un box in prossimità dei vitelli con i quali stabiliscono un contatto visivo e sensoriale. In tal modo acquisiscono reciproca confidenza in quanto i cuccioli di cane non sono percepiti come una minaccia.
“Lavorare con i bovini – spiegano ancora i veterinari – è certamente più complesso che lavorare con gli ovini, perché questi ultimi tendono a formare un gruppo unitario, invece i bovini formano dei sottogruppi, composti al massimo da venti animali, che si disperdono sui pascoli, salvo riunirsi in alcuni momenti della giornata, come per l’abbeverata. I cani, inoltre, tendono a legarsi in particolare agli animali con cui sono stati da piccoli. Ecco perché, per le mandrie numerose, si consiglia l’adozione di più cani, in quanto questi, in caso di pericolo, tendono a riunirsi con gli altri cani e a lavorare insieme”.
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