Da una a tre iniezioni sottocute, autosomministrate dal paziente attraverso una penna pre-riempita, ogni due settimane o una sola volta al mese, a seconda delle indicazioni, e i livelli di colesterolo Ldl, il cosiddetto ‘colesterolo cattivo’, si riducono fino al 75%. L’ipercolesterolemia è il primo fattore di rischio per lo sviluppo di malattie cardiovascolari che sono la causa di circa 300.000 morti in Italia ogni anno, segno evidente che, sebbene esistano terapie di buona efficacia, c’è ancora molto da fare per proteggere adeguatamente cuore e arterie. Da oggi, però, è disponibile anche in Italia Repatha (evolocumab) il primo anticorpo monoclonale interamente umano ad arrivare in cardiologia, primo della classe degli inibitori del PCSK9 che con il suo innovativo meccanismo d’azione ha dimostrato di riuscire ad ottenere non solo una riduzione molto marcata e costante dei livelli di colesterolo Ldl, ma, grazie a questa, anche una regressione della placca aterosclerotica.
Evolocumab è generalmente sicuro e ben tollerato. Approvato dall’Agenzia Italiana del Farmaco in regime di rimborsabilità, il farmaco, in associazione a statine e/o ezetimibe, è indicato per i pazienti adulti con forme severe e resistenti di ipercolesterolemia primaria (incluse le forme familiari eterozigote ed omozigote) e in quelli con dislipidemia mista che non riescono a tenere sotto controllo i livelli di colesterolo Ldl nonostante la terapia ipocolesterolemizzante massimizzata.
Evolocumab è inoltre indicato per coloro che sono intolleranti alle statine: “Il colesterolo è il principale fattore di rischio: aumenta di circa 4 volte la probabilità che si verifichi un evento cardiovascolare. Tutti gli studi condotti fino a oggi hanno dimostrato, infatti, che il colesterolo Ldl ossidato, che misuriamo nel sangue come colesterolo Ldl, determina la formazione della placca aterosclerotica nelle coronarie, responsabile d’infarti e ictus”, afferma Francesco Romeo, direttore cattedra di Cardiologia Università degli Studi di Roma Tor Vergata. Eppure anche i pazienti più a rischio, per esempio quelli che hanno già avuto un infarto o un ictus, non riescono a tenere i livelli di colesterolo LDL sotto controllo: si stima che in Europa oltre il 60% dei pazienti ad alto rischio cardiovascolare e l’80% di quelli a rischio molto alto sia in questa condizione.
I dati dell’Osservatorio epidemiologico cardiovascolare Anmco-Istituto superiore sanità (Iss) dimostrano che la prevalenza dell’ipercolesterolemia in Italia è aumentata negli ultimi anni: negli uomini siamo passati dal 20,8% nel periodo 1998-2002 al 34,3% nel quadriennio 2008-2012, nelle donne del 24,6% al 36,6%. Evolocumab è un anticorpo monoclonale umano che contrasta l’attività della proteina PCSK9, sostanza che nell’organismo degrada i recettori Ldl che si trovano sulla superficie delle cellule epatiche. L’azione di evolocumab, quindi, di fatto aumenta la capacità del fegato di eliminare il colesterolo Ldl dal sangue, diminuendone così i livelli: “Evolocumab ha dimostrato di essere una soluzione per i cosiddetti pazienti difficili da trattare, per i quali i medici fanno fatica a trovare delle soluzioni terapeutiche efficaci: persone che hanno già subito un infarto, che soffrono di diabete, che non rispondono alle statine o che sono intolleranti. Pazienti ad alto rischio di andare incontro a un evento car diovascolare, anche mortale”, ha spiegato Enzo Manzato, professore prdinario in Medicina Interna, Università di Padova e presidente Sisa, Società italiana per lo studio dell’aterosclerosi.
Evolocumab, che ha già dimostrato risultati senza precedenti in un vasto programma di studi clinici, ora punta a dimostrare che, in aggiunta a statine, non solo riduce i livelli di colesterolo LDL, ma diminuisce il rischio di eventi quali morte cardiovascolare, ictus, infarto, ospedalizzazione per angina instabile o rivascolarizzazione coronarica. I risultati di questo studio – Fourier (Further cardiovascular outcomes research with PCSK9 Inhibition in subjects with elevated risk) – verranno presentati il 17 marzo in occasione dell’American college of Cardiology. Gli sperimentatori hanno annunciato di aver raggiunto gli endpoint compositi primario e secondario principale.
Insomma, Evolocumab è il primo anticorpo monoclonale ad arrivare in cardiologia e segna anche l’entrata in questa area terapeutica di Amgen, leader nel campo delle biotecnologie.“Abbiamo deciso di mettere le nostre conoscenze, maturate nei campi di oncologia, immunologia, nefrologia, ematologia, al servizio della cardiologia impegnandoci per lo sviluppo di evolocumab in un programma di studi molto ampio, a cui l’Italia ha partecipato in maniera massiccia: ben 14 studi diversi attivati sul nostro territorio per un totale di oltre 650 pazienti arruolati”, ha spiegato Francesco Di Marco, general manager Amgen. L’azienda investe in ricerca e sviluppo il 20% del suo fatturato mondiale, pari a oltre 4 miliardi di dollari, e grazie a questo sforzo può vantare una pipeline costituita da oltre 40 molecole sperimentali in varie fasi di sviluppo, di cui 14 in Fase III. In cardiologia sono attualmente in studio farmaci per lo scompenso cardiaco e l’ipercolesterolemia.
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