Negli ultimi 5 anni nulla è cambiato sul fronte del debito pubblico italiano. Questa è la conclusione a cui inevitabilmente si giunge se si analizzano i dati recentemente pubblicati dall’Istat.
La sequenza delle perdite, che ogni anno chiudono l’ultima riga del bilancio dello Stato, non lascia molti dubbi: -47.216 milioni di euro nel 2012, -46.492 nel 2013, -48.803 nel 2014, -44.256 nel 2015 e -40.708 nel 2016. Pertanto, negli ultimi 5 anni il nostro bilancio pubblico ha chiuso con un disavanzo anno compreso tra 40 e 50 miliardi di euro. Che ovviamente ogni anno vanno ad aggiungersi al debito pregresso. Di conseguenza nell’ultimo lustro il debito pubblico italiano è aumentato di 230 miliardi di euro, cioè di quasi 4.000 euro pro-capite. Per la classica famiglia composta da 2 genitori con 2 figli si tratta di 15.000 euro.
Nonostante le rassicurazioni governative a ripetere che “il debito è sotto controllo”, si potrebbe sostenere che in realtà il debito pubblico italiano è stabilmente fuori controllo, poiché ogni anno aumenta sostanzialmente in misura analoga.
In questo periodo si sta discutendo anche dell’eventualità di una manovra economica correttiva per recuperare 3,4 miliardi di euro, che le istituzioni europee chiedono all’Italia per evitare l’avvio di una procedura d’infrazione per deficit eccessivo. A ben vedere si tratta soltanto di briciole, poiché il piatto “piange” per una quantità almeno 10 volte superiore. Infatti, anche nel caso l’Italia riuscisse a racimolare la cifra indicata da Bruxelles (che corrisponde allo 0,2% del PIL), il debito continuerebbe a salire di oltre 37 miliardi di euro all’anno.
Resta il fatto evidente che con il passare del tempo lo Stato italiano sta diventando sempre più povero, anzi impoverito, perché sempre più indebitato. Difficilmente uno Stato povero può aiutare e sostenere in modo efficace i suoi cittadini più poveri. D’altra parte occorre dire con chiarezza che gli italiani sono mediamente ricchi. Infatti, valutando il patrimonio (immobiliare e mobiliare) gli italiani sono pro-capite più ricchi dei tedeschi, tanto per fare un paragone.
Detto in una battuta: non è lo Stato che ha messo le mani nelle tasche degli italiani (come alcuni esponenti politici sostengono), ma sono gli italiani (non tutti, ovviamente) che hanno messo le mani nelle tasche dello Stato
È evidente che la povertà pubblica e la ricchezza privata sono due facce della stessa moneta: gli italiani sono mediamente ricchi anzitutto perché hanno impoverito le casse dello Stato, sottraendo una quantità di risorse enorme, attraverso l’evasione fiscale, la corruzione, i traffici illeciti e le attività gestite dalle mafie: in questi settori l’Italia è stabilmente ai vertici delle classifiche europee. Basterebbe recuperare un quarto dell’evasione fiscale per chiudere il bilancio dello Stato in pareggio, compreso il pagamento degli interessi.
Nonostante le tasche dello Stato risultino “bucate” a causa delle attività illecite già citate, sorprende il fatto che da 20 anni il bilancio dello Stato italiano chiude con un avanzo primario positivo, cioè ogni anno le entrate superano le uscite, prima che l’utile venga totalmente “mangiato” dagli interessi sul debito.
Così è evidente che gli italiani sono costretti ad un lavoro extra soltanto per mantenere chi riscuote gli interessi (ma che in maggioranza sono cittadini italiani o banche nazionali). Qui emerge la perversione del meccanismo del debito, che si arrotola su se stesso. Ma non si tratta di un errore, di una palude in cui l’Italia è finita per caso e dalla quale non riesce ad uscire. Il debito è un sistema per redistribuire la ricchezza in senso inverso: dai più poveri ai più ricchi.
Purtroppo, nonostante che il debito pubblico italiano continui a segnare nuovi record, in Italia non si è ancora raggiunta la consapevolezza che la soluzione del problema è indispensabile e inderogabile. Si continua a trascinare la questione “sine die”, cercando di limitare i danni, ma senza prospettare reali vie d’uscita.
Sicuramente il debito sta condizionando pesantemente l’economia del Paese e rendendo opzionale il dovere della solidarietà che dovrebbe essere costituzionalmente inderogabile.
Ma il risvolto peggiore della questione è nei confronti delle prossime generazioni, verso le quali stiamo lasciando in eredità un debito davvero pesante: il debito del debito.
Rocco Artifoni-Pressenza
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