Due nuovi casi di omicidio-suicidio che coinvolgono due coppie di anziani, in provincia di Caserta e in provincia di Parma. A Santa Maria Capua Vetere (CE) il marito ha colpito ripetutamente la moglie al volto con un’ascia, per poi togliersi la vita lanciandosi dal balcone. In Emilia Romagna, a Felegara, sono stati ritrovati senza vita due coniugi di 75 anni. L’uomo avrebbe ucciso con alcune coltellate la moglie, malata e costretta a letto, poi si sarebbe tolto la vita. Il marito non accettava la malattia della donna, che di recente si era ulteriormente aggravata. “Storie di omicidi-suicidi di coppie di anziani sono sempre più frequenti in Italia” dichiara il Presidente dell’AIP Marco Trabucchi – professore all’Università Tor Vergata di Roma. “Non si tratta di raptus, ma di problematiche più complesse. Queste coppie sono accompagnate dal dolore o dalla solitudine da molti anni. Questa espressione di concreta insoddisfazione di sofferenza reciproca è segno di una rottura di questo già fragile equilibrio, che può durare molti anni e lasciare questo male latente. Quando la situazione diventa insostenibile, avviene che uno dei componenti della coppia, più spesso l’uomo, agisce con un atto violento fino a uccidere il partner. Poi la sofferenza è così forte da indurre anche al suicidio”. La causa di questi gesti violenti da un punto di vista psichico e geriatrico è legata a fattori contingenti, ma un minimo comune denominatore è un sottofondo depressivo e la presenza di malattie somatiche: patologie oncologiche, una demenza che rende incapace di autogestirsi, una situazione di depressione. “A quel punto basta poco, anche solo una piccola difficoltà della vita quotidiana e il sottile filo della vita quotidiana si spezza, provocando l’aggressività di un membro della coppia” spiega ancora il prof. Trabucchi.
“Gli anziani vivono abbastanza scollati dalla realtà che mal sopportano, per questo finiscono spesso per pensare alla morte” aggiunge Diego De Leo – Professore Emerito di Psichiatria alla Griffith University di Brisbane (Australia). “Tra le ragioni ci può essere la solitudine, soprattutto di tipo emozionale ed affettiva. Non si sentono più compresi dagli altri, se non addirittura un peso. In Italia il fenomeno in Italia è meno grave che altrove, ma 4mila suicidi l’anno costituiscono comunque un dato preoccupante, oltreché una tragedia immane”. Recenti dati ISTAT, inoltre, dimostrano che con l’avanzare dell’età aumentano le malattie fisiche ufficialmente associate al suicidio, che ne costituiscono spesso il movente.
IL CONGRESSO AIP 2017. Questi e altri temi sono al centro delle sessioni in corso al Palazzo degli Affari a Firenze in occasione del 17° Congresso Nazionale dell’Associazione Italiana Psicogeriatria – AIP, con oltre mille partecipanti. Le principali patologie dell’anziano e la proposta di nuove soluzioni per un miglioramento delle condizioni di vita di coloro che hanno più di 65 anni, disturbi del sonno, depressione, suicidi, malattia di Alzheimer e altre demenze, delirium sono alcune tra le patologie affrontate. “Clinica, Ricerca, Speranze: queste sono le tre parole chiave” afferma il Presidente dell’AIP Marco Trabucchi. “La ricerca rappresenta il futuro: ci sono ancora ampi spazi da riempire. La clinica ci riguarda in tutte le sue dimensioni: include ovviamente la diagnosi e la terapia, ma anche la comprensione della sofferenza della persona anziana nelle dinamiche psicologiche e sociali, tanto che particolare attenzione è riservata al problema della solitudine, gravemente lesiva della salute. La speranza, infine, si fonda sui primi due punti e propone un intervento sul paziente per dimostrare che invecchiare non è una malattia”. In Italia, su quasi 60 milioni di persone, gli anziani sono circa 10 milioni. La demenza dovuta ad Alzheimer è la priorità da fronteggiare: circa un milione di anziani (il 10% degli over 65) soffre di demenza. Un problema per la società: risultati importanti si vedranno nel medio periodo, tra circa 5 anni, ma gli anziani di domani potranno contare su nuove soluzioni. “Numerosi gruppi in tutto il mondo sono alle prese con studi volti a trovare farmaci che rallentino fortemente la formazione della sostanza beta amiloide nel cervello” spiega il prof. Trabucchi “inducendo una riduzione dei sintomi e un rallentamento dell’evoluzione della malattia. Non siamo ancora pronti per la guarigione, ma probabilmente potremo far guadagnare anni di vita a chi soffre di questa patologia”. Insieme alla ricerca scientifica, lo studio sulle molecole e sui relativi farmaci, occorre poi una componente sociale che costruisca una rete adeguata ad una persona anziana, che si può ottenere mediante una società coesa, dove ogni cittadino e ogni politico danno il proprio contributo.
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