Oggi le persone affette da demenza in Europa sono quasi 10 milioni e a livello mondiale circa 35 milioni; nel 2030, arriveranno rispettivamente a 15 e 65 milioni. In Italia si stimano quasi un milione casi di demenza e circa 3 milioni di familiari sono coinvolti direttamente nell’assistenza ai pazienti. “Con il termine “demenza” si indica una sindrome, ossia un insieme di sintomi, provocata da varie malattie, che si manifesta con un declino progressivo delle funzioni cognitive (quali la memoria, il ragionamento, il linguaggio), tale compromettere le usuali attività (lavoro, hobby, interessi) e relazioni” spiega il prof. Angelo Bianchetti, Responsabile Dipartimento Medicina e Riabilitazione presso l’Istituto Clinico S. Anna del Gruppo San Donato di Brescia. La demenza dovuta ad Alzheimer è la priorità da fronteggiare: questa malattia è la causa del 50-60% delle demenze.
“Oggi è un giorno importante: lanciamo l’Alzheimer Fest, un’iniziativa di apertura a chi soffre di questa patologia” dichiara il Presidente AIP Marco Trabucchi – Professore all’Università di Roma Tor Vergata. L’evento si terrà a Gavirate, in provincia di Varese, nei pressi del lago, dal 1 al 3 settembre. “L’obiettivo è quello di tirare fuori le persone affette da demenza e le loro famiglie dalla solitudine e dare il segnale che la loro vita non è condizionata solo da questo, ma si possono recuperare ancora spazi di autonomia. Sarà una festa: non ci saranno solo medici, ma anche tanta gente comune per creare convivialità, tra attività ludiche e culturali”.
IL DELIRIUM. Non solo malattia di Alzheimer all’attenzione degli specialisti di psicogeriatria. “Il delirium” osserva ancora Trabucchi “è una particolare situazione che vivono gli anziani quando subiscono un insulto forte, di tipo somatico, come l’infezione alle vie urinarie, o ambientale, come la perdita della vista o dell’udito”. Il delirium ha una notevolissima frequenza nei reparti ospedalieri: colpisce circa il 20% degli ultrasettantenni, riducendo la capacità di recupero funzionale e provocando un aumento della mortalità. “Il delirium è una sindrome neuropsichiatrica acuta caratterizzata prevalentemente da un disturbo dell’attenzione e di altre funzioni cognitive” spiega Giuseppe Bellelli– Professore Associato di Geriatria-Medicina Interna all’Università Milano-Bicocca di Milano. Il delirium colpisce prevalentemente le persone anziane (over 65), più fragili dal punto di vista sia motorio che cognitivo. Tuttavia, questa condizione non è propria solo dei pazienti geriatrici, ma è diffusa anche tra soggetti under 65: riguarda in particolare i pazienti in terapia intensiva e i pazienti ricoverati per traumi che creano una fragilità che è terreno fertile per il delirium. Ma il delirium è noto anche in ambito pediatrico: soprattutto i neonati potrebbe esserne affetti, in quanto fragili e soggetti a meccanismi che favoriscono l’affermarsi di questa patologia. “Il delirium si manifesta prevalentemente in tre forme” spiega ancora il prof. Bellelli: “il delirium ipercinetico, caratterizzato da uno stato di agitazione, per cui il paziente è tendenzialmente irritabile, fa fatica a restare attento, ma è anche oppositivo alla visita; il delirium ipocinetico, una forma in cui il paziente tende a essere soporoso fino a sembrare quasi in coma; infine, esiste una forma mista, in cui vi è l’alternanza tra le due condizioni. La forma ipocinetica e quella mista sono le più frequenti e anche le più pericolose”. Nonostante sia un problema clinico cui solo recentemente si è posta attenzione, il delirium è molto più frequente di quanto si possa immaginare: secondo un recente studio condotto negli ospedali italiani, tra gli anziani in cura il delirium è presente nel 22 % dei pazienti, ossia in oltre 1 paziente su 5. Oltre l’80% dei casi erano di delirium ipocinetico o misto. Il delirium si differenzia dall’Alzheimer in quanto ha un’insorgenza acuta, rapida e repentina, mentre nell’Alzheimer la perdita cognitiva avviene in modo subdolo e progressivo. Inoltre, a differenza dell’Alzheimer, i soggetti con delirium hanno una fluttuazione delle performance cognitive: momenti di lucidità si alternano a fasi di confusione mentale, anche all’interno della stessa giornata. Terza differenza è data dal fatto che nella maggior parte dei casi il delirium è sostenuto da un problema clinico esterno al cervello. “Il delirium può portare alla morte nel breve-medio periodo” mette in guardia il prof. Bellelli. “Uno studio recente ha dimostrato che ha un impatto sulla mortalità a due anni di oltre il 40%”. Al Congresso sono stati presentati i dati della Seconda Edizione del Delirium Day (2016), che è stato un successo visto che da 1870 pazienti analizzati l’anno precedente si è passati a 3700 in ospedale più un altro migliaio nelle case di riposo, diversificando ulteriormente ospedali e reparti. Nel 2018 si spera di portarlo a livello europeo. Tutti gli specialisti dovrebbero essere sensibilizzati, mentre la popolazione ne dovrebbe essere al corrente per capire cosa succede a un familiare che potrebbe incorrere in questa condizione.
IL CONGRESSO AIP 2017. Questi e altri temi sono stati al centro delle sessioni del 17° Congresso Nazionale dell’Associazione Italiana Psicogeriatria – AIP al Palazzo degli Affari a Firenze, con oltre mille partecipanti. Le principali patologie dell’anziano e la proposta di nuove soluzioni per un miglioramento delle condizioni di vita di coloro che hanno più di 65 anni, disturbi del sonno, depressione, suicidi, malattia di Alzheimer e altre demenze, delirium sono state alcune delle patologie affrontate. “Clinica, Ricerca, Speranze: queste sono le tre parole chiave” ha dichiarato il Presidente dell’AIP Marco Trabucchi. “La ricerca rappresenta il futuro: ci sono ancora ampi spazi da riempire. La clinica ci riguarda in tutte le sue dimensioni: include ovviamente la diagnosi e la terapia, ma anche la comprensione della sofferenza della persona anziana nelle dinamiche psicologiche e sociali, tanto che particolare attenzione è riservata al problema della solitudine, gravemente lesiva della salute. La speranza, infine, si fonda sui primi due punti e propone un intervento sul paziente per dimostrare che invecchiare non è una malattia”.
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