La Lunga Marcia 2017, giunta alla sesta edizione, si svolgerà dal 28 giugno al 8 luglio attraverso i territori che colpiti dagli eventi sismici degli ultimi mesi. “Sarà uno scenario di Terre-Mutate in cui amministrazioni e cittadini stanno lavorando duramente per ricostruire il proprio futuro – dicono i promotori – A loro vogliamo prima di tutto esprimere la nostra solidarietà unendo idealmente, con una lunga sequenza di passi, le zone colpite dagli ultimi eventi sismici con L’Aquila, città eretta a simbolo delle distruzioni che un terremoto può provocare. L’obiettivo della nuova edizione è tessere reti di relazioni solidali per dar voce alle necessità, ai progetti e all’impegno di cittadini e associazioni che si sforzano di resistere per ricostruire una nuova prospettiva di vita. È tuttavia un dato di fatto come la gestione dell’emergenza post sisma e il successivo avvio della ricostruzione vengano gestiti con una eccessiva lentezza. L’Italia, paese nel quale i terremoti sono da sempre un dato di realtà, non dispone ancora di un piano di intervento nazionale da attuare a seguito di un evento tellurico o di altri disastri. Tutto viene spesso reinventato come fosse la prima volta e ogni volta si verificano lungaggini dovute alle inevitabili incertezze burocratiche. Tali lungaggini favoriscono inevitabilmente l’abbandono del territorio, spesso in zone già colpite dallo spopolamento e dalla crisi economica. Al contrario la tempestività dell’intervento e la permanenza dei cittadini nei propri luoghi di residenza rappresentano, oltre alla rapidità nella ricostruzione, elementi essenziali per favorire la resilienza delle popolazioni”.
“Con la Lunga Marcia 2017 richiediamo alle Istituzioni di lavorare per gestire al meglio l’emergenza dopo i disastri e ridurre i danni per mezzo di un’adeguata prevenzione – proseguono gli organizzatori – È necessario partire dagli studi portati a termine dall’INGV da cui emergono informazioni sempre più precise sulle zone a maggior rischio sismico e si individuano le aree per le quali è presumibile attendersi future scosse. È fondamentale pianificare preventivamente le procedure da seguire in caso d’emergenza nei comuni siti nelle zone a maggior rischio sismico, considerando la partecipazione attiva dei cittadini (a livello esemplificativo: avere a disposizione uno stock di casette a livello centrale, aver già individuato preventivamente le zone dove sistemarle e avere già predisposti i punti d’allaccio alle utenze). Contemporaneamente proponiamo che si incentivi un processo di educazione al rischio nei territori vulnerabili (per ridurre del 20% – 50% le morti generate da eventi disastrosi) attuando alcune buone pratiche di prevenzione, tra cui: coinvolgimento delle popolazioni nella preparazione e diffusione dei piani di protezione civile, trasparenza e comunicazione sulla sicurezza sismica degli edifici pubblici, segnalazione delle aree di sicurezza, progettazione di piani di sviluppo del territorio che tengano conto del rischio e coinvolgano attivamente la comunità locale. Per perseguire tali obiettivi serve un impegno comune fra chi il terremoto lo ha già subito e punta a una ricostruzione veloce e adeguata e chi, pur non avendo subito danni, si trova a vivere a cavallo delle faglie in zone a rischio sismico accertato. Occorre una comunanza d’intenti, unire le forze per un progetto unico, ambizioso, di reale cambiamento culturale prima ancora che materiale. Non è più possibile aspettare passivamente la prossima scossa senza fare nulla!”.
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