Le elezioni locali che si sono svolte giovedì 4 maggio in diverse località della Scozia, del Galles e dell’Inghilterra hanno segnato un grande successo dei conservatori, il collasso del partito di estrema destra Ukip e un grave arretramento dei laburisti, che hanno perso 320 consiglieri, pur conquistando la carica di sindaco metropolitano nella Grande Manchester e della Città-Regione di Liverpool.
Questo risultato costituisce un segnale allarmante in vista delle elezioni generali dell’8 giugno, indette a sorpresa dal Primo Ministro Theresa May e la dimostrazione che la sua martellante campagna a favore di una “leadership forte e stabile”, che guidi il paese attraverso i negoziati per la Brexit e anche dopo, sta funzionando. Dimostra anche che l’altrettanto martellante campagna della maggior parte dei media contro il leader laburista Jeremy Corbyn sta dando i suoi frutti.
Theresa May sollecita l’elettorato a “sostenerla per lottare per la Gran Bretagna”. Come una novella Thatcher, sfrutta la sua immagine di donna di polso, pronta a sfidare i leader europei, presentati come una minaccia per l’indipendenza del paese. Riesce così a spostare il dibattito politico su un terreno nazionalista ai limiti dell’isterismo e a evitare i temi scottanti sollevati dai laburisti, come i drastici tagli alle spese sociali (e soprattutto al Servizio Sanitario Nazionale) e la crescita delle disuguaglianze tra l’elite privilegiata rappresentata dai conservatori e un maggioranza sempre più impoverita. Non c’è da stupirsi se in questa atmosfera i sondaggi le attribuiscono una popolarità superiore a quella di qualsiasi leader dagli anni Settanta, con il 61% dei votanti che la ritiene la scelta migliore come primo ministro, contro il 23% che sostiene Corbyn.
Sempre alla luce di questa personalizzazione, la tattica dei conservatori è quella di incentrare la campagna elettorale sulla figura della May e di presentare i vari candidati come i suoi “candidati locali”, arrivando in certi casi a eliminare i simboli e i riferimenti al partito nei materiali elettorali.
Theresa May si è finora rifiutata di partecipare ai dibattiti televisivi, nonostante Corbyn si sia detto pronto ad affrontarla in qualsiasi momento. La sua campagna elettorale in giro nel paese consiste nella maggior parte dei casi in incontri ristretti con gli attivisti conservatori locali, più che in incontri aperti con la popolazione, com’è nello stile di Corbyn.
Il leader laburista l’accusa di essere “forte coi deboli e debole coi forti”, riferendosi ai tagli ai servizi sociali da una parte e alle esenzioni fiscali per le grandi corporations, al servile appoggio alla politica di Trump e alla vendita di armi all’Arabia Saudita dall’altra. I deboli lo ascolteranno, o si lasceranno ingannare dal mantra ripetuto fino all’ossessione della leader forte a cui affidare il proprio futuro?
Una speranza potrebbe venire dai giovani, protagonisti dell’ondata di entusiasmo e partecipazione che ha consentito a Corbyn di vincere due elezioni primarie consecutive per la leadership del Partito Laburista. L’appoggio in particolare degli studenti è passato dal 23% del 2005 al 55% del 2017 e la loro iscrizione alle liste elettorali ha visto un enorme aumento; oltre la metà degli studenti intervistati in un recente sondaggio ha dichiarato l’intenzione di votare per i laburisti l’8 giugno, mentre solo uno su sei sceglierà i conservatori.
Anna Polo-Pressenza
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