“Ecco l’ennesimo terribile 9 maggio. Ho un’annotazione ed un quesito. Mio figlio ed io diserteremo ogni celebrazione ufficiale fino a quando non sarà applicata correttamente e pienamente la legge 206 del 3 agosto 2004 in favore delle vittime del terrorismo anche per mio padre Aldo Moro. Quale sia la valenza di questa disapplicazione non è noto. Mio padre non è vittima? Oppure non è vittima del terrorismo? Il che aprirebbe scenari apocalittici. Giro il quesito a chi di dovere”. È quanto scrive in una nota Maria Fida Moro, figlia primogenita di Aldo Moro.
“È chiaro – prosegue Moro – che le vittime sono tutte uguali perché uguale è il dolore, ma mio padre non può essere contemporaneamente simbolo emblematico di ogni vittima della stagione terroristica mentre la legge 206 – nel suo caso – viene disattesa ed inapplicata (guarda caso proprio dal Parlamento). È una questione etica, di equità e di principio. Se potessi, chiederei al Parlamento di cambiare la data della doverosa celebrazione della memoria con altra data, diversa dal 9 maggio.
Ad ogni modo seguirò tutte le trafile giuridiche che portino all’applicazione della stessa legge 206 e – se sarà necessario – mi rivolgerò alla Corte Europea dei Diritti Umani a Strasburgo, perché mio padre è stato pesantemente discriminato, e quindi all’Aja, perché il terrorismo è equiparato alla guerra e mio padre è vittima di un crimine di guerra, il che ha rilevanza penale (per rendersene conto basta scorrere alcuni dei documenti raccolti dalla 2° Commissione bicamerale di inchiesta sul caso Moro).
Credo che, almeno nella morte, la legge debba essere uguale per tutti. Del resto ogni italiano in buona fede, che il 9 maggio 1978 aveva l’età della ragione, sa che l’Italia è rimasta attonita a guardare l’agonia di un innocente abbandonandolo alla solitudine di una morte feroce quanto ingiusta. Allo Stato non sembra interessare, e lo dico con pacatezza basandomi sulle corone di alloro e sui fiori delle due date 16 marzo – 9 maggio.
Invece sarebbe molto più proficuo che lo Stato si adoperasse per l’applicazione di una legge che riguarda tutte le vittime, quindi anche e perfino Aldo Moro.
L’insensata morte di mio padre ha cambiato il destino del nostro Paese e anche dell’Europa, ma soprattutto è come un macigno, un coagulo di dolore che pesa sulle coscienze degli italiani. Aldo Moro è ancora oggi ostaggio dell’indifferenza e del disamore e finché non gli verrà riconosciuta, almeno da morto, pari dignità anche il popolo italiano resterà imprigionato nel gorgo malefico e sanguinario che ha cancellato tante vite innocenti portandosele via e che a me ha tolto sole, speranza, luce ed ogni gioia.
Ma non è certo questo il punto, il punto è che l’Italia, che è da sempre considerata la patria del Diritto, permette che l’antigiuridicità insita nella negazione di un diritto fondamentale – ogni cittadino è uguale di fronte alla legge – si abbatta su un padre Costituente che, ironia della sorte, si era occupato proprio dei Diritti inviolabili dell’Uomo. I benefici previsti dalla legge in favore delle vittime del terrorismo o valgono anche per Aldo Moro oppure non valgono per nessuno.
Niente sembra avere senso e valore. Ma se solo per una volta, in quasi quarant’anni, dovessero prevalere le insindacabili ragioni del cuore e della verità?”.
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