‘La citta’ storica dell’Aquila parla, parlava e ci ha parlato. È stato facile ricostruirla, non dovevamo inventarci molto. La grande sfida ora e’ creare qualita’ nella citta’ che si e’ trasformata, perche’ il rischio e’ che il paesaggio diventi brutto e che la societa’ che lo abita possa imbruttire a sua volta’. Poche parole, ma davvero molto chiare quelle di Chiara Santoro, architetto e dirigente del settore Pianificazione del Comune dell’Aquila, presente al seminario ‘Vivere i luoghi delle catastrofi: tra genius loci e ricostruzione‘, promosso dall’Ordine degli Psicologi dell’Abruzzo in sinergia con quello degli Architetti e con PsicoArch, nell’Universita’ degli Studi dell’Aquila.
‘La trasformazione della citta’ aquilana, sebbene inizialmente sembrasse caotica e senza senso, dopo tanti anni si e’ stabilizzata. Il processo di ricostruzione e’ partito- sottolinea l’architetto- ma non e’ terminato, infatti una gran parte del centro storico non ha nemmeno visto l’inizio dei lavori. Il ripopolamento sara’ un processo lungo’. Per questo motivo l’apporto degli architetti riguardera’ tutta la fase della pianificazione della ricostruzione anche di cio’ che non e’ dentro le mura: ‘È un progetto collettivo fondamentale- continua Santoro- la citta’ cosi’ come si e’ sviluppata, piu’ o meno coerentemente, ha creato di fatto delle nuove centralita’ spontanee ed e’ un processo irreversibile. Il nuovo progetto urbano e territoriale le deve assecondare e strutturare. Dobbiamo lavorare sul policentrismo e le due discipline (Psicologia e Architettura) potranno farlo insieme’.
Il problema che adesso si pone con gli aquilani e le popolazioni dei territori colpiti dalle catastrofi si basera’ quindi su una domanda: ‘Gli abitanti di queste aree avranno la forza di ritornare ad abitare e a rivitalizzare questi contenitori, una volta restituiti?- si chiede l’architetto- Avremo la capacita’ e le idee di riabitarli sapendo che non sara’ piu’ come prima? Il contesto e’ cambiato, le persone sono cresciute, ci sono meno ragazzi universitari. Di sicuro adesso e’ il momento delle azioni immateriali, piuttosto che della ricostruzione fisica perche’ non e’ semplice per un commerciante che ha investito in periferia tornare in centro. Non e’ facile per un ufficio comunale e non sara’ facile per un cittadino. Ormai certi fenomeni si sono stabilizzati’.
Ecco che il contributo della Psicologia interviene nella ‘costruzione della citta’ del futuro, del benessere nei contesti di vita. E lo puo’ fare soprattutto interfacciandosi con le altre professioni, in particolare con gli architetti e gli ingegneri’, chiarisce Tancredi Di Iullo, presidente dell’Ordine regionale degli Psicologi. Questo seminario inaugura il primo di tre incontri sul tema: ‘Abbiamo affrontato il ‘Vivere nei luoghi dei disastri’- spiega Di Iullo- il prossimo tema sara’ sul ‘Rigenerare le periferie urbane‘ e l’ultimo, che si svolgera’ il 7 luglio, si focalizzera’ su ‘L’essenza dell’abitare‘, sul significato dell’abitare nelle case e nelle scuole. Cominciamo con il tema del vivere nei luoghi del disastro perche’ L’Aquila ne e’ un emblema. Ai problemi del terremoto aquilano si sono aggiunti gli eventi catastrofici dell’anno scorso. In questo ambito, urbanisti e psicologi hanno come denominatore comune la creazione del benessere per le persone’.
Per recuperare la storicita’ dei luoghi, l’Ordine degli psicologi dell’Abruzzo sta anche contribuendo al restauro di una tela che appartiene alla religiosita’ degli aquilani: e’ il Beato Vincenzo di Saturnino Gatti, conservato nel Convento di San Giuliano. ‘Con questo restauro vogliamo dare un messaggio di speranza nel futuro’, conclude.
La prima parte del seminario e’ stata dedicata al tema ‘Genius loci e spopolamento’. Un focus sulla difficolta’ di vivere nelle aree collinari e montane colpite dal terremoto, anche dal punto di vista della ricostruzione: diversi anni fa le scosse hanno colpito L’Aquila, diversi mesi fa Amatrice, parte dell’Umbria e delle Marche. Tutte regioni legate al tema della catastrofe, che ha causato un’importante presenza di disturbo post traumatico da stress.
Pero’, Enrico Perilli, professore di Psicologia dinamica all’Universita’ dell’Aquila e presidente della commissione Ambiente e Territorio del Comune dell’Aquila, sposta l’attenzione dall’aspetto clinico a quello multidisciplinare: ‘Ci stiamo interrogando piuttosto sugli aspetti antropologici, sociologici, psicologici e urbanistici. Come vanno ricostruiti questi luoghi da un punto di vista urbanistico? La ricostruzione urbanistica come puo’ facilitare il tornare a vivere questi luoghi e il viverci bene, avendo dei servizi a disposizione e una qualita’ della vita superiore di quella che si ha in citta’? Oppure, come le errate scelte urbanistiche – per questo lavoriamo con gli architetti – possono facilitare ancora di piu’ lo spopolamento? Se si sbagliano le politiche urbanistiche, puo’ diventare impossibile vivere in un luogo di catastrofe di un’area montana. Come ricostruire quindi le aree interne? Quali sono le diversita’ di uno stile di vita montano-collinare rispetto a quelle di un’area cittadina sovraffollata? Come si e’ arrivati allo spopolamento delle aree interne? E, infine, che ruolo puo’ giocare il turismo nelle aree interne? C’e’ bisogno di una riflessione a monte- afferma il docente di Psicologia dinamica- per evitare obbrobri e ricostruzioni fatte senza pensarle. Dobbiamo puntare a una ricostruzione consapevole, per ricreare un senso di vita e di comunita’– aggiunge- per dare una ragione perche’ valga la pena ritornare a vivere qui”. Questa iniziativa e’ ‘certamente un contributo importante dal punto di vista culturale, e’ la prima volta che due Ordini lavorano insieme su tali tematiche. Lo abbiamo strutturato in tre percorsi proprio per coprire tutta la regione. Psicologi e architetti- conclude Perilli- stanno sviluppando un rapporto di collaborazione che funziona piu’ di quanto avevamo immaginato’.
Di certo la ricostruzione fisica a L’Aquila e’ partita. ‘In ritardo di 3 anni, ma e’ stata avviata. Sta seguendo un canale prestabilito- fa sapere Santoro, dirigente del settore Pianificazione del Comune dell’Aquila- almeno per il centro storico del capoluogo, il resto del territorio e’ molto complesso: ci sono 49 centri minori caratterizzati da una situazione piu’ complicata, poiche’ erano fragili e spopolati anche prima del terremoto’. Il problema, per l’architetto, riguarda anche il ritorno delle funzioni pregiate: ‘L’Aquila era ricca, aveva dentro uffici pubblici, la residenza universitaria diffusa, il direzionale privato, c’era tanta cultura, tante funzioni pregiate che la rendevano fortemente attrattiva per l’intero territorio. La nostra e’ una citta’ territorio nata per volonta’ dei centri minori. La sfida- rimarca- e’ rimettere al suo interno le funzioni pregiate, ma si tratta di fenomeni che hanno una rilevanza non solo locale. Ci sono tante funzioni, anche pubbliche, che non torneranno nei palazzi storici. Non torneranno tutte le scuole pubbliche e la biblioteche provinciale’. All’esterno del centro ‘manca la qualita’ storica e paesaggistica e li’ l’architettura puo’ dare un apporto al bello, al fruibile e al rafforzamento dell’identita’ del cittadino e della popolazione. Non e’ semplice perche’ ognuno di noi e’ stato talmente preso dalle proprie vicende personali, da una prospettiva di vita incerta, che abbiamo perso di vista il bene comune e un progetto comune. Dobbiamo ritrovarci insieme- conclude – per utilizzare e fare di quel che e’ accaduto un valore’.
A dare, infine, voce ai bambini e ai loro racconti e’ stata Magda Di Renzo, responsabile del servizio terapie dell‘Istituto di Ortofonologia (IdO) presente con progetti di supporto psicologico nelle zone colpite dai terremoti: ‘Ho portato i vissuti dei bambini per ribadire quanto sia importante tenere in vita il ricordo. Le architetture interne possono essere salvaguardate solo se anche le architetture esterne rispondono ai bisogni. Attraverso i sogni dei bambini e’ emerso l’elemento della nostalgia, del bisogno di continuita’ e di un grande vissuto di speranza. In loro e’ molto piu’ forte la capacita’ di immaginare il futuro- conclude la psicoterapeuta dell’eta’ evolutiva- se ci sono adulti che gli danno la possibilita’ di farlo’.
Lascia un commento