Alcuni analisti – tra cui il costituzionalista Gustavo Zagrebelsky – stanno citando una sentenza della Corte di Strasburgo, per commentare la modifica della legge elettorale a ridosso di probabili elezioni anticipate in Italia. La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, infatti, nel 2012 ha bocciato quella della Bulgaria, promulgata a poche settimane dal voto. Chi dice, però, che ciò potrebbe accadere anche in Italia, mente. O, quantomeno, esagera.
Ekoglasnost è un partito politico bulgaro che ha vinto un ricorso a Strasburgo dopo essere stato escluso dalle elezioni del 2005. La nuova legge elettorale, infatti, approvata a soli due mesi dalle politiche, prevedeva tre nuovi requisiti: un documento che attestasse il versamento di 20 mila lev bulgari (circa 10 mila euro); 5 mila firme di elettori a sostegno del candidato; un certificato della Corte dei Conti che certificasse la presentazione dei bilanci del partito dei tre anni precedenti. Elementi che Ekoglasnost non aveva presentato per mancanza di tempo. Nel 2012, la Corte gli ha dato ragione: non bocciando nel merito i tre requisiti, ma dichiarando che la tempistica con cui gli ultimi due erano stati applicati aveva violato la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo per ciò che riguarda le libere elezioni.
La Corte di Strasburgo si rifà alle decisioni della Commissione di Venezia: questa afferma infatti che il cambiamento di regole fondamentali del sistema elettorale meno di un anno prima delle elezioni può essere percepito come legato ad interessi di parte. Ma quali sono queste ‘regole fondamentali’? Secondo la Commissione: la modalità dello scrutinio, la composizione delle commissioni elettorali e la suddivisione in seggi elettorali delle circoscrizioni. Per la Corte europea dei Diritti dell’Uomo a queste vanno aggiunte anche le condizioni di presentazione dei partiti alle elezioni. E, nel caso bulgaro, proprio queste sarebbero state violate.
È quindi evidente come – sebbene anche l’Italia si trovi nella condizione di dover scrivere una legge elettorale a meno di un anno dalla tornata elettorale, e ciò sia deprecabile secondo i criteri citati – non ci troviamo nella situazione da cui è scaturita la sentenza.
Chi la cita, però, richiama implicitamente un elemento da tenere in considerazione anche nel Belpaese: una di quelle “regole fondamentali”, da non sovvertire in prossimità di elezioni, citate dalla Commissione di Venezia. Nel nostro caso, si tratta della suddivisione in seggi elettorali delle circoscrizioni. Che, rispetto all’ultima legge elettorale, cambierebbero.
Ecco quindi che ci sono i presupposti per un appello – esaurite le vie di ricorso in Italia – alla Corte di Strasburgo. Ma l’eventuale ricorrente avrebbe l’arduo compito di dimostrare che, a causa del mutamento delle circoscrizioni a meno di un anno dalla tornata elettorale, è stato leso il suo diritto a libere elezioni.
Giovanni Succhielli-Pressenza
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