“La pubblicità di alcuni pastifici italiani in cui si esalta l’importazione di grano straniero è un attacco all’Italia e al Made in Italy proprio nel momento in cui trecentomila agricoltori di cui oltre 20mila aziende abruzzesi che producono almeno 120 mila tonnellate di grano duro su circa 40mila ettari sono impegnati nella mietitura con un raccolto che quest’anno si preannuncia di una straordinaria qualità”. E’ quanto afferma la Coldiretti Abruzzo nel sottolineare che il “grano giramondo” dall’estero deve sopportare lo stress di lunghi trasporti ed è spesso sottoposto a trattamenti chimici vietati in Italia dove la maturazione avviene naturalmente con il sole.
“Siamo certi – sottolinea la Coldiretti – che i consumatori stanno prendendo coscienza di questa realtà e che le Istituzioni sapranno valutare attentamente la faziosità di questa campagna pubblicitaria affinchè finanziamenti pubblici vengano concessi solo a chi si impegna concretamente per la valorizzazione del Made in Italy, dal campo alla tavola. Affermare che è necessario importare grano duro dall’estero proprio nel momento della raccolta di quello nazionale è – continua la Coldiretti – una evidente furbizia di chi vuole sottopagare il grano italiano facendo chiudere le aziende, per poi far finta di lamentarsi che non se ne produce abbastanza”.
“Una scelta miope perché – precisa la Coldiretti – al di sotto dei costi di produzione non si può sopravvivere con il rischio concreto di alimentare un circolo vizioso che, se adesso provoca la delocalizzazione degli acquisti del grano, domani toccherà i molini e poi gli impianti industriali di produzione della pasta con la perdita di un sistema produttivo che genera ricchezza“.
“Da pochi centesimi al chilo in più concessi agli agricoltori – conclude la Coldiretti – dipende la sopravvivenza della filiera più rappresentativa del Made in Italy mentre i prezzi aumentano del 500% dal campo allo scaffale. La cerealicoltura abruzzese, ma anche quella italiana, è in pericolo e va tutelata per il bene di tutta l’economia agricola regionale fatta di tradizioni e di imprenditori, tra cui molti giovani, che proprio in questi ultimi anni stavano scommettendo sulla questa filiera riportando alla luce anche sementi antiche e varietà ormai scomparse dalle indubbie proprietà organolettiche”.
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