Intervento del sindaco di L’Aquila Pierluigi Biondi sulla Zona economica speciale.
Non può esserci sviluppo di una terra se questa viaggia a due velocità, soprattutto nell’Abruzzo che rischia di scivolare indietro rispetto al resto dell’Italia. La lungimiranza della previsione dell’istituzione di una Zona economica speciale (ZES), prevista dal decreto legge 91/2017, rappresenta una grande occasione per cui impegnarsi con visione e strategia compiute e condivise. Gli sgravi fiscali, sotto forma di credito d’imposta, alle imprese intenzionate a investire nella nostra regione possono e devono incidere in maniera strutturale verso iniziative realmente in grado di generare ricchezza. La risposta al riequilibrio dell’Abruzzo potrebbe essere una ZES in Valle Peligna, per esempio, dialogante con il sistema dei fondi del 4% della ricostruzione post terremoto all’Aquila. L’integrazione tra i due sistemi rappresenterebbe lo snodo centrale, contaminante di energia, idee e strumenti economici e di programmazione, capace di suscitare innovazione, vera prospettiva, presente e futuro di speranza.
A questo proposito, e a proposito delle proposte già avanzate, è bene sostenere il sistema portuale abruzzese, ma forse non la scelta più penetrante. Infatti, finanziare con la ZES una rete di servizi già esistenti piuttosto che utilizzarla per attrarre investimenti produttivi su territori che subiscono un gap oggettivo in termini di sviluppo e competitività porterebbe ad aumentare in maniera smisurata distanze già smaccatamente evidenti.
Ci sono aree d’Abruzzo che in maniera “visionaria” hanno investito su mercati in ascesa. Penso alla Val di Sangro con il Polo automotive. Penso alle occasioni offerte dal Programma per le aree di crisi industriale complessa promosso da Invitalia per la Val Vibrata. E’ evidente come lo sguardo d’insieme sull’Abruzzo, inteso come bacino produttivo e industriale, non sia nitido. Non offre ai nostri occhi un tratto armonico e deciso.
Si pensi che grazie all’introduzione della ZES sono state risollevate aree storicamente depresse d’Europa, dall’Irlanda alla Polonia, seppur in un contesto economico totalmente differente da quello italiano, e in particolare da quello del Mezzogiorno. Credo, allora, che l’esempio virtuoso di aree difficili, debba sostenerci in scelte coraggiose. Ritengo che sia coraggioso, infatti, chi decide di scommettere su un territorio complesso, dove le sfide risultano impossibili e gli obiettivi impraticabili, piuttosto che su aree già avviate e con un “core business” chiaro e inequivocabile.
Del resto, le anticipazioni del rapporto Svimez parlano di una flessione del Prodotto interno lordo, caratterizzata da una pesante contrazione del comparto agricolo e, soprattutto, della produzione industriale. Si prenda consapevolezza del baratro che rischia di inghiottire la nostra regione che, invece, ha le carte in regola per attuare un piano di sviluppo organico e prospettico. Investire dove è necessario: questo può e deve fare una classe dirigente preparata e audace.
Coraggioso, oggi, è chi progetta l’Abruzzo interno, chi crede che possa crescere, produrre, essere parte attiva di una rete più ampia, innervata di sempre migliori opportunità.
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