“La bassa occupazione giovanile è il vero tallone d’Achille del sistema economico e sociale italiano”. È quanto si legge negli Scenari economici del Centro studi di Confindustria.
“Nel rapporto con la popolazione di riferimento ha una distanza di 10-17 punti percentuali dalla media dell’area euro. Ciò sta inducendo flussi crescenti di emigrazione che producono una perdita di capitale umano stimata dal Csc in un punto di Pil all’anno, abbassando così il potenziale di sviluppo. Rappresenta una vera e propria emergenza“.
L’Italia ha già recuperato quasi un milione di posti di lavoro ma a fine del 2018 le unità di lavoro (Ula) saranno 780 mila sotto il livello pre-crisi. Lo conferma Luca Paolazzi, capo economista del Centro Studi di Confindustria. Negli Scenari economici presentati dal Csc si legge che nel biennio 2017-18 l’occupazione “continuerà a crescere, seppur con intensità lievemente inferiore rispetto al pil. Dopo il +1,4% del 2016, il Csc stima che le Ula aumenteranno dell’1,1% nel 2017 e dell’1% nel 2018. Alla fine dell’orizzonte previsivo torneranno a 24,4 milioni, 1,2 milioni sopra al minimo toccato a fine 2013, ma 780mila unità sotto il livello pre-crisi”. Inoltre “alla fine del biennio previsivo le persone occupate superano di 160 mila unità il livello pre-crisi”.
“Alla ripresa autunnale l’andamento dell’economia rimane molto favorevole”. Comincia così l’analisi del Centro studi di Confindustria (Csc) su ‘Le sfide della politica economica’ che oggi diffonde le nuove stime sulla crescita italiana. Anche per gli industriali le previsioni del pil sono riviste al rialzo: +1,5% nel 2017 e + 1,3% nel 2018 rispetto al +1,3% e +1,1% indicati tre mesi fa. “A fine 2018 il pil recupererà il terreno perduto con la seconda recessione (2011-13) ma sarà ancora del 4,7% inferiore al massimo toccato nel 2008”. Comunque, spiega il Csc, queste previsioni “potrebbero rivelarsi prudenti” e “non includono gli effetti della prossima legge di bilancio che è attesa migliorare i saldi dello 0,5% del pil”. Il settore trainante del recupero in corso è il manifatturiero però “le radici della lenta crescita italiana sono più antiche, profonde e diffuse. Il recupero in atto, più che alla revisione di alcune di queste radici, si deve al ciclico aggancio all’andamento europeo” e ciò ” non aiuta a migliorare la fiducia degli investitori nel paese”. Il gap di crescita con il resto dell’area euro è sì molti diminuito rispetto a due anni fa ma permane negativo.
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