L’Italia invecchia in fretta e male. E’ questa la fotografia che emerge dal rapporto Istat ‘Anziani: le condizioni di salute in Italia e nell’Unione Europea – Anno 2015′, che posiziona l’Italia tra i primi posti al mondo per invecchiamento della popolazione. Un dato preoccupante che, unito al crollo delle nascita, regala all’Italia un altro primato (europeo): quello dell’ ‘indice di dipendenza’, il rapporto tra la popolazione in età non attiva ( con una quota molto bassa di giovani e una quota di anziani tra le più elevate) e i lavoratori.
Ma la maggiore longevità non è segno di salute migliore. Se la speranza di vita degli italiani a 65 anni resta comunque di un anno superiore alla media Ue (18,9 anni per gli uomini e 22,2 per le donne nel 2015), dopo i 75 anni gli anziani in Italia vivono in condizioni di salute peggiori rispetto ai coetanei europei.
Per le patologie croniche, nel confronto con i dati Ue, emergono in generale migliori condizioni degli italiani tra i meno anziani (65-74 anni), con prevalenze più basse per quasi tutte le patologie e, all’opposto, condizioni peggiori oltre i 75 anni. Circa un anziano su due soffre di almeno una malattia cronica grave o è multicronico, con quote tra gli ultraottantenni rispettivamente di 59,0% e 64,0%.
Il 37,7% degli anziani riferisce di aver provato dolore fisico, da moderato a molto forte, nelle quattro settimane precedenti l’intervista, valore inferiore alla media Ue e simile a quanto rilevato per la Spagna. Il 23,1% degli anziani ha gravi limitazioni motorie, con uno svantaggio di soli 2 punti percentuali sulla media Ue, principalmente dovuto alla maggiore quota di donne molto anziane in Italia.
Le donne riportano meno frequentemente malattie croniche gravi ma più multicronicità e limitazioni motorie o sensoriali. Lamentano più degli uomini dolore fisico da moderato a molto forte (45,4% contro 27,6%). Tra le ultraottantenni la percentuale arriva al 58,6% a fronte del 39,2% degli uomini. In Italia la grave riduzione di autonomia personale riguarda oltre un anziano su dieci. Il fenomeno è in linea con la media dei paesi Ue per i 65-74enni, superiore tra gli over75, in particolare per le donne.
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