Anziani che non accedono alle residenze sanitarie o ai servizi domiciliari territoriali perche’ non se lo possono permettere, ma non abbastanza poveri per avere diritto all’esenzione. Famiglie non abbastanza ricche per poter pagare una badante ne’ abbastanza povere per accedere ai servizi. Indennita’ di accompagnamento troppo bassa per i casi piu’ gravi: in Italia e’ pari a 515 euro per tutti, mentre in altri Paesi e’ modulata in base alla gravita’. Il nesso tra non autosufficienza e impoverimento e’ uno dei problemi che emergono a livello territoriale quando si parla di anziani non autosufficienti e servizi. “Gli anziani oggi costituiscono la fascia di popolazione piu’ protetta rispetto alla poverta’ e che ha sofferto in misura meno acuta della recente crisi economica- ha spiegato Cristiano Gori, sociologo dell’Universita’ di Trento, nell’intervento di apertura della nona edizione del Forum sulla non autosufficienza (e sull’autonomia possibile) che si sta svolgendo a Bologna- Il rischio di poverta’ non colpisce indistintamente gli anziani, ma si rivolge in modo particolare a quelli non autosufficienti e alle loro famiglie”. Lo dicono anche i dati: nel 2006 le famiglie in poverta’ assoluta in Italia erano il 3,5%, nel 2016 sono il 6,3%. Le famiglie con almeno un anziano in poverta’ assoluta nel 2006 erano il 5%, oggi sono il 3,9%. Il rischio di cadere in poverta’ e’ piu’ alto (piu’ del doppio rispetto alla popolazione di riferimento) nei nuclei con persone anziane in cui la spesa per la cura supera il 20% del reddito familiare. “Le attuali politiche per la non autosufficienza si preoccupano della poverta’ ma non hanno tematizzato la connessione tra non autosufficienza e rischio di impoverimento- ha proseguito Gori- Bisogna spezzare questo legame, trovare un’equilibrio perche’ ognuno possa contribuire in base alle proprie possibilita’”
Altro problema e’ l’inadeguatezza dei servizi di accompagnamento degli anziani nel percorso di assistenza, a partire dalla presa in carico. “La prima cosa che chiedono le famiglie non e’ l’erogazione diretta del servizio ma l’accompagnamento al servizio, le informazioni- afferma Gori – Eppure, anche se e’ riconosciuto dagli anni Novanta e in tutte le politiche, spesso il servizio di informazione, sostegno all’accesso, counseling, non e’ adeguato. È la prima vittima dei tagli ai finanziamenti”. Si tratta di un problema che non riguarda solo l’Italia, ma anche altri Paesi con sistemi di welfare piu’ strutturati, “ma e’ una priorita’ ed e’ necessario individuare gli ostacoli, che riguardano la spesa pubblica, l’organizzazione, la difficolta’ di andare verso la comunita’, e disegnare risposte appropriate”. Diversificare la tipologia dei servizi. Il sistema dei servizi per la non autosufficienza ha vissuto la massima esplosione tra il 2000 e il 2010, poi la crisi ha messo in discussione tutto. “L’unico servizio che e’ cresciuto dopo il 2010 e’ l’assistenza domiciliare integrata, tutti gli altri sono calati- spiega Gori- e oggi nei territori ci si chiede se ci possiamo permettere il livello di qualita’ a cui siano arrivati”. Nei servizi di residenzialita’ la priorita’ e’ l’intensita’ della risposta che si da’ alle persone, piu’ che la copertura. Mentre nell’assistenza domiciliare integrata e’ il contrario: si punta sul numero di persone raggiunte.
“In gran parte della regioni si incrementa l’utenza sull’assistenza domiciliare integrata, non erogando un numero di prestazioni medio per anziano adeguato, mentre sulla residenzialita’ non cresce l’utenza ma l’intensita’, ogni anziano richiede piu’ assistenza- continua- C’e’ un enorme spazio tra questi due opposti al cui interno si puo’ rimodulare la rete dei servizi”. “Siamo nell’eta’ delle aspettative incerte, non del declino sicuro- ha concluso Gori- Cosa succedera’ nei prossimi anni dipende da quale attenzione la politica dara’ a questi temi. Come ci insegna la poverta’, su cui negli ultimi tre anni si e’ concentrato il dibattito politico, bisogna far uscire il tema e con l’impegno di tutti, farlo diventare una priorita’”.
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