Barattare i valori in cambio di consenso sfregia il volto di Paese fin qui noto per essere autenticamente solidale. Semina ingiustizie. Crea fratture evitabili. Offende il buon senso. Sul numero 51, domani in edicola, ‘Famiglia Cristiana’ traccia un bilancio di questo travagliata fine dell’anno denunciando la bocciatura dello ius soli e dello ius culturae: “Una politica che ha bisogno di emarginare 800 mila minori forse ha sbagliato mestiere”.
E registra le amare riflessioni del cardinale Angelo Bagnasco, alla vigilia di una campagna elettorale che si preannuncia dura, senza esclusione di colpi: “Chi ha responsabilità deve porsi su un gradino superiore rispetto agli interessi particolari“.
“Una brutta sconfitta per tutti”, titola il Primo Piano, l’editoriale che apre il giornale. Il vedere “cestinate le nuove norme” che avrebbero potuto rendere cittadini poco più di 800 mila bambini nati in Italia o arrivati qui prima del compimento dei 12 anni grazie allo ius culturae, “cioè frequentando, con promozione finale, un ciclo di studi di almeno cinque anni” genera amarezza. “Strumentalizzare questa materia è fare un torto all’intelligenza e al senso di umanità“, si legge ancora nel Primo Piano.
“E se le forze più razziste – Salvini in primis – da tempo lucrano consenso sulla pelle dei migranti, inquieta che anche forze più moderate inseguano il seggio elettorale. Dimenticando che compito di un vero statista non è governare sulla paura, ma aiutare le persone ad averne di meno. A fidarsi degli altri, delle istituzioni, del compagno di classe”.
L’Italia deve ritrovare la sua anima cristiana, “la radice del nostro stare insieme, che non esclude nessuno“, afferma il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova, già presidente della Conferenza episcopale italiana oggi presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali europee.
“La speranza è quella che l’Italia affronti i singoli problemi, che ci sono e sono anche gravi, non in modo settoriale, ma all’interno di una visione di ciò che è stata, è e vuole essere. Ho l’impressione che, strada facendo, il nostro Paese – e qui intendo anche e in primo luogo la politica -, si sia sempre più allontanato da una visione del volto dell’Italia – la sua storia, le sue tradizioni, le sue radici – e si sia molto perso in aspetti particolari. Che sono veri, ma che essendo particolari, non possono essere l’anima del Paese. Io spero che l’Italia, attraverso la classe politica, e tutte le forze responsabili che ci sono sul piano del lavoro, della cultura, della famiglia, possa, con l’aiuto delle comunità cristiane, ritrovare la propria anima. La propria anima cristiana, vorrei dire, che sta alla radice del nostro stare insieme e che non esclude nessuno, ma dialoga avendo qualcosa di bello da offrire”.
Quindi, un affondo. Alla domanda: guardando alla campagna che comincia che cosa teme, il cardinale Bagnasco risponde: “Di perdere di vista l’anima del Paese e quindi di essere incapaci di risolvere, alle radici, i problemi del lavoro, della famiglia, della scuola. E questo in nome della grande divinità sempre più imponente che è il consenso. Se la classe politica, come criterio del proprio agire e delle proprie decisioni, ha, primariamente, quello del consenso, sbaglia. Non è in grado di vedere il bene comune, ma solo quello particolare, o meglio l’interesse particolare La divinità del consenso deve essere assolutamente ridimensionata se non addirittura esclusa. Chi ha responsabilità deve porsi su un gradino superiore rispetto agli interessi particolari, questo è lo scopo della politica vera e alta, per vedere e conseguire il bene generale, quello di tutti. A prescindere dal consenso immediato”.
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