Umili artigiani, esempio di umanità e cultura del bene nella Calabria dei mestieri che scompaiono. Storie di persone comuni che hanno lavorato in silenzio per il bene comune. E che meritano tanto rispetto. E che vanno ricordati. Doverosamente. Perché senza memoria non c’è futuro. E’ morto a Gioiosa Jonica “Mastru Roccu” Totino, uno degli ultimi ciabattini calabresi. Aveva 94 anni. Era un Maestro artigiano, ma anche un Maestro di vita. Esempio luminoso per i giovani di ieri ed illuminante per i giovani di oggi e di domani. “Impegnarsi nel lavoro, per far bene nella vita. Purtroppo oggi ci sono mestieri che nessuno vuole più fare e il mio è uno di quelli che i giovani non seguono più. E mi dispiace. Ma finché posso continuerò a farlo. Perché buttare un paio di scarpe se si possono riparare? Risparmiate ragazzi, risparmiate!”
Consigli utili, più volte ripetuti, da un uomo che ha vissuto anni difficili. Sia nella sua Gioiosa che emigrante in Piemonte. Una grande esperienza giovanile quando i vecchi negli anni Cinquanta rappresentavano “ciò che è sopravvissuto alle tempeste; le quattro mura, i mobili, la biancheria, gli oggetti utili: un patrimonio. E quello che oggi un giovane consuma nella sua piccola vita quotidiana, è quanto a noi, a soldo a soldo, serviva per mettere insieme gli oggetti utili”, scriveva allora Corrado Alvaro.
Uomo Buono, uomo Giusto. Una grave perdita per la comunità di Gioiosa Jonica e non solo per la sua famiglia. Che tanto amava. E che tanto lo amava. “Sei stato un padre, un nonno, un amico e un compagno di vita. Hai lottato fino alla fine, con la forza che ti ha fatto andare avanti fin da quando è morto papà. Ora ho due bellissimi angeli lassù, per andare avanti e lottare, per raggiungere ciò che voi volevate che io raggiungessi. Riposa in pace angelo mio, sei e sarai sempre il mio secondo papà. Ti amo tanto”. Con queste parole d’amore e di riconoscenza e con l’impegno di continuare sulla strada che luminosamente ha tracciato con il buon esempio quotidiano, Anna Bruna Rodinò ha annunciato su facebook che il suo caro nonno e mio carissimo amico della bella gioventù gioiosana, “Mastru Roccu” Totino, non c’è più. Aveva 94 anni, l’ultimo “mastru scarparu” di Gioiosa. Se ne è andato un pezzo di storia della grande tradizione gioiosana dell’artigianato
Grandi Maestri. Veri Artisti nel realizzare le scarpe o i vestiti per donna e per uomo, nel lavorare il legno o il ferro. Tutti mestieri purtroppo scomparsi. Una notizia che mi riempie di tristezza. Quando tornavo a Gioiosa andavo spesso a trovare “Mastru Roccu”. Lo stimavo moltissimo. Era uno dei miei grandi punti di riferimento. Ed ogni incontro con lui era un ritorno al passato. E ritornavo bambino. Scrivo queste righe lontano da Gioiosa. Ma con il pensiero sono a Gioiosa. Sono accanto alla dolcissima e specialissima moglie, Maria Grazia Martino, che abbraccio forte, forte! Una grande donna, sarta apprezzatissima, “maista” (maestra) di generazioni di brave sartine gioiosane. Ma anche straordinaria erede e custode della civiltà contadina. E’ nata e cresciuta in una lontana e un tempo molto isolata contrada di Gioiosa.
Maria Grazia Martino, bella contadinella, grande lavoratrice, molto ammirata. Mi raccontò tempo fa come avvenne il fidanzamento. Con orgoglio. “Come era d’uso in quei tempi, la richiesta di matrimonio venne fatta ai miei genitori. Mia madre mi chiamò e mi disse: Ti vuoi sposare con questa persona che ha un bel mestiere e puoi andare a vivere in paese oppure vuoi che ti compri una pecora, la allevi e continui a vivere qui in montagna?”. La madre, con la saggezza della cultura contadina di un tempo, l’aveva messa di fronte ad un bivio: continuità nelle difficoltà che la vita in campagna presenta ogni giorno o cambiamento scendendo al paese, con nuove prospettive, dove le condizioni di vita sono migliori. Maria Grazia non ebbe esitazioni. “Scelsi di andare a vivere a Gioiosa, ma la mia campagna non l’ho abbandonata mai”. In paese è diventata una “maista” molto brava, molti clienti, molto amata. Aveva fatto la scelta giusta. Ma non aveva e non ha reciso le radici contadine. Floridissime. E continua ad occuparsi attivamente della terra che ha avuto in eredità dai genitori, nonostante l’età. “No, la terra non si deve abbandonare. Ora ci sono le comodità: la luce, l’acqua, la strada, guido la macchina, ho il cellulare sempre con me. Oggi ho piantato venti chili di patate”, ci disse un paio d’anni fa, quando la incontrammo in casa della mamma Caterina Papandrea, la nonnina ultracentenaria di Gioiosa Jonica, deceduta qualche tempo fa. Belle bandiere della civiltà contadina calabrese!
“Mastru Roccu”, anche se avanti con gli anni e con qualche acciacco, continuava a fare qualche lavoretto. Con grande emozione ho ritrovato poco fa una foto che gli ho fatto tre anni fa nella sua piccola bottega, testimonianza del bel tempo passato. Arnesi, ricordi, emozioni. Una vita per il lavoro. Un uomo buono. Un uomo forte. Un uomo onesto. Un uomo che non si è mai risparmiato. Che ha lavorato sempre, fino all’ultimo, fino a che ha avuto la forza. Voleva sentirsi attivo. Voleva rendersi utile. Essere di aiuto alla famiglia. La pensione era quella che era. “La foto è meglio che non la faccia vedere in giro. Altrimenti finisce che mi tolgono la pensione”, mi raccomandò. Ed io ho rispettato la sua volontà. La pubblico ora. E lo faccio con le lacrime agli occhi. Mi emoziono nel rivedere questo caro vecchietto, così fiero del suo lavoro e così dignitoso eternamente altruista. “Debbo aiutare le nipoti”, mi diceva spesso.
E le parole della nipote Anna Bruna, scritte con il cuore, sono la più bella e commovente conferma: “Sei e sarai sempre il mio secondo papà”. Come un padre. Mi torna alla mente Corrado Alvaro ed un suo scritto del marzo 1950, che ho letto proprio qualche giorno fa, sfogliando alcune pagine dell’archivio storico della Stampa. “Dicono che la società futura – scriveva il grande uomo di cultura di San Luca – sarà in prevalenza una società di vecchi, e ciò sulle statistiche le quali dicono che i confini della vita umana sono allargati. Dicono pure che i giovani dovranno essere allevati all’idea di dovere un giorno provvedere al mantenimento dei vecchi. Su questo ho qualche dubbio. Può darsi che la società in avvenire muti, e che venga fuori un mondo così capovolto e così innaturalmente ordinato. Dico innaturalmente, perché è un detto consacrato da secoli di esperienza che un padre anche poverissimo può bastare a provvedere alla vita di tre figli, ma tre figli non bastano a mantenere in vita un padre”. Aveva ragione Alvaro ad avere “qualche dubbio” nel 1950, visto come vanno le cose nel 2018! O no?
“Mastru Roccu” era un uomo sereno, pacato, trovava sempre le giuste parole. “Facimu beni, ca ricivimu beni!” (Facciamo del bene, così riceviamo del bene), ripeteva. E’ vero. C’è bisogno di tanto bene in quest’epoca in cui l’individualismo e l’egoismo sono purtroppo tanto diffusi. E non va bene. Il noi deve prevalere sull’io. Come sagge persone di ieri, tanto preziose oggi, ci hanno insegnato e ogni giorno ci insegnano con l’esempio. Amore, rispetto, lavoro, onestà. Non disperdiamolo questo patrimonio che ha consegnato idealmente a tutti noi “Mastru Roccu”.
Domenico Logozzo
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