Oltre 33mila casi ufficiali, un numero che in realta’ e’ pari a “cinque volte tanto” se si considera la paura di denunciare. Una tragedia che e’ diventata quasi consuetudine in uno Stato come quello del Messico, dove “non c’e’ giustizia”, in balia di narcotrafficanti e istituzioni corrotte.
Decine di migliaia di persone scomparse nel nulla, senza un perche’. Ma grazie alla tenacia di una mamma che non ha piu’ visto ritornare suo figlio a casa, ora una parte di Paese chiede, non senza fatica, la verita’ sui desaparecidos. A Bologna, ospite di Libera e dell’Universita’ di Bologna, questa battaglia la racconta Yolanda Moran Isais, fondatrice dell’associazione Fundem (Fuerzas unidas por nuestros desaparecidos en Mexico), movimento che riunisce le madri dei messicani scomparsi nel nulla.
L’attivista ha portato la sua storia agli studenti della facolta’ di Giurisprudenza, in sala Armi a Palazzo Malvezzi, durante l’incontro “Il Messico scomparso” promosso dall’associazione di don Ciotti e dal master universitario in Gestione e riutilizzo dei beni confiscati alle mafie “Pio La Torre”. Introdotto da Stefania Pellegrini, direttrice del master, e dal rettore dell’Alma mater Francesco Ubertini, l’incontro e’ stato voluto per “far crescere la consapevolezza di questo fenomeno e dare degli spunti di riflessione ai nostri studenti” spiega Ubertini. Allo stesso tempo pero’, per “sostenere questi popoli che hanno bisogno di far conoscere questi fenomeni e non buttarli sotto un manto di indifferenza” sottolinea Pellegrini.
Yolanda ha perso suo figlio Dan Jeremeel il 19 dicembre 2008. Dan e’ scomparso mentre si trovava a Torreon, nello stato di Coahuila. Pochi giorni piu’ tardi, il 4 gennaio 2009, e’ stata ritrovata la sua auto: alla guida c’era il tenente militare Ubaldo Gomez Fuentes. Il militare e’ stato arrestato. Il 25 marzo 2010 altri due esponenti dell’esercito coinvolti nella sparizione sono stati fermati. Poco piu’ tardi, pero’, i tre militari sono stati trovati morti in carcere: “La polizia non ha fatto niente all’inizio” racconta Yolanda, che recandosi presso il pubblico ministero per cercare informazioni su suo figlio, ha conosciuto altre madri che stavano vivendo lo stesso dramma. Da qui si sono ritrovate a marciare e a protestare per ritrovare i propri figli, al grido di “Ce li hanno portati via vivi, e vivi li rivogliamo”, nonostante la corruzione dilagante dello stato messicano “che non vuole vedere la realta’ dei fatti e fa finta che questa realta’ non esista”. Sono “al 99% madri lavoratrici, non provenienti da famiglie facoltose ” precisa. Cosi’ e’ nata l’associazione, che ora conta 604 madri e 50 gruppi in tutto il Paese. “Il loro urlo e’ stato ascoltato non solo in Messico ma anche in Europa. All’estero quando si parla di Messico si parla soltanto di Cancun, Acapulco, della ‘bella vita’, e invece c’e’ da sapere che esiste anche questa parte del Messico, molto piu’ profonda e che colpisce la maggioranza della popolazione”. Cosi’ Yolanda si e’ fatta portavoce di tutte loro, imbracciando una battaglia contro i silenzi complici dello Stato e contro la corruzione a piu’ livelli all’interno di istituzioni e forze dell’ordine messicane.
Una lotta, quella della mamma-attivista, che ha portato la spinta decisiva per l’entrata in vigore, il 17 novembre 2017, di una legge per evitare le scomparse forzate da parte di civili e militari, che riconosca i diritti dei desaparecidos e faccia luce sul fenomeno. Battaglia che pero’ la signora Moran Isais non vuole limitare al solo Messico: “Sono venuta qui non soltanto a rappresentare qui le madri messicane, ma anche quelle dei migranti centroamericani che cercano di attraversare il Messico per raggiungere gli Stati Uniti- afferma- che vengono uccisi, torturati, fatti sparire”.
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