Il WWF Abruzzo ha inviato questa mattina alla Regione le proprie osservazioni sul calendario venatorio per la stagione 2018/19. Le osservazioni partono da una premessa di carattere generale per poi scendere nei dettagli di alcune problematiche specifiche.
Nella premessa si sottolinea una ormai cronica inadempienza della Regione che, benché la legge consenta il prelievo venatorio sulla sola base del criterio della caccia programmata, continua a disattendere tale normativa “persino in merito alla redazione del più importante strumento di pianificazione faunistico-venatoria di cui dovrebbe dotarsi: il Piano Faunistico Venatorio Regionale, in prorogatio da oltre 10 anni (2007)”. Una grave carenza di pianificazione che è stata tra l’altro più volte censurata dai giudici amministrativi in varie sentenze emesse a seguito di ricorsi presentati dal WWF e che è ancora più grave visto che non ha mai visto la luce neppure l’Osservatorio Faunistico Regionale (OFR), importante strumento di studio monitoraggio e tutela previsto dalla legge regionale n. 10/2004.
Per queste ragioni il WWF ritiene che la Regione Abruzzo non possa legittimamente svolgere la propria azione amministrativa di programmazione dell’attività venatoria per la stagione 2018/19 in mancanza dei dati che attestino l’effettiva presenza della fauna sul proprio territorio: dati che non possono essere limitati a quelli cosiddetti “di carniere”, insufficienti per qualsiasi valutazione di merito.
In assenza di un quadro scientifico di riferimento sarebbe indispensabile richiamarsi al principio di precauzione (ribadito anche dalla recente Ordinanza del Consiglio di Stato n. 8713 del 2016) approvando un calendario venatorio che tenga conto della mancanza di dati che non permettono di superare i limiti della tutela stabiliti dall’ordinamento nazionale. In caso contrario, si creerebbe un grave danno alla fauna selvatica e agli equilibri biologici.
Scendendo nel dettaglio, il WWF ricorda di aver apprezzato, nel 2017, l’iniziativa presa dalla Giunta Regionale abruzzese di eliminare finalmente la preapertura a settembre e di effettuare una apertura unica al 1° ottobre. Purtroppo, nella proposta di calendario venatorio in esame, la Giunta Regionale reintroduce l’apertura dal 16 settembre, vanificando la scelta innovativa e coraggiosa dello scorso anno, dimenticando tra l’altro che l’apertura generale a ottobre era stata chiesta anche dall’ISPRA. Eliminando la preapertura torneranno a crearsi impatti negativi della caccia sulla fauna selvatica, anche su quella non cacciabile, in quanto, come è noto, a settembre molte specie sono ancora nella fase di cura della prole. Aumenterà il fenomeno del bracconaggio che avviene soprattutto quando la caccia è consentita solo ad alcune specie.
Il WWF ritiene inoltre che sia un grave errore prevedere di estendere la caccia alla Beccaccia sino al 10 gennaio nonostante i pareri contrari di ISPRA (vedi da ultimo quello con protocollo n. 35919 del 30/05/18) e la decisione dell’Ordinanza del Consiglio di Stato (n. 8713 del 2016) che chiedono di fissare come data ultima il 31 dicembre.
Il calendario venatorio proposto prevede inoltre la possibilità di estendere il periodo di caccia alla specie Colombaccio fino al 10 febbraio 2019. Ciò è incompatibile con le carenze di cognizioni scientifiche della Regione Abruzzo e delle Province, già in passato censurate dai giudici amministrativi che hanno evidenziato come l’estensione dei periodi di caccia non può essere decisa solo sulla base di alcuni dati relativi agli abbattimenti e senza un Piano Faunistico Venatorio vigente. La caccia a febbraio è estremamente dannosa e pertanto da non consentire.
Circa la caccia alla Coturnice, come già evidenziato in precedenti note indirizzate agli Uffici regionali e all’ISPRA, si spiega come recenti studi abbiano dimostrato una distribuzione della specie frammentaria e con nuclei tra loro isolati, situazione che implica uno scarso o assente scambio d’individui. In una tale situazione l’unica proposta possibile è la sospensione della caccia alla Coturnice in Abruzzo, per un periodo di tempo sufficiente alla raccolta di dati puntuali e aggiornati sulla diffusione e sul trend della specie.
Da alcuni anni l’ISPRA indica poi come sia indispensabile impedire la caccia vagante sul territorio dal 1° gennaio in poi, indistintamente dalle specie cacciate. Si ritiene infatti, giustamente, che in tal modo si riduca l’impatto dell’attività venatoria sul territorio e sulle specie animali in genere. Va dunque introdotta nel calendario una disposizione che preveda dal 1° gennaio la caccia sul territorio abruzzese possa essere esercitata esclusivamente sotto forma di appostamento fisso o temporaneo, peraltro ciò consentirebbe un migliore controllo dell’attività da parte degli organi di polizia.
Il WWF ricorda anche che, con Deliberazione n. 480 del 5/7/2018, la Regione Abruzzo ha approvato la perimetrazione dell’area contigua al Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise. È opportuno che il calendario in approvazione recepisca quanto definito dalla relativa normativa di attuazione. Va poi portato il carico venatorio a 1 a 40 in tutta la ZPE abruzzese del Parco, adeguandosi al carico di Lazio e Molise.
Ancora: va abolita la possibilità di effettuare la caccia in forma collettiva con l’utilizzo di tre cani (cosiddetta “mini-braccata”) nella Zona di Connessione ed Allargamento (ZPC) e vanno uniformate le modalità e le forme di caccia tra ZPC e ZPE (Zona di Protezione Eesterna al Parco d’Abruzzo), aree nelle quali è accertata la presenza dell’Orso Bruno Marsicano.
“Proprio per la salvaguardia dell’Orso bruno marsicano dal pericolo di estinzione vanno adottati provvedimenti più incisivi”, dichiara Dante Caserta, vicepresidente del WWF Italia. “Appare quanto mai opportuno estendere le misure previste per la ZPE a tutto l’areale dell’Orso nonché adottare nell’area contigua del Parco Nazionale d’Abruzzo tecniche di caccia a minor impatto (caccia di selezione). L’integrazione tra il calendario venatorio e il Piano d’Azione per la Tutela dell’Orso Marsicano (PATOM), deve essere reale e concreta se la tutela della specie rappresenta effettivamente una priorità. L’attuazione di pratiche venatorie a minor impatto non può essere, quindi, relegata alla sola ZPE, ma va estesa a tutto l’areale della specie a cominciare dall’introduzione del divieto di braccata al cinghiale a vantaggio di tecniche venatorie a minor impatto”.
“Siamo alle solite”, conclude Luciano Di Tizio, delegato WWF Abruzzo. “Se lo scorso anno era stato fatto qualche passo avanti in materia di gestione faunistica, la Regione Abruzzo sembra ora voler tornare indietro. Ribadiamo per l’ennesima volta che la fauna è patrimonio di tutti e non dei soli cacciatori e che la sua gestione deve essere svolta su basi scientifiche e nel rispetto delle normative di tutela. Ci aspettiamo che la Regione riveda il calendario prima di approvarlo, altrimenti saremmo costretti a ritornare nelle aule giudiziarie che finora hanno sempre visto la Regione soccombente”.
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