Riaperta oggi al pubblico e al culto la Chiesa di Santa Maria del Suffragio, nota come Anime Sante, simbolo del terremoto del 2009. L’evento è stato caratterizzato dalla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e dall’intervento dell’arcivescovo metropolita della città abruzzese, il card. Giuseppe Petrocchi.
“Saluto, con deferenza cordiale, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella; il Ministro degli affari esteri e incaricata per l’Europa della Repubblica francese, Sig.ra Nathalie Loiseau, l’Ambasciatore francese in Italia, Christian Masset; in rappresentanza del Governo italiano, il Sig. Ministro per i beni e le attività culturali, on. Alberto Bonisoli, accompagnato dal Sotto-Segretario, Gianluca Vacca. Saluto tutte le Autorità civili e militari.
Con un affetto speciale, saluto voi, carissimi bambini: vi abbraccio tutti e uno ad uno. Questa piazza oggi appare come un grande giardino, di cui siete i bellissimi fiori.
Quando si passa la porta che immette in questa chiesa, magnificamente restaurata e riportata al suo antico splendore, si resta affascinati dalla sua solennità e bellezza.
Si rimane subito avvolti in spazi maestosi ma al tempo stesso raccolti, in cui è possibile concentrarsi e pregare. Tutto è essenziale, ben curato e collegato con gusto collaudato. Si avverte pure che il coro degli elementi architettonici e decorativi canta lo stesso inno, alla centralità di Dio e al mistero salvifico della liturgia.
Secondo la filosofia classica la bellezza esprime la compiutezza della forma, che coniuga, in unità, la misurata concordanza delle parti. Infatti, in modo analogo a quanto avviene nella musica, anche nell’ambito architettonico gioca un ruolo centrale la categoria dell'”accordo”, che compone in armonia note diverse.
S. Tommaso d’Aquino parla dello “splendor formae” (cfr. I-II, q. 145, a.2) come caratteristica espressiva del bello. Tre, infatti, sono, a suo avviso, gli elementi costitutivi della bellezza: l’integrità, la proporzione e la chiarezza. Tale profonda riflessione trova in questo edificio un’avvincente conferma e un’ammirevole attuazione. Anche la fine composizione e l’accurato dosaggio dei colori rende questo edificio un capolavoro cromatico, da esplorare con cura e contemplare con intimo compiacimento. Infatti, ogni bellezza autentica – che salda il bene con la verità – è come uno specchio che riflette i raggi della gloria di Dio (cfr. Sap13,3).
Inoltre, trattandosi di una chiesa, abbiamo a che fare con “arte sacra”, in cui è essenziale il rinvio all’Assoluto e risuona intensa la sollecitazione a varcare la soglia di prospettive solo mondane per inoltrarsi negli orizzonti infiniti della Trascendenza. In particolare, questa chiesa parla della Pasqua del Signore, perché dedicata – allora come oggi – al “Suffragio” delle vittime di tutti i terremoti, che hanno tragicamente colpito la storia di questa Città.
Anche il tempo, che si materializza in questa struttura, è scandito nei suoi tre ritmi: passato, presente e futuro. L’inaugurazione del “nuovo”, infatti, non ci spinge a lasciarci il passato alle spalle, con il suo carico di sofferenza. L’eredità storica e culturale, custodita in questo edificio, la portiamo con noi: e ne facciamo costante memoria, sul versante cristiano umano. Infatti, «la memoria storica – scrive Giovanni Paolo II – narra il futuro. Non archeologicamente, ma creativamente, per far sorgere nuove forze per un rinnovamento globale sul piano spirituale, morale e politico».
Siamo partecipi di un evento importante, che rimarrà scritto a caratteri indelebili negli annali dell’Aquila. Zone della città devastate e “occupate” dallo “spettro” del terremoto, con il suo potere di morte, sono state liberate e restituite alla vita. Così è stato dato “scacco matto” al terribile sisma, che si è abbattuto su L’Aquila nel 2009: non solo ricostruendo dove ha prodotto rovine, ma traendo vantaggio proprio dai danni che esso ha arrecato. A restauro finito, infatti, la fisionomia di questo chiesa – che appartiene al tesoro identitario di L’Aquila – risulta migliore e più imponente: compare un “oltre” rispetto alla versione precedente, e un “di più” rispetto alla pienezza raggiunta nel recente passato.
In tale dimensione l’inaugurazione di questa chiesa, diventata simbolo del terremoto, supera il semplice perimetro del “recupero edilizio” e rende l’evento segno profetico di una “vittoria” sulla furia distruttiva del sisma, aprendo importanti varchi di speranza nel futuro della Città e nel suo sistema architettonico-urbanistico.
Ecco perché questa chiesa è un monumento alla tenacia e all’amore che sa risorgere: più forte di ogni spinta angosciante e disgregativa.
Queste mura raccontano una ricostruzione svolta in sinergia e con fattiva collaborazione. Impegno coniugato al plurale: avendo polarizzato sulla stessa meta molteplicità di competenze e di risorse.
Nelle visite precedenti – in corso d’opera – ho notato cantieri nel cantiere: sperimentazioni di tecniche innovative nel restauro e nella ingegneria strutturale. Impresa, questa, che richiede creatività, coordinamento e perseveranza intelligente. Per anni il cantiere è stato avvolto da un laborioso silenzio: pochi i rumori di polemiche o di corrosive contrapposizioni. Oggi quel silenzio ha parlato, e la sua voce è stata più forte del tuono.
Purtroppo, il pensiero non può non andare alla cattedrale di san Massimo. Nonostante l’apprezzabile volontà di “riscatto architettonico”, espressa da vari Soggetti pubblici, si vede – con dolore – che la ricostruzione del Duomo non è ancora partita. Tuttavia, recenti segnalazioni hanno alimentato l’attesa che i progetti di restauro vengano rapidamente messi in opera.
Il felice evento, che oggi celebriamo, parla italiano e parla francese: ma in realtà, proprio per questo, parla “europeo”.
La Sua presenza, Presidente, la partecipazione di prestigiose Cariche della Repubblica Francese, come anche l’intervento di Rappresentanti del Governo e di Istituzioni a livello regionale, provinciale e municipale, testimoniano che l’odierna inaugurazione assume un alto profilo valoriale anche nell’ambito delle relazioni internazionali, poiché viene ulteriormente siglata l’intesa fattiva che unisce i nostri Popoli.
Un grazie cordiale va a quanti hanno consentito il raggiungimento di questo prestigioso traguardo: Dirigenti, Funzionari, Maestranze. Lo stesso grazie è rivolto a coloro che, formando oggi questa assemblea (specialmente i bambini), fanno da vivace corona alla festa che stiamo vivendo. Anche a nome della Comunità ecclesiale aquilana, mi si consenta di esprimere una speciale riconoscenza agli Amici francesi che con sollecitudine generosa hanno contribuito alla riapertura di questo edificio sacro. Il messaggio, che oggi si innalza da questa piazza, è destinato a superare i confini della nostra Città e testimonia che solo la fratellanza tra le Nazioni consente di vincere le sfide, spesso drammatiche, che attraversano la nostra storia e apre, per il futuro, vie sicure di solidarietà, di giustizia e di pace”. E’ quanto ha detto nel suo intervento il card. Petrocchi.
Foto: Manuel Romano-NurPhoto srl
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