La sonda Rosetta dell’Agenzia spaziale europea (Esa) è stata la prima ad aver scortato da vicino una cometa durante il suo viaggio intorno al Sole.
Tra le molte scoperte fatte sulla cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko, Rosetta ha anche ottenuto misurazioni dirette e continue della temperatura superficiale di un nucleo cometario con una definizione senza precedenti. Lo strumento Virtis (Visible and Infrared Thermal Imaging Spectrometer) a bordo dell’orbiter di Rosetta ha acquisito immagini infrarosse del nucleo della cometa, che sono state po ioi trasformate in mappe termiche. Un team di ricercatori guidato da Federico Tosi dell’Inaf-Iaps di Roma ha analizzato queste mappe per studiare i cambiamenti della temperatura del nucleo per quasi due mesi ad agosto e settembre 2014, circa un anno prima del passaggio della cometa al perielio, ovvero al punto della sua orbita più prossimo al Sole. I risultati sono stati pubblicati in un articolo nell’ultimo numero della rivista Nature Astronomy.
«L’analisi dei dati ci ha svelato che le temperature superficiali sono il risultato dello stato chimico e fisico del materiale più prossimo alla superficie, dello spessore di pochi centimetri al massimo» commenta Tosi. «Le variazioni diurne e/o stagionali di temperatura influenzano in maniera molto limitata gli strati a profondità maggiori di un metro. Nonostante la perdita di gas e polveri ad ogni passaggio vicino al Sole, la parte interna del nucleo è quindi sostanzialmente primitiva».
Il team ha inizialmente misurato la temperatura media del nucleo della cometa sul suo lato illuminato. Mentre la temperatura superficiale media in questo periodo era di circa 213 kelvin, ovvero –60 gradi celsius, sono stati individuati punti specifici “caldi” con temperature che salgono fino a –43 gradi celsius. Queste regioni corrispondono a una fossa, ovvero un affondamento della superficie in cui le pareti interne, riflettendo il calore, danno origine a un fenomeno chiamato “auto-riscaldamento”.
Misure così accurate della temperatura del nucleo della 67P sono state possibili grazie alle qualità dei dati di Virtis, spettrometro sviluppato per lo studio della composizione della superficie cometaria, uno strumento realizzato da un consorzio internazionale italo-franco-tedesco sotto la responsabilità dell’Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziali dell’Inaf, con il contributo italianosupportato dall’Asi, l’Agenzia spaziale italiana
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