Maurizio Fiasco, Sociologo e Consulente della Consulta Nazionale Antiusura, è intervenuto ai microfoni della trasmissione “L’Italia s’è desta” condotta dal direttore Gianluca Fabi, Matteo Torrioli e Daniel Moretti su Radio Cusano Campus, emittente dell’Università Niccolò Cusano.
Sulla percezione della sicurezza in Italia. “Il linguaggio dell’insicurezza e della paura è uno dei più comunicativi ed efficaci, purtroppo viene inflazionato, replicato mille volte –ha affermato Fiasco-. Quello della paura e della criminalità è anche un genere di intrattenimento, basti pensare a quante trasmissioni televisive vengono dedicate a questi temi. Aprire i rubinetti della paura e farne uscire tanta è una tentazione a cui pochi saranno resistere. Facendo un discorso razionale, tutte le società occidentali avanzate conoscono una netta regressione dei fenomeni di violenza, criminalità comune e organizzate. L’umanità europea oggi gode di un livello di sicurezza che negli ultimi decenni non ha mai vissuto. C’è poco lavoro per i criminologi, per gli scrittori di copioni. L’ultimo serial killer è stato condannato in Italia nel 1998 per reati commessi dieci anni prima. Gli italiani però sono intossicati dal prodotto della paura: si governa attraverso la paura, si vendono libri, si tengono incollate persone alla tv. Sono passati decenni da Cogne, Erba, Avetrana, ma questi fattacci vengono riproposti di continuo. Gli anziani sono calamitati nello spettacolo pomeridiano della paura. C’è una curva degli argomenti sui media: la mattina si è razionali e si danno notizie vicine alla vita quotidiana, poi man mano che si va avanti con la giornata arriva il nero, o se vogliamo il giallo. Il mercato della paura attecchisce in una situazione di disagio economico e sociale. L’indebitamento di massa delle famiglie, l’impoverimento del ceto medio, la solitudine degli anziani, la digitalizzazione che crea un’esclusione sociale degli anziani. Su questa inquietudine si costruiscono una falsa coscienza ed un bersaglio. Alcune violenze sono quasi scomparse, altre resistono: le violenze nelle liti di condominio, di vicinato, le violenze intrafamiliari. Il dato preoccupante è che non diminuiscono le violenze contro se stessi, gli omicidi diminuiscono ma i suicidi sono rimasti invariati”.
Sulle risposte alla richiesta di sicurezza. “Non può esserci una risposta simbolica al bisogno di sicurezza. Come funzionano i servizi di polizia in Italia? Cosa accade all’anziano che ha subito una truffa e va a denunciarla? C’è l’operatore supportivo empatico che si fa carico oppure viene accolto in modo burocratico venendo scoraggiato dalla denuncia? Quale rilievo viene fatto quando si subisce un furto in un appartamento? Non viene fatto neanche un sopralluogo. Il problema è quello della qualità del servizio. Il bisogno di sicurezza va soddisfatto con la qualità dei servizi, con un’azione non simbolica ma pratica. La prima elaborazione del trauma di aver subito un furto in casa te la dà il poliziotto che viene a fare un sopralluogo. Più che il danno materiale, il danno è psicologico. Cosa gli diciamo all’ottantenne? Comprati una pistola e spara al ladro che ti entra in casa? A Chieti un medico è stato massacrato di botte in casa, si scopre dopo questo episodio che c’erano stati in quel circondario altri episodi simili e nessuno aveva fatto una connessione e sviluppato investigazioni. Dopo il caso del medico, i colpevoli sono stati trovati in 24 ore. Il tema non è lanciare proclami e dare risposte simboliche, il tema è quello di far funzionare lo Stato in termini di servizio. Vogliamo surrogare con lo spettacolo della paura un diritto alla sicurezza reale che deve essere soddisfatto dallo Stato?
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