“Non eravamo lontani dalla verita’ quando nel 2017 ci rifiutammo di votare la legge sulle DAT, perche’ conteneva evidenti ed esplicite aperture in senso eutanasico. Ci ha dato ragione la sentenza 242/ 2019 della Corte Costituzionale che riconduce esattamente a quella legge la sua apertura al Suicidio assistito. E lo conferma il Consiglio nazionale della Federazione degli Ordini dei medici che ha appena approvato gli indirizzi applicativi dell’articolo 17 del suo Codice deontologico, dopo la sentenza della Consulta”. Lo afferma la senatrice Paola Binetti, UDC, medico e psicoterapeuta, che continua: “Il medico non sara’ piu’ punibile dal punto di vista disciplinare se e quando sceglie di agevolare il suicidio, ove ricorrano le condizioni poste dalla Corte, alla luce della legge 219/17. Il medico non sara’ piu’ punibile. Sulla base del principio di autodeterminazione dell’individuo, vero snodo della legge 219, il proposito di suicidio autonomamente e liberamente formatosi da parte di una persona diventa in un certo senso prassi attuativa per il medico. E questo imporra nuovi canoni nella formazione del medico, nuovi modelli nella struttura organizzativa degli ospedali, e soprattutto una rilettura della relazione medico-paziente in una chiave decisamente diversa da quanto finora accaduto. Per il medico diventa fondamentale accogliere la volonta’ del paziente, anche se andasse contro i suoi principi deontologici. E’ vero puo’ sempre ribellarsi e dire no”.
“Ma- continua la senatrice centrista- la legge 219 non prevede obiezione di coscienza, perche’ a suo tempo i suoi fautori sostenevano che mai e poi mai al medico si sarebbe potuto chiedere qualcosa che andasse contro coscienza. La legge, secondo loro, non lo prevedeva esplicitamente anche se era tutto scritto tra le righe. Gli ospedali dovranno prevedere stanze, reparti?, luoghi, in cui il paziente possa andare a morire richiedendo un suicidio medicalmente assistito. D’altra parte e’ cosi’ che si fa in Svizzera. E i letti, sempre troppo pochi per chi vuole ricoverarsi per curarsi, saranno sempre meno, le risorse sempre meno, il personale sempre meno. La cultura della morte drenera’ risorse a tutti livelli: da quelle logistiche a quelle economiche e perche’ no a quelle scientifiche. Farmaci sempre piu’ potenti per far morire sempre e’ piu’ velocemente la gente. Occorreranno crediti formativi ad hoc per insegnare ai medici come si fa a far morire un paziente velocemente e con il minor livello di sofferenze possibili. Qualcuno chiedera’ una specializzazione, dei master, un dottorato di ricerca e magari un primariato. Morire e’ una cosa seria; ma vivere lo e’ molto di piu’. Peccato che la FNOMCEO non abbia fatto nessun riferimento alla necessita’ di potenziare le cure palliative, di migliorare l’assistenza psicologica ai malati, e di valorizzare la rete dei rapporti familiari, compresi quelli che sul piano della solidarieta’ coinvolgono anche amici e volontariato. Nessuna parola per chi vuole continuare a vivere, anche quando vivere e’ difficile e tutte le porte spalancate per chi vuol morire e per essere sicuro di morire vuole un suicidio medicalmente assistito, con medico accanto. Gli studenti non si iscriveranno piu’ a medicina solo per aiutare i malati a guarire, o almeno a curarsi, ma anche per aiutarli a morire accelerando la loro morte. Una rivoluzione copernicana che da vecchi medici, per di piu’ psichiatri, non avremmo mai voluto vedere ne’ vivere”, conclude Binetti.
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