Ogni giorno le persone si siedono ed aspettano il report della protezione civile, ed ogni giorno l’angoscia aumenta parimenti ai numeri che si innalzano comparendo sullo schermo. Cosa accadra’ quando questi bollettini finiranno e torneremo alla vita normale? “Noi psicologi sappiamo come la dimensione collettiva di un fenomeno la si deduce dalle conseguenze sulle persone, allo stesso modo in cui un sintomo determina conseguenze sull’individuo che ne e’ portatore. Questo virus ci ha portato a misure estreme, che toccano due capisaldi della dimensione vitale: ci ha costretti all’isolamento, interrompendo le nostra necessita’ relazionali legate ad ‘avere un corpo’, e ha attivato una vera e propria angoscia nutritiva, che vede file lunghe formarsi fuori dai supermercati appena l’informazione ‘virale’ comunica che chiuderanno anch’essi, magari per qualche ora. È una situazione simile ad una guerra, dove l’archetipo legato alla dimensione vita/morte si attiva, grazie all’isolamento e alla solitudine che necessariamente il collettivo richiede”. Parla alla Dire Mara Breno, psicoterapeuta di Milano, docente e supervisore della Scuola di specializzazionedell’Istituto Aneb (Associazione nazionale di ecobiopsicologia). “Tutto cio’ inoltre apre una prospettiva ulteriormente destabilizzante, legata alla crisi che si profila nel mondo del lavoro e dell’economia- continua Breno- che rende impotente il nostro Io collettivo, ponendogli una riflessione su un futuro che dovra’ necessariamente cambiare la propria visione del mondo”. L’incertezza, a partire dal non sapere quanto durera’ e cosa potra’ accadere dopo, “genera ansia, stress, paura e in chi e’ piu’ reattivo, rabbia. La coda di malessere che tutto questo portera’ – spiega la terapeuta- occupera’ i professionisti della salute che potranno trovarsi a trattare sintomi post-traumatici o seguenti a un lutto reale o esperienziale, come depressione e ansia. Come dopo un terremoto, lo shock, la paura, il panico sono reazioni naturali alla catastrofe – la paura, infatti, e’ una reazione istintiva e sana al pericolo – vedremo alcune persone rispondere con una maggior resilienza, mentre altre, forse la maggior parte, non sara’ in grado di affrontare il cambiamento, e dara’ segnali significativi di disagio”.
Quando accade qualcosa di traumatico, o comunque costrittivo di questa entita’, “inevitabilmente va ad attivare quei traumi primari, relazionali, che abbiamo registrato nella nostra memoria implicita- spiega la docente della Scuola Aneb- e che in base alla loro entita’ mettono in campo le nostre risorse oppure no”. Quali conseguenze tragiche puo’ portare allora una pandemia? “Possiamo provare a immaginarle attraverso la conoscenza di cos’e’ un virus? – chiede la psicoterapeuta- È innanzitutto una fonte informativa che evolutivamente si colloca tra le forme non viventi e le forme viventi. È una particella formata da Rna o Dna con attorno una capsula proteica. Quando arriva su una cellula- spiega- fa penetrare il suo Dna e induce gli organi della cellula a lavorare per lui, cioe’ a riprodurre se stesso. Ma la cellula rispetto al virus ha una sua identita’ vitale ben precisa, costituita dalla sua capacita’ di adattarsi al suo ambiente, di entrarvi in relazione, di nutrirsi, di autoriprodursi e autoripararsi. Secondo una lettura ecobiopsicologica, che analogicamente rapporta cio’ che accade nell’infrarosso del corpo all’ultravioletto delle produzioni psichiche, la riflessione che possiamo porre e’ questa: la cellula ha i suoi ‘organi’ che la fanno vivere, cosi’ come la psiche ha analoghi ‘organi’ che la fanno vivere. Le nostre idee emotive sono guidate dai valori, dalle attitudini e dall’appartenenza sociale”. Cosa potrebbe significare questo virus rapportato alla nostra psiche collettiva, quali valori e appartenenze sta facendo scricchiolare? “Collettivamente non abbiamo una risposta certa, poiche’ un simbolo non esaurisce la sua espressivita’ in un unico significato. Potremmo chiederci se dipenda dall’individualismo che la nostra societa’ ha prodotto rispetto all’esigenza di individuazione dell’essere umano- continua Breno- o se siamo davanti ad una ideologia consumistica che viene messa in crisi”.
La psicoterapeuta Aneb fa riferimento a quel sistema economico per cui “appena arrivano i saldi molti comprano tre abiti al prezzo di uno, anche se ne hanno bisogno solo di uno. E questo implica fabbriche in piu’ per produrre, a cascata determina nell’ambiente un aumento di CO2, la quale accumulata scioglie i ghiacci del Polo Nord e secondo gli scienziati entro il 2080/2100 se non cambiano l’economia rendendola ecocompatibile ed ecosostenibile, lo scioglimento dei ghiacci innalzera’ il livello dei mari da tre a sei metri. Cio’ significa, ad esempio, che tutte le citta’ sulla costa spariranno e, per rimanere in Italia, tutta la pianura padana sara’ invasa dalle acque del mare con conseguenze devastanti”. Questo ragionamento potrebbe continuare, facendone riferimento ad “altre ideologie o ricerca di ‘status’ sociali come riconoscimento identitario. Se i segnali collettivi sono ad esempio questi- precisa Breno- potremo noi ascoltarli e andare verso un’economia che possa diventare ecosostenibile? Potremo rispettare il mondo Di Gaia, un ecosistema vivo che si autoregola esattamente come le specie viventi che la popolano, di cui l’uomo fa parte? E infine- sottolinea- possiamo pensare che attraverso questa pandemia che ci porta a stare isolati, a consumare meno, il singolo individuo sia in grado, quando torneremo a una vita normale, non solo di curare i traumi personali inevitabilmente attivati, ma anche di contribuire ad una coscienza collettiva che cambiando possa integrarsi con Gaia?”. Peter Russel, fisico e psicologo, esperto di informatica e di meditazioni, auspico’ alla fine degli Anni 90 questo potenziale cambiamento interiore, nominandolo come “il sorgere di un ‘superorganismo sociale’, in cui il singolo e il gruppo avvertiranno la loro appartenenza alla Terra, in un unico sistema in cui siamo interconnessi. In questo- conclude- credo che noi professionisti della salute potremo contribuire molto”.
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