Dalla scoperta della maternita’ al parto le donne in gravidanza vivono quella che in termini tecnici si chiama ‘trasparenza psichica’, una sorta di maggiore vulnerabilita’ emotiva determinata dal fatto che tutte le energie sono canalizzate verso il bambino. Ma cosa succede se su questa condizione di aumentata suscettibilita’ si innestano le preoccupazioni legate al contagio da coronavirus e ai vissuti di isolamento dovuti al lockdown? Secondo Magda Di Renzo, analista junghiana, psicoterapeuta dell’eta’ evolutiva e responsabile Terapie dell’Istituto di Ortofonologia (IdO), per comprendere a fondo le paure che popolano le menti delle donne che stanno vivendo la gravidanza in quarantena occorre, innanzitutto, distinguere le fasi della gestazione. Tenendo presente che, “in casi di donne che hanno una maggiore vulnerabilita’- spiega all’agenzia Dire Di Renzo- il non sentirsi sostenute potrebbe portare ad un maggior rischio di sviluppare una depressione post partum”, ma che, allo stesso tempo, “il fatto di non avere degli appoggi attiva resilienze che in condizioni normali non sarebbero state attivate”. “La gravidanza e’ il periodo dell’esistenza in cui si ha maggiormente bisogno di una condivisione e di un contenimento, cioe’ di avere accanto le persone- continua l’analista- Per una donna il momento della gravidanza e’ la riattivazione della sua dimensione di figlia. C’e’ un bisogno di partecipazione, di riavvicinarsi alla figura materna, che sia stata positiva o negativa nel passato. Quindi, essere lontane, non poter condividere con la madre, con gli amici, questo momento e’ un grande problema”. È il caso di Claudia, che nello speciale dell’Agenzia Dire dedicato alla maternita’ in quarantena, aveva raccontato la frustrazione di aver scoperto di essere incinta senza poter aver vicino sua madre. Se fino al quarto mese, da parte della donna, “c’e’ un assestarsi nella condizione- prosegue la psicoterapeuta- dal quarto al settimo sono molto fertili le fantasie sul futuro bambino”, che “oggi sono state in qualche modo contaminate da questo problema esterno”, dalla “preoccupazione del collettivo”. In piu’, molte “hanno avuto difficolta’ nel preparare le cose per il bambino, perche’ i negozi sono chiusi. Sembrano sciocchezze- sottolinea la psicoterapeuta- ma sono, invece, degli elementi determinanti, perche’ e’ un modo di pensare al bambino che verra’”. L’elemento piu’ insidioso per chi, invece, sta affrontando il parto in emergenza Covid-19 “e’ il fatto di essere sole. Per alcune e’ stata possibile la presenza del marito, per altre no”, e anche il dopo parto, “il momento in cui ci dovrebbe essere la festa, l’iniziazione del bambino al mondo”, e’ stato sostituito dalla condivisione virtuale di immagini foto e video inviati ad amici e parenti. Per questo, avverte Di Renzo, occorre valorizzare e avere “un rapporto piu’ umile con la tecnologia, che ci ha salvato in questo momento, dandoci una grande possibilita’”, anche se “avere accanto la propria madre che ti aiuta e’ un’altra cosa”. È la funzione simbolica protettiva del futuro padre, “centrale” fin dai primi mesi di gravidanza, a venir meno per le donne che sono costrette a partorire senza il proprio marito o compagno accanto. “Hanno paura di rimanere sole durante il parto perche’ arrivano in questa condizione di isolamento nei giorni che lo precedono con un senso abbandonico- sottolinea la responsabile Terapie di IdO- La vulnerabilita’ emotiva che la donna gravida vive necessita di un contenimento, la vicinanza fisica e’ una vicinanza alla paura di quel momento, al vivere un’esperienza ignota, come nel caso del primo parto”. Quindi, “la mancanza della figura del futuro padre viene vissuta come un’esperienza abbandonica. I padri che hanno potuto assistere, perche’ moltissime strutture sanitarie, dobbiamo dirlo, lo hanno permesso- insiste Di Renzo- hanno assolto alla loro funzione e sicuramente queste donne si sono sentite piu’ protette, perche’ la figura paterna e’ simbolicamente fondante”. Una direttiva nazionale per tutti gli ospedali, in questo senso, “aiuterebbe, anche se nelle situazioni di emergenza, sia in ambito sanitario che non, si attivano da parte di tutti delle straordinarie resilienze e molte gestanti sono riuscite a portare avanti controlli ed ecografie senza sentirsi abbandonate”. Secondo di Di Renzo, le neomamme in quarantena devono sentirsi un po’ speciali, come i loro piccoli: “Sono bambini che nonostante tutto sono venuti fuori, che ce l’hanno fatta, sono madri che sono state capaci di proteggerli. Io ne farei un inno positivo- osserva- affinche’ quelle ansie che hanno costellato questi mesi diventino una grande risorsa per le mamme e per i loro bambini”. E allora si’ alla ricerca della vicinanza del marito o del compagno, “un elemento protettivo importante”, e si’ a tutta una serie di attivita’ positive che vanno dall'”ascolto della musica, ai corsi di preparazione al parto online, ai piccoli movimenti, agli esercizi di yoga”. Importante, sottolinea la psicoterapeuta, “mantenere i contatti con amici, parenti e donne nella stessa condizione, attraverso la tecnologia”, ma anche “occupare il tempo con qualcosa di creativo” e fare tesoro di questo periodo di isolamento. Perche’ “c’e’ una maggiore calma delle madri e questo e’ sicuramente un vantaggio per il bambino”. Avendo sempre ben presente, conclude Di Renzo, “che il feto non viene attaccato dal virus: un elemento fondamentale”.
Coronavirus. Psicoterapeuta: “Future mamme in quarantena, speciali e più resilienti”
Dalla scoperta della maternita’ al parto le donne in gravidanza vivono quella che in termini tecnici si chiama ‘trasparenza psichica’, una sorta di maggiore vulnerabilita’ emotiva determinata dal fatto che tutte le energie sono canalizzate verso il bambino. Ma cosa succede se su questa condizione di aumentata suscettibilita’ si innestano le preoccupazioni legate al contagio […]
Lascia un commento