“Il virus respiratorio sinciziale (la principale causa di bronchiolite, ndr) e il Sars-CoV-2 si comportano diversamente nei confronti dei bambini: il primo colpisce soprattutto sotto i 2 anni di vita, il secondo invece colpisce in particolare gli adulti dopo i 60 anni. Tuttavia, entrambi i virus possono causare un danno maggiore a distanza dal primo contatto dall’infezione. Il virus respiratorio sinciziale puo’ predisporre a wheezing (respiro sibilante, ndr) ricorrenti e asma; il Sars-CoV-2 invece puo’ determinare a breve distanza dal primo contatto la sindrome infiammatoria multisistemica”. A mettere a confronto i due virus e’ Antonello Del Vecchio, neonatologo e tesoriere della Societa’ italiana di pediatria (Sip), nel corso del congresso straordinario ‘La Pediatria italiana e la pandemia da Sars-COV-2″.
Se sui sintomi i due virus sono pressoche’ sovrapponibili, “ricordando quelli dell’influenza”, dal punto di vista delle complicanze, precisa Del Vecchio, “nel Sars-CoV-2 come fattore di rischio vengono presi in considerazione soprattutto l’immunosoppressione e l’obesita’, mentre nel virus respiratorio sinciziale c’e’ tutta una serie di rischi che possono essere associati alla maggiore suscettibilita’ all’infezione”. Tra le differenze poi c’e’ il periodo d’incubazione: “14 giorni per il Covid e 3-7 giorni per l’altro- spiega il neonatologo- Il periodo di massima contagiosita’ per il Sars-CoV-2 va dalle 48 ore precedenti la comparsa dei sintomi fino a 10 giorni dopo; cosi’ non e’ per quello respiratorio sinciziale, che e’ fino a 3-8 giorni dopo la comparsa dei sintomi”. Le precauzioni “sono pressoche’ analoghe per entrambi i virus- spiega Del Vecchio-quindi distanziamento, mascherina e tutto quello che serve per evitare il contatto diretto con droplets, con oggetti contaminati e soprattutto il contatto diretto da persona a persona”.
Il virus respiratorio sinciziale puo’ causare una bronchiolite piu’ o meno severa, “responsabile del 3% delle ospedalizzazioni del primo anno di vita e del 18% di tutte le ospedalizzazioni negli Stati Uniti- evidenzia il neonatologo- il 10-12% di questi bambini necessita di cure intensive. L’immunita’ non e’ affatto duratura. È possibile la reinfezione, anzi e’ molto comune e in alcuni casi puo’ anche avvenire nella stessa stagione epidemica.
Quello che piu’ preoccupa nella bronchiolite sono le sequele una volta esaurito il disagio dell’ospedalizzazione- precisa il medico- La bronchiolite da virus respiratorio sinciziale gioca un ruolo causale molto importante nello sviluppo del successivo recurrent wheeze e anche dell’asma”. Per quanto riguarda i fattori di rischio “c’e’ l’eta’ inferiore ai 6 mesi, la nascita pretermine, la broncodisplasia legata a cardiopatie congenite, se vi e’ immunodeficenza o immunosoppressione, che si tratti della prima o seconda infezione da virus respiratorio sinciziale, le vie aeree piuttosto strette, basso peso alla nascita e come ultimo punto l’eta’ fragile, la senilita’ poiche il virus e’ in grado di lambire i piu’ anziani e puo’ creare dei danni che nel soggetto meno anziano non si vedranno”.
L’infezione da Covid-19 “si puo’ dividere in 3 fasi- spiega Del Vecchio- una con i sintomi classici influenzali, una fase critica quando c’e’, ed una di recupero e guarigione. Ma queste 3 fasi nel bambino raramente riusciamo a vederle. Quello che ci preoccupa di piu’ nel bambino e’ la sindrome infiammatoria multisistemica. Ci preoccupa- precisa- perche’ puo’ diventare veramente grave, puo’ associarsi anche a manifestazioni che richiedono interventi di terapia intensiva, puo’ colpire il cuore, i polmoni, i vasi, i reni, il sistema cerebrale”. Perche’ i bambini si ammalano meno di Covid? Del Vecchio ricorda che “il Sars-CoV-2 per entrare nella cellula utilizza il recettore ACE2, che sarebbe l’enzima che converte l’angiotensina 2 in angiotensina 1-7, quell’enzima ACE2 e’ molto poco rappresentato sulle cellule della mucosa respiratoria nasale rispetto a quella dell’adulto. Questo significa che il bambino puo’ essere molto meno suscettibile di infezione da Sars-CoV-2 pur avendo la stessa carica virale, pur avendo la stessa quantita’ di virus nelle proprie vie aeree e non si ammala quanto l’adulto perche’ in realta’ di virus ne penetra meno, in quanto il recettore e’ meno rappresentato. Questo recettore- dice- enzima che converte l’angiotensina II in angiotensina 1, e’ molto importante anche nella concentrazione sulle superfici cellulari delle due angiotensine. In particolare, l’angiotensina 2 e’ sicuramente deleteria, potendo aumentare la permeabilita’ polmonare e, quindi, peggiorare il danno polmonare gia’ creato dalla penetrazione del virus stesso. L’angiotensina 1-7, invece, e’ un potente vaso dilatatore, un anti-apoptotico, anti-fibrosi e anti-proliferazione”. In conclusione Del Vecchio sottolinea che “probabilmente esiste sempre tra un individuo e l’altro una discreta variabilita’ nel proprio genoma, che lo rende piu’ o meno suscettibile alla malattia. Non sappiamo ancora in che misura questo possa essere importante, nel far fronte al virus respiratorio sinciziale e al covid, sia nei bambini sotto i 10 anni, che nella prima infanzia e nel neonato”.
Salute. Coronavirus e bronchiolite più pericolosi a distanza tempo contagio
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