In occasione della Giornata mondiale contro il cancro, gli esperti di farmacologia oncologica della Societa’ Italiana di Farmacologia hanno diffuso un vademecum con tutto quello che c’e’ da sapere sui tumori e i farmaci.
1) Si guarisce oggi dal cancro, grazie ai nuovi farmaci? Dipende dal tipo di cancro, e dalle caratteristiche del paziente. La natura di questa malattia, infatti, e’ talmente multiforme che sarebbe piu’ giusto parlare al plurale, di tumori. Inoltre, anche la variabilita’ individuale e’ molto alta: ciascuno di noi possiede geni diversi e quindi reagisce diversamente allo stesso tumore e ai farmaci. Per avere una misura dell’efficacia delle terapie ragioniamo in termini di sopravvivenza a cinque anni, a dieci anni dalla diagnosi e cosi’ via. E quando non e’ possibile eradicare la malattia, cerchiamo di cronicizzarne l’evoluzione con i farmaci: significa che le cellule tumorali permangono ancora nell’organismo, ma non fanno in tempo a generare masse incompatibili con la vita del paziente.
2) Perche’ e’ difficile eradicare completamente i tumori? Perche’ le cellule tumorali sono molto simili a quelle sane, e quindi i trattamenti non distinguono con accuratezza le cellule malate dalle cellule sane. Stando cosi’ le cose, non possiamo sempre trattare il paziente con alte dosi di farmaco, benche’ efficace, perche’ il rischio e’ quello di uccidere anche le cellule normali, provocando quindi pesanti effetti collaterali nel paziente. Da venti anni a questa parte la selettivita’ dei farmaci antitumorali nei confronti delle cellule malate e’ pero’ aumentata molto. La sfida resta ancora quella di identificare ‘bersagli’ specifici, che si trovino solo sulle cellule tumorali, per poterle colpire senza uccidere i tessuti sani e minacciare la salute del paziente.
3) La chemioterapia antitumorale e’ ancora considerata efficace? Il problema dei vecchi chemioterapici era proprio la bassa selettivita’, e quindi la capacita’ di attaccare cellule malate ma anche sane, causando pesanti effetti collaterali. La chemioterapia classica, quella basata sull’uso di sostanze citotossiche, capaci cioe’ di causare la morte delle cellule tumorali, interferendo con i loro meccanismi di crescita, ha comunque un ruolo ancora molto importante. Abbiamo infatti imparato a somministrare i farmaci chemioterapici con maggiore esperienza, e in maniera piu’ mirata, diminuendo gli effetti collaterali: i chemioterapici sono ancora importantissimi nelle patologie tumorali del sangue in pediatria, e sono spesso utilizzati in combinazione con i piu’ nuovi farmaci antitumorali in strategie terapeutiche che consentono un migliore rapporto tra efficacia e sicurezza. La combinazione tra farmaci della vecchia chemioterapia e farmaci biologici e biotecnologici, per esempio, ha cambiato la prognosi di molte neoplasie inducendo un significativo prolungamento dell’aspettativa di vita anche nel caso di tumori particolarmente aggressivi.
4) La radioterapia antitumorale e’ ancora considerata efficace? La radioterapia e’ impiegata nella terapia dei tumori per la sua capacita’ di causare danni irreparabili al Dna delle cellule tumorali, che cosi’ vanno incontro a morte. Il meccanismo d’azione, dunque, e’ abbastanza simile a tanti farmaci della chemioterapia classica. La radioterapia ha pero’ il vantaggio di bersagliare con maggiore precisione l’area interessata dalla neoplasia, grazie ad apparecchiature capaci di far convergere il fascio delle radiazioni sul tumore da diverse angolazioni. In questo modo il tessuto sano viene esposto solo a basse dosi di radiazioni, e possiamo concentrare piu’ fasci sui singoli bersagli tumorali, che cosi’ ricevono dosi massicce e in maniera molto precisa. L’uso e la valenza della radioterapia sono ancora molto importanti, perche’ essa rappresenta uno strumento altamente efficace che coadiuva le altre modalita’ di trattamento.
5) Esistono strategie piu’ precise e meno invasive di chemioterapia e radioterapia? Abbiamo a disposizione molti nuovi farmaci, perche’ la conoscenza sempre piu’ approfondita della biologia dei tumori ha permesso di scoprire ‘bersagli’ che si trovano in maniera molto specifica solo sui tumori e molto meno nelle cellule sane. Identificare bersagli specifici delle cellule tumorali ci ha quindi permesso di creare nuovi farmaci, sempre piu’ selettivi, cioe’ precisi. Facciamo alcuni esempi. Nuovi composti detti inibitori delle tirosin chinasi (le tirosin chinasi sono strutture-bersaglio che permettono alle cellule tumorali di comunicare con altre cellule) hanno portato alla scoperta di Imatinib, un farmaco capace di controllare la crescita di tumori nei quali il ruolo di queste strutture (tirosin chinasi) e’ molto importante. Esistono, inoltre, numerose varianti di tirosin chinasi, e quindi abbiamo anche altri farmaci, ciascuno con specifiche capacita’ di bersagliare queste diverse varianti genetiche. Naturalmente, esistono numerosi altri bersagli tipici dei tumori: in tutti i casi si tratta sempre di ostacolare una funzione vitale, o fondamentale, della cellula malata, in modo da ucciderla. Gli inibitori del proteasoma, per esempio, colpiscono il proteasoma, un sistema molecolare deputato alla salvaguardia della vitalita’ delle cellule (ad esempio i farmaci Bortezomib e Carfilzomib), mentre gli inibitori di mTOR, colpiscono questa via metabolica cruciale delle cellule (ad esempio Temserolimus e Everolimus). Questi sono solo alcuni esempi dei numerosi nuovi farmaci piu’ selettivi dei vecchi. È stato possibile svilupparli perche’ abbiamo aumentato notevolmente la capacita’ di ‘leggere’ il genoma umano, e quindi identificare dove e come venivano costruiti i bersagli tipici. La conoscenza della genetica e’ quindi la chiave di volta per progettare farmaci sempre piu’ precisi e potenti.
6) Se la genetica e’ cosi’ determinante nei tumori, non potremmo curarli con la terapia genica? La possibilita’ di intervenire sui tumori con la terapia genica e’ uno degli obiettivi della ricerca in campo oncologico. Da poco tempo si parla, per esempio, dei risultati ottenuti con la terapia nota come CAR-T, che conferma questa possibilita’. Si tratta di una terapia complessa in cui i linfociti, le cellule del sistema immunitario del paziente, vengono prelevati e il loro Dna viene modificato per insegnare loro a riconoscere e attaccare le cellule tumorali. Successivamente, dopo averli moltiplicati in appositi laboratori, i linfociti cosi’ ingegnerizzati, vengo infusi al paziente, dove sono in grado di riconoscere e distruggere tutte le cellule tumorali presenti. I successi ottenuti con alcune neoplasie del sangue sono molto promettenti e la ricerca ora punta a utilizzare questa strategia genica anche per la terapia degli altri tumori.
7) Sarebbe possibile mettere a punto un vaccino per “prevenire” i tumori? Il vaccino funziona sensibilizzando il sistema immunitario contro un ospite sgradito, di solito un virus o un batterio. Entrambi, una volta che hanno invaso l’organismo, sono percepiti come elementi estranei, perche’ costituiti da molecole molto diverse da quelle delle cellule che compongono il nostro organismo. Il sistema immunitario puo’ quindi distinguerli facilmente e aggredirli. Purtroppo, come dicevamo prima, le cellule tumorali, benche’ “estranee” come virus e batteri, in qualche modo, sono pero’ chimicamente molto simili alle cellule sane. E quindi la strategia del vaccino e’ complicata dal fatto che e’ difficile distinguerle e colpirle selettivamente. A complicare ulteriormente e’ il fatto che le cellule tumorali mandano segnali che addormentano il sistema immunitario. Al momento sono possibili vaccinazioni antitumorali contro alcuni tumori quali per esempio il cancro della cervice uterina, causato dal papilloma virus. La vaccinazione di adolescenti contro questo virus a trasmissione sessuale, principale causa scatenante dell’insorgenza del tumore, sta dando ottimi risultati e gli organismi di sanita’ internazionali stanno sensibilizzando maschi e femmine alla vaccinazione per la prevenzione di questa patologia.
8) Al posto del vaccino sarebbe possibile somministrare direttamente anticorpi anti-tumore? Uno degli aspetti cruciali sul quale si sono concentrati i ricercatori e’ stato quello di bersagliare in modo selettivo le cellule tumorali, evitando quindi che il farmaco antitumorale agisse anche sulle cellule sane. I bersagli della chemioterapia convenzionale sono condivisi tra le cellule tumorali e le cellule sane e questo provoca inevitabilmente effetti collaterali come le mucositi, i disturbi dell’apparato digerente, le linfo-, piastrino- ed eritro-penie, la caduta dei capelli e altri effetti ancora spesso caratteristici del singolo principio attivo. Una possibile soluzione a queste limitazioni e’ certamente l’uso di un anticorpo, una sostanza cioe’, costruita in modo tale che sappia riconoscere e si leghi esclusivamente ad uno specifico bersaglio. Gli anticorpi utilizzati in chemioterapia sono costruiti in modo da riconoscere un bersaglio presente sulla cellula tumorale. Anche in questo caso vale il principio che spesso il bersaglio scelto e’ presente anche in cellule sane ma, in generale, nelle cellule tumorali e’ piu’ frequente ed e’ piu’ coinvolto nella sopravvivenza della cellula stessa.
9) Quali tumori e’ possibile oggi curare con gli anticorpi? Gli anticorpi o, per meglio dire, gli anticorpi monoclonali (cioe’ quelli che permettono di avere la massima omogeneita’ di bersaglio) hanno trovato numerosi impieghi nella terapia dei tumori e, accanto all’attivita’ intrinseca dei singoli prodotti, hanno permesso di veicolare sostanze tossiche per le cellule in modo preciso sui tumori contro i quali sono stati costruiti. Quella della combinazione di un anticorpo (capace di riconoscere il bersaglio sulla cellula tumorale) e una sostanza tossica e’ una strategia che ha gia’ portato in terapia combinazioni come ad esempio Gentuzumab-ozogamicin per la terapia della leucemia mieloide acuta, Brentuximab-vedotin per le ricadute del linfoma di Hodgkin e per i linfomi anaplastici a grandi cellule, Ado-Trastuzumab-emtansine per il carcinoma della mammella positivo per HER-2, Inotuzumab-ozogamicin per leucemie linfatiche acute e a cellule B e Vadastuximab-talirine per la leucemia mieloide acuta. Altri ancora sono in fase di sviluppo clinico e saranno disponibili presumibilmente nei prossimi anni.
10) Quali sono quindi i farmaci sperimentali sui quali i ricercatori hanno maggiori aspettative? Dal momento che abbiamo detto che la genetica e’ la chiave di volta, per capire i tumori, perche’ e’ la genetica che ci consente di capire con precisione le differenze tra cellule tumorali e cellule sane, le maggiori innovazioni arriveranno dai progressi che potremo fare nella conoscenza della genetica del tumore: in particolare la genetica che permette alle cellule tumorali di sopravvivere prevalendo sulle cellule sane. Una nuova frontiera e’ quella che riguarda l’esame delle mutazioni genetiche che caratterizzano i tumori: molte mutazioni sono presenti in tipi di tumore anche molto diversi tra di loro. Una nuova strategia terapeutica, rispetto quella che ci ha portato alle attuali terapie basate sul principio di avere un farmaco specifico per ogni tipo di tumore, e’ quella di avere farmaci ‘agnostici’, capaci cioe’ di bersagliare tutti i tipi di tumore che condividono la stessa mutazione genica, indipendentemente dalle caratteristiche istologiche (il tipo di tessuto del tumore) o di organo di provenienza. Queste terapie, in avanzato stato di sviluppo, potranno presto permettere di trattare molti tipi di cancro diversi con la stessa molecola, con notevoli semplificazioni negli approcci terapeutici.
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