Un team di ricercatori dell’Istituto Oncologico Veneto-Irccs, della Notre Dame University dell’Indiana (Stati Uniti) e dell’Università degli studi di Padova ha realizzato uno studio per validare in lingua italiana il ‘Caregiving inventory’, uno strumento psicometrico utilizzato per misurare le capacità di auto-efficacia dei caregiver (‘portatori di cure’) di malati oncologici. Lo studio, recentemente pubblicato sulla rivista scientifica internazionale ‘BMC Palliative Care’, mostra “la piena validità nella lingua italiana del ‘Caregiver inventory’ per la misura dell’autoefficacia personale il cui miglioramento ridurrebbe la depressione, l’ansia e lo stress del caregiver- spiega Samantha Serpentini, psicologa clinica dell’unità di Psico-Oncologia dell’Istituto Oncologico Veneto-Ircss- In particolare, suggerisce l’importanza di specifici interventi psicoeducazionali per i caregiver, con l’obiettivo di focalizzare la loro attenzione sulla cura di sé e sulle abilità nella gestione dei possibili conflitti con la persona malata a cui viene fornita l’assistenza”. Il termine inglese caregiver indica una persona che si prende cura di un familiare non autosufficiente. La sua particolarità, spiegano dall’Istituto Oncologico Veneto, è che non si tratta di una figura professionale esterna stipendiata, ma di un parente che per scelta decide di prestare assistenza a titolo gratuito. I ricercatori si sono dunque chiesti quanto è importante la figura del caregiver nella malattia oncologica e quanto è strategico, nell’aiuto al malato, che lo stesso caregiver si prenda cura di sé stesso, per far fronte ai compiti assistenziali e relazionali che la sua figura richiede. “Il supporto dei caregiver svolge un ruolo sempre più importante nella vita di coloro a cui è stato diagnosticato un cancro, in particolare a causa della crescente incidenza del tumore in tutto il mondo e dei tempi di sopravvivenza più lunghi per i pazienti con malattie avanzate e terminali. I caregiver- spiega Serpentini- sono in genere persone presenti nella vita del paziente, che rispondono ai suoi bisogni di salute, fisici, emotivi, assistenziali e spirituali, in tutte le fasi della malattia”.
“Tuttavia, spesso, i caregiver non sono adeguatamente preparati ed addestrati per molti dei compiti che sono chiamati a svolgere- continua Serpentini- e possono risultare impreparati sul piano emotivo per affrontare lo stress, legato all’assistenza diretta che puo’ influenzare nel caregiver lo stato di salute fisico e la qualità della vita psicologica, sociale e finanziaria. Pertanto- ribadisce la ricercatrice- i caregiver devono monitorare con frequenza e costanza la salute del paziente e devono impegnarsi in una varietà di abilità di coping (fronteggiamento) per affrontare gli aspetti emotivi della propria vita e di coloro a cui stanno fornendo assistenza. Per questo motivo, la cura del cancro può avere un impatto significativo sulla salute psicologica e fisica dei membri della famiglia”. L’autoefficacia (self-efficacy) per i caregiver “presuppone che sia importante per loro avere un senso di capacità di agire e reagire- sottolineano gli studiosi- Tuttavia, in generale, in Italia i caregiver non solo investono nella cura del cancro ma sono anche, in larga misura, i responsabili della relazione terapeutica con medici e operatori sanitari, oltre a determinare cosa dovrebbe essere condiviso con il paziente. Sarebbe, quindi, molto utile fornire servizi di gruppo di supporto ai caregiver, con lo scopo di promuovere una maggiore attenzione verso se stessi e favorire la comunicazione con gli operatori sanitari, che includa il coinvolgimento diretto del paziente al fine di ridurre l’onere del caregiver”. Questa ricerca nasce da una “preziosa collaborazione fra IOV, Università di Padova e partner internazionali di grande rilevanza scientifica nel campo della psiconcologia. I risultati dello studio- evidenzia Vincenzo Calvo, dell’Università degli studi di Padova- possono avere importanti ricadute applicative in quanto forniscono agli operatori del settore un utile strumento per valutare rapidamente e in modo affidabile il senso di autoefficacia dei caregiver di pazienti con malattia oncologica, consentendo di mettere in atto interventi mirati di sostegno psicologico nelle situazioni di maggiore rischio e vulnerabilità”.
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