La capacità di generare rende la donna vicina alla terra, possiamo quindi pensare che la donna sia come la terra, che riceve nel suo grembo, dal cielo, uno sguardo lunare, che ne protegge la fecondità.
Nei nostri sogni più profondi, infatti, la donna è associata alla luna, che con i suoi cicli disegna nel tempo archi e ponti nella creatività della terra, dove dona la sua capacità di generare, muove le acque e accende il ritmo delle maree.
E’ in questo rispecchiamento dei due cicli, della donna e della luna, che ogni donna, nell’adolescenza, entra nell’universo e l’universo in lei.
E’ nell’adolescenza, inoltre, che si forma l’idea del tempo, poiché la crescita cessa di essere quantitativa. L’esperienza della crescita quantitativa, lineare, propria dell’infanzia, in altezza, permette infatti in noi la fantasia inconscia di poter tornare ancora indietro, della reversibilità del tempo che scorre, della sua non definitività. Nell’adolescenza la crescita diviene qualitativa, ovvero il corpo, trasformandosi, genera se stesso e assiste stupito al suo nuovo modo di essere al mondo.
E’ tale trasformazione che nasce dalla rinuncia ad essere infinitamente uniti alla madre arcaica.
E’ nell’adolescenza, dunque, che si forma l’idea del tempo, come nella prima nascita, alle origini, l’inizio della vita psichica nasce ancora da uno strappo. Questa volta lo strappo è la rinuncia al mondo dei primi oggetti amati, dove la quiete generava i giochi ed il senso della vita era essere-con-la-madre, con C. Bollas. Era l’infanzia il tempo di un infinito presente , senza pareti, che cessa di esistere con la nuova stagione, quando il tempo assume intimamente il sentimento della finitudine e quindi della caducità delle cose.
E’ la discontinuità con l’infanzia, dunque, che fa dell’adolescente il poeta delle lontananze.
Due sono le forme del tempo in cui pensiamo l’esistere.
Se il tempo lineare, il susseguirsi, è Chronos, il divoratore, ma anche il maschile, da una radice etimologica greca tem, tagliare, esso è separazione, disgiunge e allontana l’uno dal tutto, fa nascere ogni inizio e ogni biografia, introduce la perdita originaria da cui sorge la vita.
C’è inoltre un altro tempo, il tempo ciclico, ed è la luna, il femminile a noi inconscio, è la temporalità rotonda che introduce nel tempo lineare il ritorno degli oggetti amati, il ricongiungersi ritmico ad essi.
E’ il tempo dell’attesa e quindi del pensiero.
Il tempo lunare, quello dei cicli, è dunque un tempo vivo, che evolve, include il sentimento di nostalgia, che è sostanza di ogni sogno di oggetto.
La donna adolescente aggiunge al tempo lineare, Chronos, che fa nascere, che conosce perché lei stessa nasce, appunto, da una necessaria discontinuità, il tempo lunare, il tempo ciclico che ricongiunge al mondo e a se stessi, il tempo che nutre.
E poichè ha inciso la luna nel suo corpo, con il ciclo mestruale, è più accessibile a lei il nutrirsi interiore. La luna, infatti, nell’inconscio dei popoli, è la madre che nutre la terra e la rende fertile.
Se il nutrirsi interiore permane in lei, come modo di essere vivi, nella menopausa, in ogni donna che ne elabori il lutto e ne possa superare la perdita interna che essa contiene, il ricongiungersi e la generatività si sciolgono dalla biologia, per divenire puro movimento psichico.
Tale movimento si estende sul corpo intero e riempie la mente come modo sensibile di pensare e sognare il mondo.
Torna così in lei il primo Eros, che precede il dio greco, figlio di Artemide, che unisce gli opposti. Torna intimamente in lei il primo, più antico Eros, o amore, che genera da se stesso la vita, senza giacere con altri, genera il molteplice dall’uno, dona profondità al sentire e pensare le cose del mondo, in esistenza.
E’ in questo senso, dunque, che la menopausa fa della donna una gemma.
Maria Rita Ferri
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