La priorità è sbloccare i crediti incagliati: 19 miliardi di euro, rivela il Mef, accumulati fino al 16 febbraio – quando è entrato in vigore il decreto che vieta le cessioni dei bonus edilizi. Risorse che le imprese hanno in pancia ma non riescono a incassare perché le banche non hanno capienza fiscale e non possono comprare i crediti fiscali. Al tavolo di Palazzo Chigi le associazioni del settore chiedono al governo di trovare una soluzione in tempi brevi per evitare il default di 25 mila imprese e lo stop a 90 mila cantieri. L’Ance si aspetta “risposte rapidissime perchè non c’è più tempo”, sottolinea la presidente Federica Brancaccio che sottolinea: “Occorre lo sblocco dei crediti pregressi e una proposta sostenibile e stabile per il futuro”. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti assicura: “La soluzione che noi cerchiamo è sull’intero ammontare dei crediti, 110 miliardi di euro. L’urgenza ora è sullo stock dei crediti che in base alle rilevazioni dell’Agenzia delle entrate fanno riferimento alle imprese del settore edilizio, che ad oggi hanno 19 miliardi circa di crediti incagliati. Lo sforzo che noi facciamo oggi e nei prossimi giorni con i tavoli tecnici è come far sgonfiare questa bolla”, garantisce il numero uno del Tesoro. Confedilizia spera in un’attenuazione delle nuove norme, ad esempio mantenendo la cessione del credito per il Sismabonus e per l’eliminazione delle barriere architettoniche. Giorgio Spaziani Testa, presidente della confederazione, vorrebbe un credito d’imposta al posto della detrazione e soprattutto una risposta veloce da parte della politica: “C’è la necessità di salvare le famiglie che a volte si trovano costrette a vendere gli immobili se non risolvono il problema dei lavori da fare”. Le soluzioni, per Confapi, sono “finanziamenti garantiti dallo Stato e la riapertura della cessione dei crediti per un periodo limitato per arrivare all’eventuale cartolarizzazione o agli anticipi dell’F24. Per fare questi anticipi vorremmo fossero fatti da società partecipate, quindi Enel o Eni che hanno avuto extraprofitti in questi anni e hanno tutta la capienza necessaria”, dice il leader Cristian Camisa.
Secondo la Cna, oltre a svuotare i cassetti fiscali delle imprese, bisogna arginare “il caos provocato dal decreto del governo” e avviare “un tavolo per il riordino e la stabilizzazione degli incentivi per l’efficientamento energetico e la messa in sicurezza degli immobili residenziali anche alla luce della nuova direttiva europea sulla casa”, che impone di raggiungere la classe energetica E entro il 2030 e la D nel 2033 con l’obiettivo di ridurre l’impatto ambientale degli edifici. Cna ribadisce che “l’architrave del sistema è l’opzione della cessione del credito, un meccanismo che consente anche alle famiglie meno abbienti di poter realizzare interventi necessari a ridurre il consumo di energia e quindi a tagliare il costo delle bollette”. La Cifa, l’associazione che supporta le Pmi nella transizione digitale, si augura che la misura sul risparmio energetico “possa essere riconfermata dal governo, previa una rimodulazione che la rimetta in pista con costi adeguati al mercato e con meccanismi di controllo efficaci e in tempo reale”. L’Alleanza delle cooperative comprende le motivazioni del blocco legate ai conti pubblici, tuttavia ritiene urgente affrontare “le difficoltà degli istituti di credito connesse alla loro capacità fiscale, che potrebbe essere incrementata mediante la possibilità di compensare con i crediti d’imposta anche le somme relative agli F24 che la clientela affida agli istituti di credito per il successivo versamento all’Erario. Questo incremento potrebbe essere limitato, in un primo momento, all’assorbimento degli stock di crediti già presenti sul mercato: quelli originati nel 2021 e nel 2022 e che imprese e famiglie non sono riusciti a cedere, e quelli relativi ad interventi già avviati”. Un secondo capitolo importante, proseguono le Coop, è consentire alle Onlus di poter continuare a cedere il credito “senza tuttavia estendere tale opportunità in forma indiscriminata a tutti gli incentivi, bensì circoscrivendola a quelli connessi alle esigenze di gestione del rischio sismico e a quelli per interventi di efficientamento energetico su edifici in classe F e G”.
Prima di ricevere le aziende, i ministri Giancarlo Giorgetti, Adolfo Urso, Gilberto Pichetto e il sottosegretario Alfredo Mantovano hanno incontrato Abi, Cassa depositi e prestiti e Sace, che potrebbero essere coinvolte nell’acquisto dei vecchi crediti incagliati. Proprio in quei minuti, vicino Palazzo Chigi andava in scena una protesta di una delegazione dell’associazione ‘Esodati del Superbonus’, che con cartelli e cori ha denunciato il mancato invito del governo. Queste persone si ritrovano con i lavori di ristrutturazione avviati in casa, ma non completati perché le ditte non riescono a cedere i crediti. Il Partito democratico ricorda che la maggioranza ha bocciato un emendamento dei dem alla manovra che prevedeva proprio l’aiuto di Cdp per riattivare il mercato dei bonus edilizi. La capogruppo dei senatori del Pd, Simona Malpezzi, attacca le scelte del centrodestra: “Il decreto non risolve i problemi ma ne aggiunge altri creando gravi difficoltà a famiglie e imprese. Togliere la cessione del credito impedirà, a chi non può permettersi di anticipare le spese, di riqualificare le proprie case. Siamo davanti a una scelta sbagliata. Il governo ci ripensi e si corregga il testo in Parlamento”. Vanno all’attacco i sindaci dei comuni marchigiani del cratere del sisma: “Senza il Superbonus possiamo dire addio alla ricostruzione post terremoto del Centro Italia”. Intanto Cgil e Uil sono pronte allo sciopero e chiedono di essere ascoltate: “Senza un confronto con le parti sociali e senza operare distinzioni e garantire periodi transitori, si rischia di mettere in ginocchio non solo un comparto, ma un’intera politica, economica e ambientale, con danni ingenti all’occupazione e alla crescita”. I posti di lavoro che potrebbero saltare, secondo le prime stime della Fillea, sono più di centomila. Il segretario della Cisl, Luigi Sbarra, punta sull’intervento di Cdp e Sace: “Occorre trovare soluzioni per disincagliare i crediti fiscali di quanti hanno regolarmente effettuato i lavori, spingendo sull’acquisto da parte di banche e altri attori economici. Vanno messi in campo nuovi strumenti di compensazione e valutato un più forte protagonismo di Cassa depositi e prestiti e Sace. I bonus – afferma – vanno collegati in modo strutturale alle fasce di reddito più deboli e classi energetiche più basse, con particolare riguardo all’edilizia popolare”.
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