Un “profondo deficit” di neve caduta nell’inverno 2022-2023, con “circa metà risorsa idrica nivale a scala nazionale oggi rispetto al periodo 2011-2021 (-45%)”. I problemi sono sopratuttto sulle Alpi, con il bacino del Po che ha “un terzo di neve rispetto all’ultimo decennio e circa la stessa quantità rispetto all’anno scorso”. Il bacino del Po ospita la metà della risorsa idrica nivale nazionale, e qui il volume di picco della neve può essere anche pari o superiore al 60% della portata annuale.
“Questo deficit di neve è l’acqua che avremo (o non avremo) in estate”, spiega l’Arpa Valle d’Aosta, l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente. “Lo scorso 8 febbraio è stata pubblicata, sulla rivista scientifica Earth system science data, la prima analisi a livello nazionale sulla risorsa idrica nivale italiana e sulla sua evoluzione nel corso degli ultimi 12 anni, It-Snow”, evidenzia l’Arpa in una nota rimarcando che “conoscere la quantità d’acqua contenuta nella neve ha profonde implicazioni per la gestione della risorsa idrica, specialmente alla luce degli impatti che la crisi climatica ha sulla disponibilità d’acqua e i suoi molteplici usi: umano, agricolo ed energetico”. Spiegando appunto: “La neve che si accumula in inverno è acqua che useremo in estate”. Francesco Avanzi della Fondazione Cima ha coordinato lo studio e spiega che “l’analisi è basata sull’integrazione tra dati raccolti a terra dai molteplici soggetti ed enti che si occupano di neve a livello nazionale, immagini satellitari e modelli fisici che consentono di stimare non solo la presenza di neve a terra, ma anche il suo spessore e quindi la quantità d’acqua contenuta, producendo mappe giornaliere a scala nazionale”.
Per la prima volta “disponiamo di un’informazione, prodotta in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale, che ci consente di conoscere in tempo reale l’evoluzione di una delle risorse strategiche più importanti per il nostro Paese, in un contesto di crisi idriche sempre più frequenti indotte dalla crisi climatica”, dice Arpa. Un importante contributo allo sviluppo del modello deriva anche dall’esperienza maturata in Valle. “La Valle d’Aosta è stata una delle palestre dove è stata sviluppata l’esperienza che ci ha portato a questo grande risultato. Questo lavoro sulla modellazione della risorsa idrica nivale è infatti iniziato qui più di 10 anni fa” spiega ancora l’Arpa. Il gruppo di lavoro comprende la Fondazione Cima, Arpa Valle d’Aosta, Cva e Centro funzionale della Regione Valle d’Aosta e “ha consentito di sviluppare competenze innovative e testare metodi accurati per arrivare a quantificare nel modo più preciso possibile lo stato dei nostri serbatoi d’acqua in quota”.
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