Il cuore pulsante di Palazzo di città si è illuminato di speranza nella notte dedicata al 15° anniversario del devastante terremoto del 6 aprile 2009, che ha lasciato un segno indelebile nella vita dell’Aquila e di altri 55 comuni abruzzesi, mietendo 309 vittime. La tradizionale fiaccolata, che ha percorso le vie della città toccando i punti più colpiti dal sisma, è diventata un simbolo di riflessione e raccoglimento per la comunità.
Questo evento annuale si è trasformato nel tempo, adattando la sua espressione ma mantenendo fermo l’intento di unire le persone in un momento di condivisione e memoria. La luce, accesa nel cortile centrale di Palazzo di città, non solo ha rotto l’oscurità della notte ma ha anche simboleggiato la continuità della vita e la resilienza di una comunità determinata a guardare avanti, senza dimenticare il passato.
La commemorazione del 15° anniversario del sisma è un promemoria potente del lungo percorso di ricostruzione e guarigione intrapreso dalla popolazione abruzzese. Rappresenta, al contempo, un omaggio alle vittime e un rinnovato impegno verso il futuro, sottolineando la capacità di rinascita di una comunità che, nonostante le avversità, continua a rialzarsi e a sperare.
“La nostra popolazione ha saputo anche evitare il rischio della ‘psicosi collettiva’ e la sindrome della depressione sociale”. Lo ha detto il cardinale Giuseppe Petrocchi nell’omelia della Santa messa celebrata nella chiesa delle Anime Sante. “È noto, infatti – ha sottolineato – che il terremoto, oltre a suscitare ‘sciami’ geologici, attiva pure, nell’animo delle persone, intense vibrazioni psicologiche e sociali: ‘sismiche’ pure esse. Anche il pericolo di scivolare nel ‘torpore da trauma’ è stato sbaragliato dalla resilienza aquilana e dalla sua tenace audacia progettuale”.
“Il terremoto del 2009 – ha proseguito l’arcivescovo – costituisce un ‘osservatorio’ sulle tragedie del mondo: le vittime di quella immane disgrazia sono ‘compagni di sorte’ di altri soggetti sui quali si sono abbattute le violenze di conflitti e di calamità dirompenti”. “Sperimentiamo dolorosamente il ‘lutto’ – ha detto – che non viene meno perché è sacro, ma senza esserne sopraffatti: ha la meglio l’annuncio della Pasqua, che abbiamo ricevuto e accolto. Se è vero, infatti, che ‘tutto passa’, è ancora più vero, nella Carità, che ‘tutto resta’: infatti, l’amore autentico è siglato dal ‘per sempre'”. “Il dolore per il ‘distacco’ dalle persone care – ha concluso – rimane radicato nella nostra anima: e continuerà ad ardere nel cuore, come una lampada perenne, alimentata da un amore che non si spegne e attende il momento del ricongiungimento”.
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