“C’è un tweet delle 20.42 della SS Lazio che dice ‘Forza Evan, ti siamo vicini’. Io non ho mai visto alcuna squadra al mondo fare un tweet per un codice giallo, quindi evidentemente alle 20.42, poco dopo che eravamo andati via dallo stadio, c’era ancora la percezione che potesse essere qualcosa di molto grave”. Daniele De Rossi risponde così alle parole di Claudio Lotito, che ieri a margine del Consiglio nazionale di Forza Italia aveva accusato la Roma di aver “fermato una partita per un codice giallo”, dopo che la partita dei giallorossi contro l’Udinese di domenica scorsa, 14 aprile, era stata sospesa al 72esimo, in accordo con gli avversari, a causa di un malore accusato dal difensore giallorosso Evan Ndicka. L’elettrocardiogramma aveva portato i medici intervenuti a sospettare un infarto, poi fortunatamente rivelatosi uno pneumotorace in seguito a un trauma durante un’azione di gioco. “Penso che dovremmo essere tutti contenti, penso che nessuno ci debba rinfacciare che il nostro amico, il nostro ragazzo non sia morto e non sia ancora in ospedale con i postumi di un infarto”, le parole dell’allenatore della Roma stamattina nella conferenza stampa a Trigoria prima del match di domani contro il Bologna, in risposta a una domanda non certo inattesa (“Mi ero preparato…”). All’origine della polemica c’è la protesta dei giallorossi contro la Lega Serie A per aver fissato il recupero dei 18 minuti rimanenti per giovedì 25 aprile, costringendo la squadra a una trasferta in Friuli nel mezzo di un calendario ingolfatissimo: la Roma, dopo lo scontro Champions di domani con il Bologna, era infatti già attesa a Napoli per il prossimo fine settimana. Giocando di giovedì, la partita contro i partenopei è stata quindi fissata per domenica, non permettendo – a cascata – di anticiparla per avere un giorno di riposo in più in vista della semifinale di andata di Europa League contro i tedeschi del Bayer Leverkusen, in programma per giovedì 2 maggio.
Le parole di Lotito di ieri si riferiscono proprio alle rimostranze della Roma. “Allora si poteva ricominciare a giocare la sera stessa”, il commento del senatore e presidente della Lazio. Tra le righe, un’accusa di furbetteria. Respinta al mittente da De Rossi: “Quando ho parlato di gente che vede il marcio anche in queste situazioni parlavo dei social: lì ti dicono che ‘l’hai fatto per risparmiare minuti’. E penso che su 30mila persone allo stadio non ce n’era una che potesse pensare che fosse un vantaggio per noi”. Anche perché la Roma, appena segnato l’1-1 dopo essere stata in svantaggio, era nel pieno del forcing per la ricerca del vantaggio. “Sai, dici magari l’hai sospesa nel primo tempo giocando male, hai fatto il furbo. Ma l’inerzia del secondo tempo era tutta a favore nostro, se proprio dovessimo giudicare quello stop, noi abbiamo fatto una cosa che andava contro l’interesse calcistico e di risultato”. A colpire De Rossi è, soprattutto, il ‘mittente’ delle accuse. “Se te lo mandano in direct dei ragazzini di 15 anni o dei tifosi sfegatati che vedono solo il risultato e non vanno oltre il loro naso ti dà fastidio quei trenta secondi e poi passa, ma se lo facciamo anche noi all’interno del calcio è un peccato”. E, ha sottolineato il mister, “purtroppo, ripeto, nelle chiacchiere fatte con Butti e Casini è uscita questa cosa: è come se il fatto che lui non fosse morto era una nostra colpa, un nostro errore, come se non bastasse l’esser stati spaventati che fosse successo qualcosa a un nostro amico, giocatore, compagno”. In questo modo, per l’ex centrocampista della Roma e della Nazionale “perdiamo quello slancio che dovremmo avere tutti per migliorare le cose, e mi dispiace che lo faccia il presidente perché con lui, a parte le nostre squadre di appartenenza, ho un bel rapporto, ma stavolta ha sbagliato. Ha detto una cosa che non andava detta, l’ha detta davanti a un buffet e magari gli è sfuggito un colpo- ha chiosato DDR- però perdiamo sempre occasione per fare un passo in avanti. Noi del mondo del calcio dovremmo essere più sensibili, se qualcuno mette davanti la salute di un proprio amico, giocatore o collega dovremmo essere tutti d’accordo”.
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