Sei persone, tra cui quattro bambini, sono le ultime vittime del conflitto in corso sulla Striscia di Gaza. Come riporta la stampa internazionale, la notte scorsa l’esercito israeliano ha bombardato un edificio a Rafah, città meridionale a ridosso della frontiera con l’Egitto, contro cui il governo di Tel Aviv intende sferrare l’offensiva finale per “neutralizzare le brigate di Hamas” per “riportare a casa gli ostaggi”, come ha detto il premier Benjamin Netanyahu. L’ultimo bilancio dei morti aggiorna quello diffuso ieri dalle autorità sanitarie di Gaza, secondo cui dal 7 ottobre 34.596 palestinesi hanno perso la vita, mentre il 70% delle abitazioni è stato distrutto.
“Non vedevamo nulla di simile dal 1945”, ha detto ieri in conferenza stampa Abdallah al-Dardari, direttore dell’ufficio regionale per gli stati arabi del Programma di sviluppo delle Nazioni Unite (Undp). Il dirigente ha aggiunto che sarà necessario rimuovere 37 milioni di tonnellate di detriti, 15 volte più di quelli causati dal conflitto del 2014, quando furono 2,4 milioni. “Sono stati spazzati via tutti gli investimenti nello sviluppo umano realizzati negli ultimi 40 anni”, ha denunciato al-Dardari. “Siamo quasi tornati agli anni ’80”, aggiungendo che per la ricostruzione serviranno tra i 40 e i 50 miliardi di dollari. Intanto il giornalista Thomas Friedman sul New York Times scrive che sarebbero in corso colloqui tra Stati Uniti e Arabia Saudita per trovare un modo per porre fine al conflitto. I vertici di Riad si sarebbero detti disponibili a rinnovare i rapporti diplomatici con Israele, se il governo di Tel Aviv acconsentirà ad alcune condizioni: favorire la creazione di uno Stato di Palestina in Cisgiordania e Gaza entro al massimo cinque anni, ritirando le forze di sicurezza e congelando la costruzione di insediamenti.
Friedman conclude osservando che difficilmente l’esecutivo guidato da Netanyahu accetterà, dal momento che i suoi esponenti hanno messo al centro della politica di governo il sostegno ai coloni e la costruzione di nuovi insediamenti. Intanto, si attende ancora la risposta dei leader di Hamas rispetto alla proposta negoziale presentata da Israele. Ieri il capo del movimento, Ismail Haniyeh, ne ha discusso in due telefonate distinte con i rappresentanti di Egitto e Qatar – mediatori dell’intesa – sostenendo che l’attuale proposta sarebbe “più positiva”, e che presto si recherà in Egitto per ulteriori incontri. L’obiettivo è raggiungere il cessate il fuoco e il ritiro delle truppe israeliane dalla Striscia, che subisce l’operazione militare dal 7 ottobre, giorno in cui miliziani legati ad Hamas hanno attaccato aree nel sud di Israele, uccidendo circa 1200 persone e prendendone 240 in ostaggio.
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