Carissimo Goffredo,
eccomi qui di nuovo, anche se con ritardo, all’annuale appuntamento con il tuo libro. Ormai hai costituito una collana che arricchisce la mia biblioteca con pubblicazioni attese e gradite. Titoli diversi, tematiche attuali, ricordi, esplorazioni, amicizie, terre lontane, un mondo sempre senza confini che attende il lettore per condurlo a viaggiare, a conoscere, ad esplorare.
Il recente Ti racconto così, (significativo il titolo, semplice ma di ottima presa) sempre edito dalla fedelissima casa editrice One Group, non sfugge alle linee narrative costituenti lo schema dei diversi capitoli, trovando sempre preziose aperture con nomi eccellenti che invitano allo scorrere e alla lettura delle corpose pagine: oltre 300! Un libro che ripercorre un anno, da maggio del 2022 al maggio del 2023, tutto ripreso dopo il fermo obbligatorio dettato dalla pandemia.
La Presentazione affidata a Pierfranco Bruni, mi ha colpito intensamente già dall’apertura con la prima frase: “Questo è un libro che racchiude la storia di un uomo”. Infatti le parole racchiudono i tuoi viaggi, le tue conoscenze, l’empatia degli incontri e si trasmettono a noi quasi a divenire metaforicamente nostri. Ma aggiungerei e qui andiamo sul personale, il libro, come gli altri, testimonia te, come ti poni nei rapporti duali, come offri amicizia, cultura, disponibilità. Allora il libro, il tuo libro, i tuoi libri raccontano tra le righe anche la tua storia.
L’ottima Prefazione di Lucilla Sergiacomo, che ti annovera quasi un novello pontefice massimo di storiche memorie, registra le indiscusse capacità di lasciare sulle pagine un anno di cronache vicine e lontane come negli antichi “Annales maximi”, rivelando contemporaneamente “la tua vocazione di scrittore glocal e di giornalista odeporico”. Infatti la Sergiacomo entra al centro della tua scrittura: viaggiatore instancabile e inesauribile sai cogliere le opportunità e le sfumature offerte dalle diverse esperienze per narrarle a noi.
Esperienze molteplici che ti portano spesso temporaneamente lontano dalla tua/nostra città, futura Capitale italiana della Cultura, alla quale hai voluto dedicare il libro. E come non individuare alcuni capitoli, direi trainanti per la lettura. Come nelle corpose pagine sulla storia dell’emigrazione italiana, di “quell’esercito di braccia che partì dall’Italia verso ogni continente […]”, pagine che riscoprono le radici di un fenomeno divenuto storia, una storia divenuta memoria, ma anche passato come nostro presente: “Quanto sarebbe importante avere un’Italia che contasse 140 milioni d’italiani (60 in Italia, altri 80 all’estero) per sviluppare fortemente il turismo, anche il turismo delle radici, per valorizzare in termini economici ed occupazionali lo straordinario patrimonio d’arte, storia e cultura che l’Italia può vantare”. Così giustamente hai battuto sulla tua tastiera.
Un altro capitolo cardine, almeno per me, è quello che scrivesti alla vigilia della venuta a L’Aquila di Papa Francesco “Dopo Celestino V, è di Francesco il dono più grande. Il Papa aprirà la Porta Santa per la Perdonanza n°728”. Anche qui la storia riconduce a memorie e racconti lontani dove s’incrociano nomi impressi nella nostra cultura, per arrivare fino a noi. Una visita incisa “per sempre nella storia della città. Ma rimarrà anche nella memoria del mondo per i valori universali di pace e di riconciliazione che il messaggio celestiniano reca con sé per gli uomini di ogni tempo […]”.
Orgogliosamente ricordi nella tua nota d’apertura come quest’articolo sia divenuto successivamente l’articolo più pubblicato al mondo, registrato sul Gems Book of World Records, una specie di Guinness dei primati. Non ho dubbi su questa ampia diffusione oltre ogni confine: quanti secoli si susseguono nella tua scrittura, limpidamente esposta, per far conoscere agli 80 milioni d’italiani residenti all’estero il riconoscimento della Perdonanza Celestiniana come Patrimonio immateriale dell’Umanità deciso dall’Unesco nel 2019! Dall’eremita Pietro del Morrone elevato al soglio pontificio nel 1294, alla Bolla della Perdonanza custodita all’Aquila, fino alla venuta di Papa Francesco: tanta storia racchiusa giornalisticamente in otto pagine di lettura.
Poi la cronaca che spazia in una diversità di argomenti, fissa l’esperienza, la coglie e la descrive o la narra sotto molteplici aspetti. E qui trovo tessere elegiache, come sempre le ho cercate nei tuoi libri. Soffermarmi sui pensieri dedicati al Gran Sasso (La più bella Italia …), rappresentarmi antichi luoghi ormai scomparsi (Il Fucino, storia del lago …), rinnovarmi antiche memorie (Castelnuovo, Peltuinum …), immergermi in realtà non conosciute (Columbus day a New York …); oppure fare tesoro di radici fondative (L’Aquila. Inaugurato oggi …, Serata culturale su “Le vie di Carlo V” …), questo ed altro ancora.
Un pensiero ancora, sollecitato da te, per coloro che “sono andati avanti”. Non potevi non sigillare nelle tue pagine il nome di Mario Fratti, non solo nella pagina iniziale o per gli incontri avuti a New York, ma riportando nel libro il ricordo del grande drammaturgo da parte di Lucilla Sergiacomo che ben l’ha conosciuto e studiato. Così per Raffaele Colapietra: “Un uomo libero, un grandissimo storico, uno spirito critico fortemente attento alla vita civile, talvolta salace nei giudizi, ma che aiutava a comprendere L’Aquila del presente e quella del futuro […]”, quell’ “eterno uomo libero”, come ha precisato Giustino Parisse nell’articolo seguente al tuo. Altri pensieri, purtroppo tanti, incastonati in parole di amicizia, di stima, di gratitudine, di affetto, di generosità per chi non c’è più.
Mi fermo qui, un saggio vuole altri spazi di scrittura e di lettura, ma preferisco inviarti direttamente queste modeste riflessioni. Pongo Ti racconto così al termine della fila, collana “Goffredo Palmerini”, lasciando il posto per gli arrivi futuri.
Un caro saluto
Gianfranco Giustizieri
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