Questa mattina a Teramo, l’Osservatorio Indipendente sull’Acqua del Gran Sasso, promosso dalle Associazioni WWF, Legambiente, Mountain Wilderness, ARCI, ProNatura, Cittadinanzattiva, Guardie Ambientali d’Italia, FIAB, CAI, Italia Nostra e FAI, ha tenuto una conferenza stampa per fare il punto sugli ultimi sviluppi sulla vicenda dell’emergenza Gran Sasso.
Ovviamente si è partiti dalla paventata chiusura delle gallerie autostradali dell’A24 programmata per il prossimo 19 maggio da parte di Strada dei Parchi SpA. Per l’Osservatorio è singolare che una scelta del genere arrivi ora dopo circa 20 anni da quando si è evidenziata la situazione di pericolo per l’acquifero del Gran Sasso a causa della presenza nella montagna di gallerie prive di una impermeabilizzazione rispetto alla principale risorsa idrica per gli abruzzesi. Ancora più singolare che questa arrivi dopo 2 anni dall’avvio dell’inchiesta della magistratura seguita all’ultimo incidente dell’8 e 9 maggio 2017 e che ha portato alla richiesta di rinvio a giudizio per i vertici della Strada dei Parchi SpA, ma anche dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e della Ruzzo Reti SpA.
Sembra di assistere ad una partita a scacchi fatta a danno dell’ambiente e della salute degli abruzzesi. I vari giocatori muovono le loro pedine, non per trovare una soluzione ad un problema conosciuto da almeno due decenni, ma per cercare di evitare di trovarsi in difficoltà.
È paradossale poi che Strada dei Parchi voglia in qualche modo tirarsi fuori da questa situazione annunciando la chiusura di un collegamento autostradale definito “strategico” dopo aver presentato, su richiesta della Regione, il progetto di messa in sicurezza per la parte che la riguarda. Progetto che è stato acquisito nella Delibera di Giunta regionale n. 33 del 25 gennaio 2019 recante “Gestione del rischio nel sistema idrico del Gran Sasso – DGR n. 643 del 7.11.2017. Definizione attività urgenti ed indifferibili”.
Questo annuncio della chiusura ha peraltro offerto l’opportunità alla Regione Abruzzo di avanzare la proposta di un commissariamento per la messa in sicurezza dell’acquifero del Gran Sasso.
Non è la prima volta che si arriva alla nomina di un commissario da parte del Governo. Già il 27 giugno 2003 fu dichiarato lo stato di emergenza socio-ambientale nel territorio delle province di L’Aquila e Teramo interessato dagli interventi di messa in sicurezza del sistema Gran Sasso. A quella dichiarazione seguì nel luglio del 2003 la nomina di Angelo Balducci come Commissario straordinario, poi prorogata per anni, con gli effetti che tutti conosciamo: oltre 80 milioni di euro spesi senza che il problema fosse risolto. Come sembrerebbe recentemente attestato anche la perizia dei consulenti tecnici nominati dalla Procura di Teramo nell’ambito del processo seguito all’incidente dell’8 e 9 maggio 2017, gli interventi effettuati durante il commissariamento non avrebbero, se non in minima parte, affrontato la mancanza di sistemi di impermeabilizzazione nelle gallerie autostradali e nei Laboratori sotterranei dell’INFN.
Il commissariamento, oltretutto, se conferito con poteri di deroga dalle normative vigenti, specialmente in materia ambientale, comporterebbe una deresponsabilizzazione di tutti i soggetti coinvolti, a partire dalla Regione e dagli enti locali, nonché delle strutture di controllo come l’ARTA e l’ASL che, come sembrerebbe accaduto con il commissariamento Balducci, avrebbero la “scusa” per interrompere qualsiasi attività di programmazione e reale controllo su quanto accade nel Gran Sasso.
Quello di cui c’è bisogno, a giudizio dell’Osservatorio, è procedere rapidamente a mettere in atto le azioni necessarie per la messa in sicurezza definitiva dell’acquifero e dell’intero sistema Gran Sasso, prendendo le mosse dalle conclusioni della Delibera regionale n. 33/2018. Le proposte progettuali avanzate devono ora essere definite nel dettaglio e soprattutto realizzate.
Per questo, a giudizio dell’Osservatorio, qualsiasi ipotesi di accelerazione delle procedure dovrà:
- garantire il pieno rispetto delle normative a difesa dell’ambiente e della salute umana;
- far allontanare le migliaia di tonnellate di sostanze pericolose per l’acqua che ancora oggi sono stoccate all’interno dei Laboratori, ristabilendo così il rispetto della normativa Seveso sulle strutture a rischio di incidente rilevante, come sono classificati i Laboratori dell’INFN fin dal 2002, e della normativa a protezione degli acquiferi;
- assicurare partecipazione e trasparenza: l’acqua non può essere gestita con procedure opache che vietino ai cittadini di sapere cosa sta succedendo ad un bene fondamentale per la loro vita e per l’economia di un territorio;
- individuare immediatamente le fonti finanziarie per far svolgere i lavori necessari che, secondo i calcoli effettuati dalla Regione, ammontano a circa 170 milioni di euro. Una cifra enorme che, trattandosi della messa in sicurezza di due opere nazionali dovrà essere messa a disposizione dallo Stato il più rapidamente possibile affinché i lavori necessari possano partire subito.
Nel corso della conferenza stampa è stato anche annunciato che le Associazioni WWF Italia, Cittadinanzattiva e Legambiente, tra i promotori dell’Osservatorio, hanno dato incarico all’Avv. Prof. Domenico Giordano per la costituzione di parte civile nel procedimento penale davanti al Tribunale di Teramo a carico dei vertici di Strada dei Parchi SpA, INFN e Ruzzo Reti SpA a seguito all’incidente dell’8 e 9 maggio 2017. La costituzione sarebbe già avvenuta se alla prima udienza del 10 aprile scorso il Giudice dell’Udienza Preliminare non avesse dichiarato la propria “non competenza” rispetto alle ipotesi contestate agli indagati decidendo di rinviare tutto nelle mani della Procura. La costituzione di parte civile delle Associazioni rappresenta la prosecuzione della ricerca della verità che da sempre queste perseguono con lo scopo finale di giungere alla messa in sicurezza permanente dell’acquifero e del territorio del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga nato proprio per tutelare il Gran Sasso e il suo ecosistema.
Il quadro che emerge ad oggi è quindi estremamente complesso. A distanza di quasi 2 anni dall’incidente dell’8 e 9 maggio non sembrerebbe stato impermeabilizzato neppure un metro quadro né dei Laboratori, né delle gallerie, così come non sarebbe stato portato via neppure un kg delle sostanze pericolose stoccate nei Laboratori. Quanto è accaduto due anni fa potrebbe verificarsi anche oggi, nonostante sia trascorso tanto tempo e la Procura di Teramo abbia trasmesso da tempo a tutte le istituzioni locali, regionali e nazionali le conclusioni della consulenza dei tre esperti incaricati durante le indagini, richiamando ciascun Ente alle proprie responsabilità.
Per questo l’Osservatorio convocherà un nuovo incontro pubblico il prossimo 18 maggio a Teramo per un confronto con le istituzioni e i cittadini su quanto (non) è stato fatto e su quanto si dovrà fare.
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