L’obiettivo e’ inquadrare i requisiti della figura del progettista sociale, attivita’ professionale di particolare rilevanza pubblica, ma fino ad oggi non disciplinata. È la prima norma in Italia e in Europa sulla progettazione sociale e definisce i requisiti base di “conoscenza, abilita’ e competenza” che deve possedere il progettista sociale, figura chiave in ogni realta’ non profit, dal welfare al tempo libero, che fino ad oggi non era regolamentata. La noma tecnica Uni 11746, pubblicata pochi giorni fa, arriva dopo sei anni di studio in coordinamento con Uni, l’ente italiano di normazione, e una lunga fase di confronto tra tutte le parti interessate, il Forum nazionale del Terzo Settore, Pmi® Central Italy Chapter, ministero del Lavoro/Anpal e Associazione italiana progettisti sociali (Apis). Per capirne il reale impatto, oggi presso l’Universita’ degli studi Roma Tre, e’ stato promosso il convegno ‘La progettazione sociale in Italia. La funzione del progettista sociale dopo la pubblicazione della prima norma tecnica’. Perche’ e’ stato necessario attivare un processo di codifica e regolamentazione della professione? Dall’associazione che si occupa di accogliere le persone con disabilita’ a quella impegnata nella sensibilizzazione ambientale, insomma in qualsiasi ambito di politica sociale, realizzata da servizi pubblici, privati e dal Terzo Settore, il progettista sociale e’ il professionista che non puo’ mancare mai, perche’ non si da’ missione sociale senza progettazione sociale. Il progettista sociale e’ “un operatore specializzato che sviluppa e concorre alla realizzazione di progetti sociali, assumendosene la responsabilita’ di processo: ideazione, pianificazione, redazione, gestione, controllo e monitoraggio, valutazione di risultato e di impatto, rendicontazione”.
Sulla base dei dati del censimento del non profit del 2011 e dell’ultima rilevazione Istat che conta 336 mila organizzazioni non profit attive in Italia, si calcola che vi siano circa 16 mila soggetti che esercitano in modo esclusivo o prevalente tale professione. Eppure quella del progettista sociale e’ una funzione ancora largamente sommersa, che si sovrappone e si confonde a quella del fundraiser o e’ ridotta a quella di chi scrive e rendiconta progetti in risposta a bandi: sono migliaia gli esperti e operatori della progettazione sociale che, a diverso titolo, si spendono nelle organizzazioni del Terzo Settore, dell’amministrazione pubblica e dell’impresa, spesso lavorando in una condizione di faticoso anonimato professionale. La norma Uni 11746, oltre a definire i processi e le attivita’ che caratterizzano la progettazione sociale, identifica le competenze richieste e i requisiti formativi e di apprendimento minimi per accedere alla professione del progettista sociale. A dimostrazione di un profilo fortemente eclettico, le conoscenze e le abilita’ richieste al progettista sociale attraversano diversi campi di specializzazione sociale, economica e gestionale: dalle tecniche di reportistica sociale alla conoscenza della normativa di riferimento, dai metodi di lavoro di rete a elementi di diritto amministrativo, dalle metodologie di project management alle tecniche di pianificazione finanziaria e molto altro. Tra i requisiti di accesso sono indicati: laurea triennale a indirizzo sociale, accompagnata da un’esperienza triennale in attivita’ di elaborazione e presentazione di progetti e da un’esperienza biennale di coordinamento e gestione progettuale. Questi requisiti formativi possono essere, in assenza di una formazione universitaria, sostituiti da un’esperienza piu’ lunga in ambito di elaborazione, coordinamento e gestione progettuale.
“Attraverso la progettazione sociale, le sue metodologie e le sue procedure, vengono perseguiti obiettivi di rango costituzionale, come la tutela dei diritti e il raggiungimento della pari dignita’ sociale tra i cittadini, e passa la maggior quota di servizi ed interventi di welfare, anche in termini di risorse economiche assegnate e gestite- dice Antonio Finazzi Agro’, presidente di Apis- un miglioramento delle pratiche di progettazione sociale, e questa norma tecnica vuole esserne un classico esempio, coinvolge non solo gli Enti e i professionisti che se ne occupano, ma i cittadini che beneficiano del welfare sia pubblico che privato”. Claudia Fiaschi, portavoce Forum nazionale del Terzo Settore: “Quattro anni fa il Forum ha deciso di accompagnare Apis nel percorso volto ad ottenere una normativa che regolamentasse la figura del progettista sociale. Una figura che riteniamo trasversale e fondamentale nel nostro mondo per le molteplici attivita’ che svolge, dall’ideazione del progetto, alla sua organizzazione fino al monitoraggio e gestione. Con questa norma viene finalmente riconosciuto e definito il grande valore della progettazione sociale in Italia anche in virtu’ della sua rilevanza pubblica”. Anna Maria Felici, past president del Pmi® Central Italy Chapter e membro del gruppo di lavoro Iso Tc258 per lo sviluppo degli standard di project management: “Il nostro obiettivo e’ quello di stringere partnership con le organizzazioni non profit che supportano e preparano giovani per il successo, offrendo la nostra esperienza di gestione progetti, risorse e volontari per aiutarli nella loro missione. Fa parte della nostra strategia: quando si parla di Progetti e di standard nel settore noi ci siamo, forti della nostra esperienza ormai cinquantennale. Aver lavorato a questa norma e’ stato per noi un arricchimento ed un modo per ribadire che c’e’ un reciproco beneficio per organizzazioni non profit e volontari e che le competenze professionali dei nostri volontari possono essere molto utili per la comunita’”.
Lascia un commento