Massimo Castellana, portavoce dell’associazione Genitori tarantini, è intervenuto ai microfoni della trasmissione “Cosa succede in città”, condotta da Emanuela Valente su Radio Cusano Campus, per dare aggiornamenti riguardo la situazione.
Riguardo la nuova lettera inviata da Genitori tarantini al governo sulla situazione a Taranto. “Sono innumerevoli le lettere che abbiamo scritto al governo, perché vengano garantiti quei diritti che la Costituzione garantisce per tutti i cittadini –ha affermato-. Sia il lavoro che la salute, come la giustizia e l’istruzione, sono diritti inalienabili, ma l’unico diritto fondamentale è quello che è garantito dall’articolo 32 della Costituzione: la salute. Non c’è lavoro senza salute, non c’è vita. A noi non è concesso di scegliere tra salute e lavoro, qui vengono fatti continuamente decreti, tutti a favore dell’industria. Il lavoro all’Ilva non è lavoro, perché il lavoro si fa in un ambiente salubre, quello non è lavoro è schiavismo. L’ex Ilva è una fabbrica che sta cadendo a pezzi. Le polveri si vedono, ma quello ci fa ammalare di più e fa soffrire i nostri figli è la diossina. Quella diossina che a Seveso venne scoperta immediatamente e lì nacque la legge Seveso, a Taranto se ne sono accorti solo nel 2015, è stata nascosta. L’Ilva produce circa il 90% della diossina che si produce nell’intera nazione. L’ex Ilva perde 100 milioni di euro al mese, perché ci andiamo a buttare in un’industrializzazione che è negativa e che produce danni ad ambiente e salute? Questo Stato mi sembra un po’ necrofago, si nutre dei tarantini vivi e va a mangiare anche quelli morti, ci sveste di ogni dignità. Non abbiamo gli stessi diritti degli altri italiani, quelli sanciti dalla Costituzione e per cui chi ha combattuto la resistenza ha dato la vita. Le lettere che abbiamo inviato al governo le diamo anche agli organi di stampa, ma mi pare ci sia una certa censura da parte della maggioranza dei media rispetto alla nostra situazione. Se un giudice, la dottoressa Todisco, emana un’ordinanza di sequestro degli impianti di produzione a caldo e subito dopo intervengono i governi con dodici-tredici decreti, tutti a favore dell’industria, ci fa capire che quella industria che di strategico non ha assolutamente nulla, non so che cos’altro si combini là dentro. Altrimenti non si capisce perché non si chiude un’industria del genere”.
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