Andreina Sirena nel suo ultimo romanzo, “Il Sangue della Passiflora”, dipinge un’immagine nitida della solitudine e dell’amore sacrificale attraverso gli occhi di Armida, la protagonista. La recensione a cura di Franca Berardi ci offre una disamina profonda di questa opera straordinaria, mostrandoci la sua essenza e svelandone le complesse sfumature.
La protagonista del romanzo, Armida, è una guida di un museo cittadino, una donna insicura ed estremamente fragile che Berardi paragona alla figura mitologica dell’euripidea Alcesti, la donna che si sacrifica al posto dell’uomo. In Armida riscontriamo le stesse caratteristiche di sacrificio, pietas e sottomissione al bene dell’altro, attributi tipici della cosiddetta “sindrome di Alcesti” o “sindrome della crocerossina”.
Come Alcesti, Armida è sola con sé stessa, con il suo amore, con la sua scelta, con il suo sacrificio. E nonostante la sua apparente passività, Armida non è una vittima, ma un eroe, che sceglie volontariamente di subire per rendere il suo amore sacro, eterno e indimenticabile.
Nell’opera, Armida si trova a confrontarsi con due figure maschili, Tommaso, il tenore, e Lorenzo, il ragazzo del miele. Entrambe queste relazioni rispecchiano la condizione di Armida, una donna che ama troppo e che si annienta nel tentativo di salvare la persona amata, in un ciclo di autodistruzione e rinascita che si ripete fino alla fine.
Nel contempo, il romanzo si sofferma sul tema della solitudine. Armida è un personaggio intriso di solitudine, un tema che riflette la solitaria visione del mondo che molte donne portano con sé. Il suo amore per Tommaso e Lorenzo, effimero e unilaterale, è la testimonianza di una donna che, per paura di restare sola, si abbandona a relazioni distruttive, piuttosto che accettare la solitudine.
In questo romanzo colmo di emozioni e descrizioni evocative, Sirena ci offre una visione della natura come un organismo vivente che riflette le emozioni e i sentimenti di Armida. La natura, che è sempre presente e mai indifferente, è descritta con una precisione e una dovizia di particolari che la rendono palpabile e viva, quasi un personaggio a sé stante.
“Il Sangue della Passiflora” è un romanzo ricco di emozioni, intrecciate con il dramma della solitudine, l’autolesionismo dell’amore e il sacrificio per l’altro. Attraverso l’introspezione della protagonista Armida, il romanzo esplora il significato dell’amore, il prezzo del sacrificio e il valore dell’autostima.
Berardi, nella sua recensione, ha fatto emergere l’aspetto più significativo dell’opera: la lotta interiore di Armida per amare se stessa. Perché solo allora potrà liberarsi dall’incantesimo del dolore e vivere una vita autentica. E solo allora, la bellezza non avrà più un aspetto tragico e oscuro, e i suoi amori distruttivi non seguiranno più il ritmo di una danza macabra.
“Il Sangue della Passiflora” è un romanzo che invita alla riflessione, un ritratto toccante di una donna che, nonostante le sue insicurezze e fragilità, vive intensamente i suoi rapporti malati, offrendo un’energia straordinaria ad ognuno di essi. È un racconto che, in un modo o nell’altro, ci rispecchia tutti, rivelando il potere dell’amore e le sue insidie, e illuminando la strada per la rinascita e l’accettazione di sé.
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