Il presepe è una rappresentazione ricca di simboli. Alcuni di questi provengono direttamente dal racconto evangelico. Sono riconducibili al racconto di Luca la mangiatoia, l’adorazione dei pastori e la presenza di angeli nel cielo. Tuttavia, alcuni aspetti derivano da tradizioni molto più recenti. Il presepe napoletano, per esempio, aggiunge alla scena molti personaggi popolari, osterie, commercianti e case tipiche dei borghi agricoli, tutti elementi palesemente anacronistici. Il termine presepe (o più correttamente, come riportato nella maggior parte dei dizionari, presepio) deriva dal latino praesaepe, cioè greppia, mangiatoia, composto da prae = innanzi e saepes = recinto, ovvero luogo che ha davanti un recinto. Nel significato comune il presepe indica la scena della nascita di Cristo, derivata dalle sacre rappresentazioni medievali. La tradizione, tutta italiana, del Presepe risale all’epoca di San Francesco d’Assisi che nel 1223 realizzò a Greccio la prima rappresentazione vivente della Natività. A Roma, in Piazza del Popolo, inaugurata il 27 novembre dal Sindaco Alemanno e dal Cardinale Angelo Com’astri e visibile sino al prossimo 6 gennaio, la mostra “100 Presepi”, con 165 allestimenti provenienti da varie regioni italiane e altre parti del mondo. L’unicità di questa esposizione è nella possibilità di vedere come, grazie ad una storia ininterrotta, che si è rinnovata di anno in anno, il tema della natività si è sviluppato in diversi modi anche in nel mondo. Da presepi che sono capolavori storici, risalenti al Settecento e Ottocento, ci sono quelli realizzati da organizzazioni e associazioni culturali, quelli fatti con materiale di riuso o di pregio, insomma ce ne sono di tutti i gusti. I presepi italiani in mostra sono 92, provenienti da varie regioni, fra cui il nostro Abruzzo. I presepi abruzzesi sono 2 ed entrambi a ricordo del sisma del 6 aprile. Venticinque e presipi “stranieri”, fra cui quelli bellismmi dell’Est Europeo, provenienti da Russia, Moldavia, Ucraina e Romania. E la carrellata internazionale continua con il Medio Oriente, l’India, la Thailandia, gli Stati Uniti, l’Africa (con un presepe masai) e molti altri paesi, tre cui anche la Repubblica Domenicana che partecipa con un presepe del gruppo artigianale Santos de Palo della cittadina di Bonao. Per informazioni e prenotazioni Tel: 06/85357191 – 06/8542355. Per gli amanti del presepio, poi, una manifestazione ancora più nutrita a Ceggia, nel Veneto, dove ha da pochi giorni alzato il sipario una rassegna di presepi di rara manifattura, provenienti da vari Paesi del mondo. In mostra 400 allestimenti , con la natività peruviana di Machu Pichu, quella della Guinea Bissau e della Transilvania. Il più piccolo è all’interno di una cozza, il più grande supera i 52 metri quadrati con due cicli solari, ve ne sono di storici, ma anche di tecnologici, con giri solari elettronici di rara capacità evocativa. La mostra è stata pensata ed organizzata da Graziano Manzatto del gruppo veneto “Amici del Presepio” ed ulteriori informazioni si possono trovare su http://www.presepiciliensi.it/. Sempre nel Nord, a Saronno, un’altra interessante mostra, organizzata con il sostegno dell’amministrazione comunale ed inaugurata il giorno di Santo Stefano, che fino al 6 gennaio permetterà di vedere oltre 50 allestimenti saronnesi e dei paesi limitrofi. L’edizione di quest’anno, a Villa Tarquina, è l’undicesima, organizzata con grande capacità ed impegno per tenere vivo e caldo il presepe nelle famiglie, ma specialmente nel cuore della gente. Per maggiori informazioni: http://www.sateliosnews.it/index.php?option=com_content&view=article&id=3344:a-villa-gianetti-la-mostra-concorso-dei-presepi&catid=7:cronaca&Itemid=12. Per gli amanti poi, del “Presepio Vivente”, proponiamo quello di Tarquina, intitolato “Gesù in Maremma), rappresentato il 27 dicembre e con repliche il 2 e il 6 gennaio, con i Butteri (quelli veri che ancora esistono) nella veste dei Re Magi (…già in cammino in incognito dalle campagne !) che porteranno i loro don: non oro, né incenco, né mirra, ma i simboli di questa terra dura e poverissima.
Carlo Di Stanislao
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