Si è consegnato oggi in un commissariato di Londra, dopo esser stato raggiunto da un mandato di arresto europeo per conto della Svezia. Assange è arrivato in tribunale accompagnato dai suoi avvocati Mark Stephens e Janet Robinson, per rispondere di una accusa di stupro e due di molestie sessuali, reati che sarebbero stati commessi in Svezia, tutti nell’agosto 2010. I problemi per Assange nascono dai rapporti, in due casi non protetti dal preservativo, che l’affascinante Julian ebbe con due ammiratrici, che erano entrare in contatto con lui in occasione di un seminario su ”Guerra e ruolo dei media”, organizzato a Stoccolma dal Brotherhood Movement, un controverso gruppo cristiano legato al partito socialdemocratico. Per il portavoce di Assange l’arresto del fondatore di Wikileaks è un attacco contro la libertà dei media, che, comunque, non fermerà le attività del gruppo. Sempre oggi un editoriale di Assange è pubblicato dall’edizione on-line di The Australian ed in esso egli cita una frase del giovane Rupert Murdoch, suo connazionale, che scriveva: “Nella gara tra segretezza e verità, è inevitabile che alla fine vinca la verità”. “Chiamatemi mendax (bugiardo); ma nel senso oraziano di ‘splendide mendax’ (bugiardo per una giusta causa)”chiede Assange che, secondo la leggenda, come primo nome di battaglia scelto in Australia quando aveva 16 anni prese di peso proprio quello proposto da Orazio. Nato nel 1971 a Townsville, nel Queensland australiano, Assange dovrebbe il suo nome attuale, ne ha cambiati infatti a centinaia, a Ah Sang (“signor Sang” in cinese), un emigrato dalla Cina trasferitosi all’inizio dell’Ottocento in Australia. Nato da un padre che era titolare di una compagnia teatrale itinerante ed una madre fuigli di immigranti irlandesi e scozzesi, sempre a 16 anni e senza studi regolari, era già in grado di scrivere programmi per il Commodore 64 e, con lo pseudonimo già ricordato di Mendax, entrare dall’Australia nelle prime reti informatiche che cominciavano ad affacciarsi nel mondo. E’ stato Wikileaks, a trovare e a pubblicare il video segreto, ripreso nel 2007 da un elicottero Usa a Baghdad, che documenta l’uccisione per errore di 18 persone, tra cui un fotografo della Reuters e il suo autista. I documenti sulla guerra irachena pubblicati il 22 ottobre scorso parlano di presunta complicità dell’esercito degli Stati Uniti in molti casi di tortura, per i quali non avrebbe “fatto nulla”, svelano almeno 15.000 episodi non noti e formulano un conteggio finora sconosciuto di 109.000 morti fra il 2003 e il 2009, 66.000 dei quali vittime civili. Assange ha cercato, prima che esplodesse il suo caso giudiziario per reati sessuali, di costruirsi una base operativa in Svezia, paese che ha leggi molto stringenti a tutela dei giornalisti e della libertà di stampa. Il 4 novembre Assange aveva affermato di voler chiedere asilo politico alla Svizzera. Da allora era scomparso, anche se i suoi legali avevano recentemente dichiarato che si trovava in Gran Bretagna e che Scotland Yard era al corrente del suo nascondiglio. Nel pomeriggio i giudici hanno respinto la sua richiesta di scarcerazione su cauzione e, dunque, resterà in prigione fino al 14 dicembre, data fissa per il processo (curiosa coincidenza con la vicenda tutta italiana di Berlusconi e del voto di fiducia). Com’è noto, WikiLeaks (dall’inglese “leak”, “perdita”, “fuga [di notizie]”) è un’organizzazione internazionale no-profit che riceve in modo anonimo, grazie a un contenitore (drop box) protetto da un potente sistema di cifratura, documenti coperti da segreto (segreto di stato, segreto militare, segreto industriale, segreto bancario) e poi li carica sul proprio sito web. WikiLeaks riceve, in genere, documenti di carattere governativo o aziendale da fonti coperte dall’anonimato. Il sito è curato da giornalisti, attivisti, scienziati. Comunque i cittadini di ogni parte del mondo possono inviare (sono anzi invitati a farlo) materiale “che porti alla luce comportamenti non etici di governi e aziende” tenuti nascosti. WikiLeaks aveva pubblicato il suo primo documento nel dicembre 2006 e trattava di un complotto per assassinare i membri del governo somalo ed era firmato dallo sceicco Hassan Dahir Aweys. A partire dal 28 novembre 2010 WikiLeaks ha pubblicato una ingente rassegna di documenti riservati che hanno come focus l’operato del governo e della diplomazia statunitense nel mondo. Si tratta, stando a WikiLeaks stessa, della diffusione non autorizzata di 251.287 documenti contenenti informazioni confidenziali inviate da 274 ambasciate americane in tutto il mondo al dipartimento di Stato degli Stati Uniti a Washington. In verità, nei documenti non ci sono cose così delicate da compromettere la sicurezza nazionale di alcuno: dei 251.287 file diffusi da Wikileaks 11mila sono classificati come “segreti” e 9mila sono considerati “noforn”, ossia materiale considerato troppo delicato per condividerlo con il governi stranieri. Ma non c’è nessun file “top secret”. L’importanza di questi file non risiede tanto nella loro origine – cioè nel fatto che una volta erano segretati e ora sono accessibili – quanto piuttosto all’uso sconsiderato che alcuni paesi potrebbero farne: non tanto un uso militare – niente top secret. Il “vero” pericolo nasce però dal fatto che questi documenti faranno capire alle altre potenze, in primis cinesi, indiani, russi, e anche a terribili e temibili dittature come Iran e Corea del Nord, cosa e quanto gli Usa e alleati sanno di loro. E questo potrebbe far precipitare i delicati equilibri geo strategici in molte parti del mondo e mettere Obama e alleati, tra cui noi italiani, in serie difficoltà. Da circa 48 ore praticamente nessuno riesce a contattare i responsabili del sito e in un comunicato diramato domenica, i responsabili di Wikileaks mettono in guardia in guardia dall’avvento di un nuovo oscurantismo, dopo gli attacchi informatici al sito, la cancellazione del dominio da parte di un provider americano, la rescissione del contratto per i server deciso da Amazon e lo stop alle donazioni online via PayPAl, che l’australiano bolla come «pericolosi passi verso un’era di maccartismo digitale. Da domenica, la pubblicazione dei file sui domini di Wikileaks è sostanzialmente ferma e sono i media partner (New York Times, Guardian, Le Monde, El Pais e Spiegel) a scandire la quotidiana infornata di nuovi scoop e rivelazioni sulla politica internazionale mondiale. Ferma, a quanto si apprende, anche l’operazione per coinvolgere altri media, oltre ai cinque partner, nella pubblicazione “focalizzata geograficamente” su alcuni Paesi. In realtà, come nota ad esempio Luca Dello Iacovo su Il Sole 24 Ore, è un saggio dell’hacker australiano pubblicato quattro anni fa. Descrive a lungo una “cospirazione autoritaria”, identificabile senza troppa difficoltà con gli Stati Uniti. E indica con chiarezza il suo obiettivo: “Una cospirazione autoritaria che non può pensare in modo efficiente, non agisce in modo da preservarsi contro gli opponenti che genera”. Colpire, dunque, i network di relazioni. Wikileaks è stato fondato pochi mesi dopo la stesura dell’articolo, alla fine del 2006. Sono riflessioni che hanno sollevato parecchi dubbi, anche tra attivisti per i diritti digitali come Ethan Zuckerman, fondatore del network “Global Voices”, e docenti universitari impegnati da anni a difendere la libera espressione su internet. Sono parole che di certo non aiutano la trasparenza, come l’opacità sulle fonti di finanziamento. Staremo a vedere e cercheremo di capire. “Ci sono più cose in cielo e in terra Orazio di quante ne sogni la tua filosofia” diceva Shakespeare e sappiamo che intendeva che occorre diffidare dell’apparenza e di chi si dice animato dal desiderio di verità, poiché la verità, come diceva Nietzsche, è serva della morale e ottima custode di bugie finalizzate. Per Nietzsche ogni atteggiamento morale è menzogna e menzognero è ogni intento moralizzante. E’ menzogna in quanto costituisce una tendenza umana acquisita e non naturale, per cui si vuole cercare di proposito una regola dove invece esiste solo caos. La vita, in sé, è caos, la morale interviene per porre un argine a questo caos e rendere tutto più prevedibile (l’uomo crede infatti che rendendo prevedibile un evento possa controllarlo e dominarlo). In questo modo, anche se sincero, il buon Assange potrebbe essere un moraleggiante menzognero, che racconta in buona fede vicende, ma non sa entrare negli interstizi veri e profondi della storia.
Carlo e Eugenio Di Stanislao
Da questi fatti apprendi che non viviamo in una democrazia, ma in un mondo dove tutto è controllato dai Nuovi Prepotenti, USA in testa.
LUNGA VITA AD ASSANGE. Jim Garrison, che riaprì il caso Warren su JFK ebbe dagli organismi governativi lo stesso trattamento che sta ricevendo Assange.Non ci serve una particolare intelligenza per comprendere che le falsità sono quelle che ci propinano i venditori di fumo della politica internazionale attraverso i loro Mass Media e che la verità si dice solo dietro le quinte, quando le pecore che vanno al macello non possono ascoltarli. Le Banche, poi, che bloccano i conti delle donazione verso Assange è un’altra prova evidente del marcio che c’è in tutto il sistema finanziario internazionale.
Invece di arrestare Berlusconi e Frattini per i documenti compromettenti che stanno emergendo da Wikileaks, qui si pensa di sbattere in galera chi ha spalancato la pentola verminosa del IV Reich.
ora mai e aperta la pentola e non riuscirano a corirla perche in questo istante sono milloni de persone , giovanni compressi che stano aprendo i occhi alla grande menzogne sul quale ci fanno vivere credere , viviamo in gran teatro un ggran telone che alcuni ci hanno creato per noi oper vivere nella cicirtà assoluta cito TRUMAN SHOW , ma per quanto pensino che con la repressione e babaglio riuscirano evitare ala gente di avere conoscenze e comprensione del mondo malato che le circunda NON SI EVITARA nel nostro piccolo comportiamoci da essere limpidi chiari mantenendo i valori che questi cercano di togliercelo.