Dopo la strage

Oggi  la Conferenza delle Chiese europee (Kek), in un comunicato di cordoglio – ripreso dall’agenzia Sir – in seguito all’attentato di Alessandria del 1° gennaio, ha dichiatrato: “Atti di terrorismo come questi ci ricordano che dobbiamo rimanere uniti, cristiani e musulmani. Tutti i luoghi di culto devono essere protetti. Ci uniamo ai nostri fratelli e […]

Oggi  la Conferenza delle Chiese europee (Kek), in un comunicato di cordoglio – ripreso dall’agenzia Sir – in seguito all’attentato di Alessandria del 1° gennaio, ha dichiatrato: “Atti di terrorismo come questi ci ricordano che dobbiamo rimanere uniti, cristiani e musulmani. Tutti i luoghi di culto devono essere protetti. Ci uniamo ai nostri fratelli e sorelle di Egitto e con loro chiediamo il diritto fondamentale alla libertà di culto”.  Il metropolita ortodosso Emmanuel, presidente dell’organismo europeo che coordina da Ginevra le Chiese cristiane europee di tradizioni anglicane, ortodosse e protestanti, ha inviato un messaggio di solidarietà a tutti i cristiani copti che vivono in Europa, a tutto il popolo egiziano e al primate, Shenouda III di Alessandria. Si è mobilitato anche il Consiglio mondiale delle Chiese (il Wcc) che ha fatto appello al presidente egiziano Mubarak, ai leader religiosi e ai governi del Medio Oriente di “agire prontamente e congiuntamente per salvaguardare i diritti religiosi fondamentali dei credenti di tutte le fedi, assicurare la sicurezza dei luoghi di culto e garantire giustizia a tutti i popoli”. Anche l’arcivescovo di Canterbury Rowan Williams ha espresso il suo personale dolore. “Conosciamo la lunga e onorevole storia della coesistenza dei cristiani e musulmani in Egitto e siamo fiduciosi che la stragrande maggioranza del popolo egiziano è unito nel condannare questo e altri simili atti”. Domenica scorsa papa Bendetto XVI, parlando della strage che ha colpito la Chiesa Copta di  Alessandra e causato 21 morti e una settantina di feriti, ha detto: “Questo vile gesto di morte come quello di mettere bombe ora anche vicino alle case dei cristiani per costringerli ad andarsene, offende Dio e l’umanità intera”. Immediata e dura lar eazione della massima autorità islamica egiziana, il grande imam di al-Azhar, Ahmed al-Tayyeb, che ha definito le parole del Papa “un’ingerenza, un intervento inaccettabile negli affari dell’Egitto e ha domandato provocatoriamente: “Perché il papa non ha chiesto la protezione dei musulmani quando erano massacrati in Iraq?”. Dal Vaticano, padre Federico Lombardi ha evitato di ribattere nel merito: “Non credo opportuno in un momento così delicato e concitato, e in cui tutti devono essere uniti contro il terrorismo, discutere su particolari il cui senso non ci è chiaro”. Ciò che non chiaro alle autorità vaticane è perché una personalità musulmana come il grande imam al-Tayyeb si scagli così contro il papa: lui che è sempre stato classificato come un campione dell’islam “moderato”. Secondo Sandro Magister su L’Espresso, bisogna considerare che in un regime dittatoriale come quello egiziano, è il governo che ha nominato al-Tayyeb prima gran mufti, poi rettore della più prestigiosa università islamica sunnita e infine grande imam di al-Azhar. Le sue sorti sono strettamente intrecciate a quelle del regime, contro il quale cova la rivolta dell’islamismo radicale. Dirottare tale spinta contro i cristiani – come corpo estraneo e nemico – diventa una mossa di sopravvivenza per chi oggi è al potere, in Egitto come in altri paesi musulmani. I Copti sono il 10% della popolazione e da tempo denunciano discriminazioni. Si proclamano eredi diretti della grande civiltà fiorita all’ombra delle Piramidi. I Copti infatti secondo la tradizione fanno risalire le origini della loro chiesa addirittura al primo secolo dell’era cristiana, quando gli antichi egizi ricevettero il vangelo direttamente dall’apostolo Marco. Oggi i Copti costituiscono la comunità cristiana più popolosa del Medio Oriente. Il loro numero oscilla dai 6 milioni, secondo le stime ufficiali, agli undici milioni, in pratica il 10-12% della popolazione egiziana. Dopo la strage inasprimento leghista contro la costruzione della moschea in via Urbino a Torino. L’onorevole Stefano Allasia , deputato leghista e segretario provinciale, ha infatti dichiarato: “Islam e terrorismo non sempre coincidono, ma nessuno ci può garantire che nella nuova moschea in via Urbino non ci sarà qualcuno pronto a emulare le gesta di Alessandria anche a Torino”. E proseguito: “Fino a quando non ci saranno chiarezza e trasparenza sulle attività svolte dentro le moschee in Italia, rimarrò assolutamente contrario alla loro nuova costruzione. Nel nostro Paese la libertà di religione e di culto è tutelata, ma deve esserlo anche la libertà di ogni singolo cittadino di poter vivere non nella paura”. Il sindaco Chiamparino rimanda al mittente la richiesta di feramare la clostruzione della moschea torinese e, sempre oggi, il deputato del Pd Giuseppe Fioroni, ha depositato in parlamento una k,ozione è detto che è indispensabile che “il ministro Frattini riferisca con urgenza questa settimana in Parlamento sulla situazione e sulle iniziative che il governo ha intrapreso e intende intraprendere a livello internazionale ed europeo”. La mozione (consultabile su http://beta.partitodemocratico.it/doc/201546/mozione-sulla-strage-dei-cristiani-in-egitto.htm) è aperta alla sottoscrizione di tutti i  parlamentari e un testo analogo sarà presentato al Senato della Repubblica. Sulla strage era intervenuto il primo gennaio il segretario del PD, Pier Luigi Bersani, invitando alla mobilitazione internazionale per la difesa della libertà religiosa e annunciando come i democratici siano “pronti ad appoggiare ogni iniziativa del governo. L’Italia può e deve avere ruolo particolare”. Stamene, poi, le agenzie hanno diramato la notizia del ritrovamento dei resti del kamikaze autore della strage, che pare poter essere o  pakistano o afghano. A rivelarlo, secondo quanto riportato dal quotidiano Al-Masry Al-Youm, sono fonti della sicurezza. La polizia egiziana ha infatti rinvenuto, tra i resti delle vittime, una testa decapitata con fattezze che rimandano a un uomo di origine asiatica. Nessuno dei parenti dei 22 copti uccisi e’ stato in grado di riconoscere la testa ritrovata, che ora e’ sottoposta alle analisi forensi. Uno speciale ‘truccatore’, inoltre, trattera’ le ferite presenti sul volto per facilitare l’identificazione.

Carlo Di Stanislao

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