La Tunisia non ha più il suo Presidente, Ben Alì, al potere da ben 21 anni. Una nota della Casa Reale dell’Arabia Saudita, infatti, informa che il presidente e la sua famiglia si trovano lì e dà loro il suo benvenuto, “dopo i recenti fatti che hanno riguardato il popolo tunisino”. Ed oggi si apprende anche che Sarkozy aveva negato l’ospitalità al presidente in fuga e che, ancora, si è sfiorato l’incidente diplomatico nella notte tra venerdì e sabato tra Italia e Tunisia, con tensione altissima a Cagliari, dove era atterrato un Falcon con le insegne del Paese nordafricano. Secondo le prime notizie, a bordo dell’aereo c’era Ben Ali ma, dopo che fonti ufficiali del Governo italiano avevano intimato al velivolo di ripartire immediatamente, si è detto che il politico tunisino non era a bordo. Sembra che stamani, da Gedda, Ben Ali abbia chiamato al telefono il leader libico Muammar Gheddafi. Non si sa di cosa abbiano parlato ma, annuncia l’agenzia di stampa libica ‘Jana’, Gheddafi terrà oggi un discorso pubblico rivolto al popolo tunisino. L’identità dei componenti della famiglia di Ben Ali che si trovano con lui non è stata precisata. Secondo informazioni non confermate, la sua consorte Leila lo avrebbe preceduto a Dubai, dove ella aveva già soggiornato in dicembre. La coppia, in compagnia di altri parenti, aveva passato una settimana nell’emirato lasciandolo il 27 dicembre, ha riferito una fonte informata della stessa Dubai. Con la caduta del regime di Ben Alì, rientrano in patria gli oppositori del presidente che hanno vissuto negli ultimi anni in esilio per sfuggire alla repressione. Dalla Francia è pronto a far ritorno Moncef Marzouqi, uno fra i sostenitori più accesi della democrazia nel Paese e leader del Congresso per la Repubblica, in esilio a Parigi per 20 anni. Il suo arrivo nella capitale tunisina è previsto per martedì. Intanto, in Tunisia, i poteri sono passati al primo ministro Ghannouchi, che domani avvierà le consultazioni per la formazione del nuovo governo con i partiti di maggioranza e opposizione. Più precisamente, per il momento, è il presidente del parlamento tunisino, Fouad el-Mabzaa, ad aver assunto l’incarico di presidente della Repubblica. El-Mabzaa ha giurato sulla Costituzione come presidente pro-tempore. Con un messaggio diffuso dalla tv di stato il capo di stati ha spiegato che “il presidente Ben Ali non si è dimesso e non ha effettuato alcun passaggio di poteri al premier, Mohammed Ghannouchi, ma ha lasciato il Paese dopo che è stato proclamato lo stato d’emergenza”. E nel corso della sua prima apparizione pubblica ha poi chiesto al premier Mohammed Ghannouchi “di formare un governo di unità nazionale nell’interesse di tutto il Paese”. Secondo fonti dell’opposizione, il primo ministro avrebbe già accettato di dare vita a un esecutivo con i partiti dell’opposizione nel corso delle consultazioni avviate oggi. Restano fuori peròi partiti di opposizione considerati fuorilegge dal regime di Ben Ali. La situazione nel Paese africano resta drammatica: coprifuoco al centro di Tunisi, nessuna possibilità di fare la conta delle vittime, spazio aereo chiuso ed esercito che controlla l’aeroporto. Le autorità hanno perfino vietato ai taxi di circolare per le strade della città (un provvedimento “straordinario”, ha affermato Al-Arabiya). Dopo una notte di scontri e saccheggi in molti quartieri, che non hanno risparmiato il centro della città, sembra che oggi nella capitale regini la calma, ma c’è la netta impressione che basterebbe poco per far ri-esplodere le violenze. . Il primo ministro Mohammed Ghannouchi ha esortato i cittadini a unirsi alle forze di sicurezza per proteggere i propri beni ed ha anche aggiunto che due esponenti dell’opposizione hanno già indicato la loro disponibilità a collaborare con il governo ad interim. Su La Stampa di oggi si legge che in tutta la tunisia, si stanno saccheggiando le abitazioni dell’entourage dell’ex presidente. Inoltre alla Goulette, secondo quanto si è appreso, sono stati incendiate tutte le auto della concessionaria della Kia, che farebbe capo ad un genero di Ben Ali. Infine, nei giorni scorsi sono state assaltati supermercati – fra cui Carrefour, Casino e Monopriz – e concessionarie di auto appartenenti a fratelli o nipoti della first lady Leila, la seconda e attuale moglie dell’ormai ex-presidente. La Tunisia ha vissuto per anni un deterioramento della propria situazione politica, sociale e culturale. Recentemente, poi, le libertà nel paese hanno raggiunto un livello intollerabile di privazione. Il regime ha confiscato i quartieri generali dell’Associazione tunisina dei magistrati (ATM) e ha messo al suo vertice una commissione fantoccio. E’ stata anche presa una decisione giurisdizionale per evitare che la Lega per i diritti umani (LTDH) tenesse il sesto congresso nazionale e, nello stesso periodo, è stato proibito il Sindacato dei giornalisti tunisini (SJT). La situazione dei prigionieri politici – che sta durando da qualche decennio – è peggiorata in modo allarmante: le torture e i trattamenti degradanti si sono inaspriti. I partiti politici sono stati privati degli spazi pubblici e delle proprie risorse sono paralizzati e letteralmente sotto assedio. Questi sviluppi negativi, sono avvenuti proprio quando importanti settori della società civile – avvocati, magistrati, giornalisti, docenti universitari, sindacalisti e militanti per la difesa dei diritti umani – hanno espresso le loro aspirazioni per avere più libertà e una partecipare alla vita del paese. Recuperare una normalità, anche con l’uscita di scena di Ben Alì, non sarà facile. Oltre ai problemi economici, sarà necessario risolverne altri, di natura istituzionale. In primo luogo il fatto che potere legislativo, sia di fatto di iniziativa governativa con diritto di priorità e ancora che, anche se costituzionalmente lo sia, di fatto la magistratura non è indipendente, poiché è il che nomina e rimuove i magistrati su proposta del Consiglio superiore della magistratura da lui integralmente nominato e presieduto e solo lui può adire il Consiglio costituzionale.
Carlo Di Stanislao
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