Il terremoto del 6 aprile 2009 ha distrutto molti tetti e molte anime all’Aquila.
Ha distrutto anche il MU.SP.A.C. – Museo Sperimentale d’Arte Contemporanea – che aveva sede in pieno centro storico, in via Paganica 17. In quel luogo ci identificavamo, avevamo sviluppato un senso di appartenenza, sentivamo che le nostre azioni avevano trovato il posto adeguato in cui accadere. In quegli interni sentivamo di stare in pace, in un luogo protetto. Quelle stanze di lavoro erano divenute nel corso degli anni un centro di orientamento da cui sono partiti numerosi progetti ed eventi artistici. Sin dal 1984 abbiamo svolto un’intensa attività di ricerca, concependo l’arte come una pratica di esperienza globale. Nel corso degli anni sono stati coinvolti artisti e studiosi di varie discipline, con cui è stato possibile attraversare vari territori culturali, nella consapevolezza che sia proprio l’arte a consentire lo sviluppo della struttura dinamica dell’intera conoscenza.
Ora quel luogo è abbandonato a se stesso, senza luci, senza passi, senza voci. Solo vento, buio, tristezza e inquietudine. Sono state danneggiate molte opere di artisti di rilievo internazionale della collezione permanente e sono stati distrutti computer e banca dati.
Non bisogna però guardare tutto questo con malinconia. Non bisogna fermarsi o abbandonarsi al rimpianto. E’ necessario pensare a questa ferita collettiva come a una cesura, un taglio da rimarginare, un punto fermo da cui poter ricominciare con un nuovo sguardo, un’altra prospettiva. La condizione del Terrae Motus è servita a tenerci svegli, a proporre nuove idee, nuovi progetti, nuove “messe in scena”, perché siamo consapevoli che solo attraverso le energie vitali dell’arte possiamo ri-abitare con spirito nuovo la città.
Grazie al sostegno e alla solidarietà di molti abbiamo costruito una nuova sede (ancora in fase di ultimazione) in via Ficara – Piazza D’Arti (dove si trovano altre diciotto Associazioni Culturali), augurandoci che le nostre azioni possano servire ad attraversare nuovamente la soglia del nostro museo riguadagnando un luogo perduto. Una pianta a croce greca, simbolo di simmetria perfetta e citazione del motivo ornamentale della facciata della Basilica di Collemaggio, servirà ancora una volta a stabilire l’incontro tra il dentro e il fuori, in modo da ricucire relazioni fondamentali con la collettività. Stiamo ricreando una nuova collezione permanente e una nuova multimediateca che possano rendere un servizio pubblico ai cittadini. Per dare continuità ai nostri 27 anni di attività, continueremo a organizzare eventi d’arte, conferenze, presentazioni di libri, laboratori didattici, lezioni di storia dell’arte, cineforum ecc.. coinvolgendo tutte le Associazioni e le Istituzioni pubbliche e private.
Con questo spirito continueremo a usare la simbolica chiave del nostro logo per riaprire la “duchampiana” porta del museo, chiusa e aperta nello stesso tempo.
Consapevoli che “abitare non significa soltanto avere un tetto sulla testa” (Heidegger), pensiamo sia indispensabile orientarsi in un ambiente e identificarsi con esso. Avere una casa non basta perché non facilita la qualità del vivere, in quanto l’essere al mondo significa avere radici più profonde. L’Aquila è divenuta una città di “non luoghi” ed è proprio per questo che, per ricostruire un tessuto sociale, c’è bisogno di spazi di aggregazione che aiutino l’uomo ad “abitare”.
Questo modus operandi crediamo possa far riflettere su come, dopo la catastrofe e il naufragio, si possa trovare un approdo, una nuova possibilità per riprendere un cammino difficile, tortuoso ma necessario all’arte come alla vita.
Lascia un commento