La notizia del licenziamento/allontanamento di Yunus (il cosidetto “banchiere dei poveri”) dalla Grammen Bank del Bangladesh ha generato richieste di chiarimento verso Banca Etica, considerata l’istituto di riferimento per il microcredito in Italia. Per ora è impossibile sapere con certezza quali siano le cause dell’allontanamento del premio Nobel Mohammed Yunus dalla Grammen Bank, deciso dalle autorità del Bangladesh. Si parla di comportamenti scorretti o illegali tenuti da colui che ha dato visibilità mondiale al microcredito, ma anche di possibili rivalità politiche che avrebbero indotto il Governo ad allontanare Yunus. Su questo Banca Etica per ora non intende prendere posizione. Banca Etica non ha alcun legame formale o diretto con l’istituto di credito diretto da Yunus, ma – in quanto banca nata con la mission di favorire l’accesso al credito anche ai cosìdetti “non bancabili” – da sempre ne segue con attenzione l’operato.
Banca Etica fa microcredito in Italia dal 2005 attraverso convenzioni con una vasta rete di realtà ed istituzioni (dalla Caritas agli enti locali) che si fanno carico di creare il fondamentale terreno di relazioni e fiducia. In questi anni ha deliberato oltre 5 milioni di euro in microcredito “italiano” di buona qualità risultando il primo soggetto erogatore in Italia (fonte: ricerca Ritmi, giugno 2010).
In questo momento chiediamo che vengano distinte le valutazioni sulla “micro finanza” come strumento di inclusione sociale da quelle sul modo in cui essa è stata o potrebbe essere utilizzata in alcuni contesti. Da tempo Banca Etica cerca di lanciare appelli al rigore su questi temi.
La serietà scientifica del microcredito sta nel diverso approccio alle garanzie a copertura del rischio del credito. Rispetto all’approccio classico che richiede garanzie di tipo economico-finanziarie, il microcredito introduce il valore determinate delle garanzie di tipo relazionale e sociale. Il microcredito è efficace nei contesti di povertà estrema, e può essere molto utile anche da noi: basti pensare che l’Italia è il Paese che in Europa ha tra i più alti tassi di esclusione finanziaria anche tra i lavoratori dipendenti, tra i quali il 10% non ha un conto bancario.
Ci sono, naturalmente, alcune fondamentali differenze nei meccanismi di microcredito in Italia rispetto al sud del mondo. Innanzi tutto il costo della vita ed il contesto socio economico da paese “ricco” fanno sì che gli importi siano diversi: in Europa il limite per poter parlare di microcrediti è di 25 mila euro. Di solito però i prestiti vanno dal migliaio di euro fino ai 10 mila, da restituire in un periodo da 1 a 5 anni, con tassi di interesse annui tra il 3% e l’8%. Dunque rispetto al Sud, tassi più bassi ed importi più alti.
Complice anche la crisi finanziaria, le grosse banche d’affari sono state attirate da questa pratica economica in un’ottica di mercato. Se si procedesse su questa strada è evidente che lo strumento del microcredito verrebbe snaturato. In parte è già successo con la creazione di una vera e propria bolla speculativa del microcredito in alcuni Paesi asiatici, dove le persone povere sono state indotte dagli istituti finanziari a un indebitamento eccessivo, che non riescono a rimborsare. Questa deriva è ciò che va scongiurato, anche attraverso una normativa più attenta e rigorosa.
Roberto Museo
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